«Texaco» di Chamoiseau un intenso romanzo in difesa dell'identità creola

« « Texaco» di Chamoiseau: un intenso romanzo in difesa dell'identità creola LA nuova bandiera della «eredità» che gli scrittori caraibici hanno inalberato in luogo di quella ormai logora e sbiadita della negritudine non sembra destinata a far molto scalpore: troppe e ben più cruente sono le crisi che travagliano i Paesi emergenti perché possa uscire dai confini di una remota area della francofonia una disputa che coinvolge un pugno di intellettuali e che ha tutte le caratteristiche del conflitto generazionale, di una rivolta dei giovani scrittori martinicani contro Aimé Césaire, il padre fondatore della loro letteratura e il principale artefice della loro emancipazione. Eppure questa rivendicazione di una più specifica identità etnica e culturale ha una sua legittimità e può costituire la cifra da una letteratura che, proprio nel suo sofferto rapporto di fascinazione e di rifiuto con quella francese, realizza la propria originalità e vive oggi una stagione di intenso fervore creativo. Di certo costituisce il tratto distintivo di Texaco, l'ultimo romanzo di Patrick Chamoiseau che i francesi, sempre più attenti ai fermenti di novità che dalla periferia vengono ad animare la loro cultura, hanno premiato nel '92 col Goncourt. Texaco è il nome di un quartiere di baracche cresciuto, a ridosso delle cisterne della compagnia petrolifera, alle porte di Fort-de-France. Per i suoi abitanti è molto di più di un luogo in cui procurarsi un ricovero di fortuna: è un modo per agganciarsi e in qualche misura integrarsi non alla città in quanto tale, ma a quel complesso, mirabolante ecosistema che in creolo chiamano Lanvil, l'Incittà. Per gli altri, per quelli che nell'Incittà già vivono e spadroneggiano, è invece una bidonville malsana da radere al suolo. Chamoiseau ne fa il simbolo della visione martinicana dell'esistenza e un pretesto per raccontarne - o piuttosto per cantarne la laboriosa affermazione. Tutto comincia quando nel quartiere si avventura un urbanista, da alcuni scambiato per un angelo sterminatore, da altri per un Cristo salvatore. Marie-Sophie Laborieux, che del quartiere è «progenitrice fondatrice» e anima vivente, capisce che è giunto il momento della battaglia decisiva per la sopravvivenza della sua creatura e la combatte con l'unica arma di cui dispone: la parola. Davanti a un bicchiere di rum, cucendo insieme realtà e leggenda, memorie trasmesse da suo padre e ricordi della sua lunga vita, comincia a raccontargli la storia di cui Texaco è il provvisorio ma vitale punto d'arrivo. Parte da molto lontano, dall'e¬ sistenza favolosa di suo nonno che, più di un secolo e mezzo prima, si ribellava alla schiavitù avvelenando le bestie del padrone e che, rinchiuso in una segreta, «alitava un'inaudibile messa bassa». Racconta poi che le vicende di suo padre Esternome, affrancato dal padrone a cui ha salvato la vita, la sua calata verso l'Incittà, dapprima Saint-Pierre e poi Fort-de-France, la sua abilità nel costruire capanne, i suoi rapporti con le misteriose figure dei Mentor e con le sue due donne, l'indomita Ninon e la cieca Idomenea, le semplici ma salde convinzioni che l'hanno guidato: la gente si distingue «secondo il grado di bianchezza o la disdetta della sua nerezza», la libertà non deve essere donata ma «deve venire dai negri della terra, dalla conquista di questa terra qui». Infine gli parla della propria esperienza e di come, da capressa alla mercé di un infame usuraio, si sia conquistata, passo dopo passo, attraverso infinite peripezie e soprattutto grazie alla scoperta dei libri, del piacere della lettura e del tormento della scrittura, una propria indipendenza fino a trasformarsi in una donnamatador