«Sarò la talpa del centrosinistra»

«Sarò la talpa del centrosinistra» «Sarò la talpa del centrosinistra» Amato: questo governo fa solo autogol ■:■:■:■;-:■:-:■»;■;-;■::■:■ L'EX PREMIER ALL'ATTACCO D ROMA A Topolino, orecchie grandi e cravattino da conformista, a Età Beta, corpo esile e bruttino ma tanto cervello, Giuliano Amato, un presidente del Consiglio mai così amato - scusate il turpe gioco di parole - da quando non lo è più, forse ha finalmente subito la trasformazione definitiva: in Talpa. «Sì - ci dice quando gli confessiamo di non aver capito un bel niente dell'associazione, quasi partito, che ha presentato l'altro giorno -, immagini una talpa che lavora alle radici della società: non un cenacolo romano, ma tante associazioni regionali sostenute da sindacati, categorie, cooperative, che canalizzino persone interessate a discutere e a chiarire le ragioni della loro incertezza per il futuro e a trovare le strade...». Alt, onorevole Amato. Così si fonda un partito... «Sì, è vero, può sembrare un partito da manuale. Ma chi fa un partito va a collocarsi come una fettina in una scatola con spazi già occupati. Noi invece vogliamo tirar fuori le fettine e rimontarle nella scatola. Ma non con una congiunzione di pezzi esistenti, con una confederazione di stati maggiori, piuttosto con un esercito che si riconosca in certe politiche. Poi, alla fine del percorso, può esserci un partito di Centrosinistra». Le sembra un'idea originale? «Non so se è originale, so però che Ad pretendeva che il pds si sciogliesse dentro di lei. Che sarebbe come voler mettere in un bicchiere l'acqua di una piscina. Noi, invece, dobbiamo costruire una piscina i cui confini sono costituiti da una politica di Centrosinistra, contraria ai liberal-conservatori». Siete liberal-progressisti? «Per carità, quella progressista e una tavola che non vorrei più veder imbandita, perché gli ospiti li tengono a digiuno. E' un'altra cosa la nostra, che conta sulla presenza di laici, popolari, pidiessini...». Ne ha parlato con D'Alema? «Sì, e D'Alema non ha trovato stravagante l'idea. Anzi, mi ha detto: Guarda che io voglio fare Forza Puglia, base a Gallipoli». Abbia pazienza, onorevole Amato, c'è un feudatario un po' in difficoltà del vecchio regime, che in sei mesi, con la Tv e qualche demagogica banalità, caccia via l'Impero, prendendo il potere, e lei mi viene a parlare di talpe alle radici della società e di possibili futuri partiti? «Appunto, mi viene in mente Peter Peterson, un americano che ha dedicato un suo libro, si chiama Facing Up, ai nipoti, occupandosi del futuro. Ebbene, chi promette dolcezze per il presente e non riesce a vedere i problemi del futuro, ad anticiparne i cambiamenti, non è una classe dirigente». Ma qui si parla di voti e non di teorie da uffici studi. «E infatti non ho nessuna intenzione di creare un ufficio studi, ma, semmai, un organismo di lavoro collettivo per formare la nuova classe dirigente, un nuovo soggetto politico, in cui far confluire anche i partiti esistenti». Ma in nome di che cosa? Lei ha un milione di posti di lavo¬ ro come quelli che ha garantito Silvio Berlusconi? «No, al contrario, ho da far uscire la ragione dal sonno, da raccontare che non c'è progresso senza sacrifici, da coagulare la delusione di chi ha creduto alle promesse facili. La politica del sorriso serve a vincere le elezioni, ma non a governare. E poi bisogna capire che l'adesione fanatica al leader è un fatto pericolosissimo». Berlusconi è pericoloso? «Vedo lo Stato considerato, nella sua gestione, come un semplice rapporto con i clienti. Era dagli Anni Trenta che non occorreva più ricordare che governo e Stato sono entità diverse. Oggi occorre. La polemica sui Poteri forti indica che occorrerebbe per molti signori una filli immersion sulla separazione dei poteri, cardine della democrazia. Questi, in una logica aziendale, la vedono invece come scassinatrice degli equilibri aziendali. Ma lo Stato non è un'azienda». Scusi, onorevole Amato, lei sta descrivendo una situazione al limite del fascismo. «La storia è curiosa: c'è una coincidenza preoccupante nell'insensibilità al sistema democratico tra chi vive di cultura aziendale e chi vive di cultura totalitaria. La presenza fascista nel governo aggiunge totalitarismo a totalitarismo». Sta dicendo che Forza Italia è un po' fascista, perché vive dell'idiota totalitarismo della cultura aziendale? «Forza Italia è un magma mostruoso, concepito dall'ovaia della televisione. La nostra ovaia sarà, invece, l'incontro diretto tra esseri umani. Un movimento politico