che fonda un quartiere e lo difende dagli assalti dei poliziotti e dalle bonifiche degli urbanisti. Agli episodi della storia personale mescola gli eventi della storia civile: la rivolta degli schiavi che nel 1848 costringe il Governatore ad anticipare gli effetti del decreto di abolizione della schiavitù, l'eruzione della Pelée di cui Ninon è una delle trentamila vittime, le due guerre mondiali che non risparmiano i soldati antillani, l'azione politica di Aimé Césaire. E' qualcosa di più di una storia vista dal basso, dalla parte di chi ne subisce soltanto i contraccolpi, come può sembrare dalle pagine memorabili in cui rievoca la visita di de Gaulle in Martinica attraverso i propri affannosi e vani CA E' più di un motiV vo per cui io mi ✓ occupi di questo romanzo di Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Un motivo per così dire sentimentalprivato: anch'io, come il protagonista del romanzo, ho fatto il liceo a Bologna e per anni, come lui, ho percorso le stesse strade e luoghi e piazze, in cui lui si trascina da mattina a sera - lui in bicicletta, io a piedi. Il secondo motivo è che lui, l'autore, ha solo diciannove anni e io sento il dovere di dedicare un occhio attento e non prevenuto a ciò che fanno i giovanissimi (o forse a ciò che sono rispetto a quelli che li hanno immediatamente preceduti o rispetto all'idea che convenzionalmente abbiamo di loro). Il terzo motivo è che è un romanzo e allora è pane per i miei denti: sono curioso di entrare in contatto con la lingua in cui è scritto, di scoprire quanta conoscenza del mondo vi è rinchiusa, di fare previsioni sul futuro dell'autore. Se questi sono i motivi prendiamoli in esame uno per uno. Sul primo invero non ho nulla da raccontare se non che mi ha fatto piacere ripercorrere nella memoria (ma il piacere è tutto mio) via Saragozza, piazza del Collegio di Spagna, via Rizzoli, piazza Minghetti (davanti alla Posta), la libreria Feltrinelli che allora non c'era, via D'Azeglio, san Mammolo, via Codivilla (ma non è la salita dell'Osservanza?), le colline Roncro dove tutti i giorni io con altri amici andavamo a trovare una nostra cara amica con la quale ogni occasione era buona per recitare Aprile è il più crudele dei mesi, ecc., e il Liceo Caimani (penso il Liceo Galvani - io andavo al Minghetti). Ma basta: anzi scusate la debolezza (mia). Sul secondo motivo qualcosa da dire ce l'ho. Come sono i giovani d'oggi? Almeno quelli appartenenti alla media borghesia? Vediamo. Il protagonista (e anche l'autore) del romanzo fa la seconda liceo: fin lì è stato uno studente modello - tutto attenzione e libri; ora - improvvisamente - gli cresce dentro una grande insofferenza: per la scuola e quel senso soffocante di obbligo che l'accom- Patrick Chamoiseau Accanto: una veduta della Martinica tentativi di vederlo e di parlargli e il disorientamento della folla che non ha capito se il generale l'ha arringata dicendo «Mio Dio, mio Dio, come siete francesi» ifranqais) oppure «come siete scuri» {foncés). E' un ridurre tutto alla misura di Texaco, fino a scandire centocinquant'anni di storia della Martinica in base al materiale da costruzione che hanno usato i più umili tra i suoi abitanti: prima ci sono stati i «Tempi di paglia», poi quelli di «legno di cassa», a cui sono seguiti quelli di «fibrocemento» e infine quelli di «calcestruzzo». L'impasto che avviene con la lingua è invece più sottile e complesso e lo si avverte anche in questa traduzione che ne salva gran parte del sapore. Ciò che leggiamo non è la «povera epopea» che Marie-Sophie ha consegnato ai suoi quaderni, ma il resoconto che Chamoiseau, nel ruolo modesto di un «tracciatore di parole», fa di quanto ha appreso dalla sua

Luoghi citati: Bologna, Martinica, Saint-pierre, Spagna