costruito attraverso la Tv con l'adesione emotiva a una leadership è espressione di una società atomizzata, di un Paese massmediato e totalitario, paradossalmente umanizzato soltanto dai sondaggi, di cui qualcuno diceva: sono la cosa attraverso cui gli elettori scoprono quello che pensano». Si dice che sbagliate ad affollarvi tutti al centro. «E infatti io non mi affollo ai centro, semmai al Centrosinistra». Prodi e D'Antoni? «Credo abbiano in mente la stessa cosa che ho io». Buttigliene? «Ha in mente di staccare Forza Italia da Alleanza Nazionale e di prendere il posto di Fini. La sua strategia, diciamolo, ha un senso». Segni? «Lo stesso: presentarsi al centro politico, un centrodestra pulito, contro la sinistra, salvo che Segni, contrariamente a Buttiglione, odia Berlusconi, il che non gli rende facili le convergenze». Fini è la bestia nera del centro? «Fini è un vero pericolo: è abile, suadente, forse postfascista. Se Berlusconi potesse, dovrebbe comprarselo come ha comprato Gullit al Milan, ma, per carità, senza il suo partito, che è un concentrato del più vieto armamentario fascista, portatore di una cultura totalitaria che non riesce neanche a concepire apparati che non dipendano dal governo». Bossi? «Un anguillone. Il frutto più autentico della rivolta contro il vecchio sistema, con tutte le sue rozzezze istintive. Si trova in difficoltà in una maggioranza in cui prevale una cultura totalitaria. Ma se fa suo l'istinto di buttarsi a sinistra, distrugge il suo elettorato; altrimenti glielo portano via. Un personaggio da tragedia, che ha il suo unico aggancio solido nel federalismo, concetto vago nelle sue parole, ma dal quale potrebbe scaturire qualcosa». Vorremmo un suo giudizio da ex presidente sul governo in carica. «Posso riassumere in una parola? Confusione, messaggi contraddittori, babele di lingue, parole in libertà. E un presidente del Consiglio che fatica come una bestia per prendere la leadership. Se vogliamo usare il linguaggio calcistico, questo è un Milan che fa tutti autogol». Quanto dura? «I conti stanno in testa ad Anguillone». Prego? «Sì, quanto dura Berlusconi lo decide Bossi. Ma lo decidono anche i mercati finanziari interna- zionali». C'è da tremare? «Non mi farà mai pronunciare giudizi che possano danneggiare il Paese. Ma stia certo che i giovani analisti dei grandi investitori internazionali non stanno certo ad ascoltare Funari e soci sul debito pubblico. Quelli non guardano la Fininvest. Quei giovanotti se ne sbattono di tutti i variopinti Funari d'Italia e badano agli affari veri. Siamo nelle mani di quei giovanotti che valutano giorno per giorno la credibilità di Berlusconi». Presidente Amato, dicono che lei è stato quasi bravo e Ciampi pessimo: come mai? «Perché, poverini, cercano di fare di Ciampi l'eroe dell'odiata sinistra». Lo è Ciampi? Vuole insidiare la leadership di Berlusconi? «Ci ho parlato, con Ciampi, e mi ha detto: Sono un vecchio signore che ha reso un servizio al Paese; adesso voglio riposarmi». Così lei mi mette in crisi il povero Tatarella. «Che ci posso fare? Posso soltanto dire: stia attento Tatarella a banali teorie totalitarie». Ma guardi che lei questi li sottovaluta: stanno trovando l'uscita di Tangentopoli. «Devono aver percepito che la diffusione della corruzione era a livelli non solo politici, ma sub-politici, non spiego altrimenti il messaggio di Di Pietro, che dice: qui rischia di crollare l'Italia». Professor Amato, lei chi salverebbe dell'attuale governo? «Dini, Pagliarini e Tremonti, raccomandando a Tremonti di seguire la massima di Alberto Ronchey: Mai perseguire soluzioni ottime in situazioni sub-ottimali». Per cui? «Per cui, concluderei con le parole di un mio autorevolissimo amico americano: Se la vostra realtà democratica è reale, Berlusconi presto cadrà, perché una democrazia, prima o poi, si ribella alla concentrazione del potere». Alberto Staterà «Bossi? Un anguillone ma il futuro della maggioranza dipende da lui» Triste fine, dunque, quella pri, accompagnata da recrinazioni, strascichi polemici, sulla divisione delle spoglie un partito che rischia l'estinne e di un elettorato che in n parte ha già abbandonato dera il 27 marzo scorso. [m. t. m.] L'ex premier Giuliano Amato la diaspora. Se ne va Oscar Mammì, la pipa più famosa del partito, da taluni ribattezzato «il Mitterrand di Trastevere». Se ne va Adolfo Battaglia detto re l'anima no-elitaria dtauCpmde«mdd Da sinistra, Umberto Bossi e Massimo D'Alema. Sotto, Silvio Berlusconi L'ex premier Giuliano Amato

Luoghi citati: Gallipoli, Italia, Puglia, Roma, Topolino