USURA & CASTIGO di Alberto Papuzzi

una sorpresa bolognese [di angelo Guglielmi] o* Usa e non getta: viale contro la civiltà dei rifiuti [intervista di una sorpresa bolognese [di angelo Guglielmi] o* Usa e non getta: viale contro la civiltà dei rifiuti [intervista di Alberto Papuzzi] o* L'amicizia tra donne, un difficile romanzo [di Mirella serri] o" Quel cinema (//valmarana [di Lietta tornabuoni] cf weil,// matematico fratello di Simone [di federico Peiretti] o~ Quando fanfani chiese la testa (//gorresio [di Oreste del buono] o* L'autunno della saggistica ef / bestsellers o* /giochi di bartezzaghi USURA & CASTKO LASTAMPA Supplemento al numerò odierno \ Speà. in abb. post.-Pubbl. 50% morFlauuomla cCil rGobdatosuore, smulsubtappschno «Il di quatra griaPpiù conniti A destra, nell'ordine: Dostoevskij, Balzac e Tozzi In tre loro romanzi, «Delitto e castigo», «Gobseck» e «Tre croci», il tema dell'usura sedech oppure, come Abraam, siano mercanti, ma nello stesso tempo uomini diritti e leali. L'equazione è rimasta e in un crescendo ben noto è arrivata a produrre un film come Suss Ma non era un «cattivo» estinto nell'economia moderna? l'ebreo (1940) dell'allineatissimo Veit Harlan, esempio estremo del razzismo nazista. Il gioco delle citazioni è sempre possibile. Facile ricordare Shakespeare e II mercante di Da Boccaccio a Dostoevskij, da Shakespeare a Balzac, fino a Tozzi pagine profetiche della letteratura su un peccato che attraversa i secoli Venezia, la figura di Shylock e la sua ostinazione, il patto della libbra di carne da prelevare contro il prestito dei tremila ducati in caso di mora. Altrettanto immediato il ri¬ cordo del romanzo di Dostoevskij, Delitto e castigo: Raskolnikov che uccide la vecchia usuraia e, costretto dalle circostanze, anche la sorella Lizaveta. Più defilata, forse, la me- Volendo prestare un po' di attenzione ad epigoni infinitamente più piccoli si potrebbe ricordare almeno «il vecchio rigattiere ebreo» Jacob Aron di un romanzo alla Sue (per fortuna) introvabile di Vittorio Bersezio, La plebe, oppure esempi positivi come il «savio Natano monferrino» di Augusto Monti nei Sanssóssì, o come Ezechiele Annobon nel Mulino del Po di Bacchelli o il cavaliere Nicchioli in Tre croci di Tozzi. Anche Emilio De Marchi ha un bel ritratto di usuraio, nel suo romanzo II cappello del prete: «Prete Cirillo era un uomo pieno di denari, che egli aveva radunati un poco coll'usura, prestando ai pizzicagnoli, ai pescivendoli, ai galantini della Sezione, e molto colle vincite al lotto». A ciascuno la sua piazza. Nella lotta che sembrerebbe d'altri tempi tra gli angeli e i demoni, tra la borsa e la vita, la sfida è sempre aperta, ieri come oggi. Essendo profetica, la letteratura non fa che ricordare. moria del cinico Lheureux nel Flaubert di Madame Bovary, uomo-cambiale che prelude alla catastrofe annunciata. Certamente imprescindibile il ritratto del batacchiano Gobseck, un esteta del danaro dato ad usura, vero garante del suo nome (gober vale inghiottire, sec asciutto), capace di formulare in proposito pensieri sublimi: «Mi piace infangare i tappeti dei ricchi, non per meschinità, ma perché essi sentano l'artiglio della Necessità». «Il mio sguardo è come quello di Dio», dichiara Gobseck al quasi-amico Derville e un'altra volta, addirittura con allegria: «Ego sum papa!». Papa, non papà come Goriot, più avaro che usuraio. Ma se i confini non sono sempre così nitidi, come non annettere alla mobile progenie il grande e patriarcale speculatore Gundermann nel romanzo di Zola, Il danaro? Dalla Comédie al Commedione il passo non è impossibile e Belli nel suo romanesco abbietto e buffone scrive un sonetto perfettamente a tono, che s'intitola L'anima bbona: l'usuraio è un vecchietto insospettabile e pratica nientemeno che il mille per cento: «Fregheli, che assassini che sse danno !/Fà ste lusùre, e ppoi magnasse er pegno/L'istesso ggiorno che ffinissce l'anno!». Al Frankenstein proletario opponga chi vuole il Nosferatu del capitale, come ha fatto puntualmente Franco Moretti nel suo saggio Dialettica della paura. Dei tanti vampiri che succhiano sangue umano ci parla come in un quadro di Munch la lunga voga del romanzo en feuilletons, a cui molta narrativa ottocentesca è legata, da Dickens a Dumas a Tolstoj. Il vecchio rigattiere Giovanni Tesio BOTREBBE anche nascere, un ministero per la Gioventù, ora che lo propone Fiorello. Potrebbe nascere perché la gioventù è un mondo a parte, pieno di problemi, e questi problemi non sono risolvibili dal mondo dei vecchi, perché da quel mondo non sono nemmeno comprensibili. I vecchi, è vero, esistono in funzione dei giovani, i quali esistono in funzione di se stessi. E cosa insegnano i vecchi ai giovani? L'unica cosa che sanno, cioè diventare vecchi. Ma questa è proprio la cosa che i giovani non vogliono: i giovani vogliono restare giovani, fare i giovani. E questo nessuno glielo può insegnare, perché i giovani di ieri sono incomprensibili e assurdi per i giovani di oggi. Un ministero per la Gioventù può nascere più facilmente di un Partito dei Giovani, che rientra anch'esso nel progetto di Fiorello. Il Partito dei Giovani avrebbe le stesse difficoltà, a nascere, del Partito degli Anziani, o dei Pensionati: i pensionati sono stati portati, dalla vita, a diverse destinazioni, destra, sinistra, centro, impossibile fargliele dimenticare e raggrupparli sotto un'unica sigla politica, è come entrare con un rasoio nel loro cervello e tagliare convinzioni, memorie, vendette, proteste, legami, passioni. Lobotomizzarli. Infatti, i partiti degli anziani, delle casalinghe, dei pensionati, e simili, non hanno nessuna esistenza politica. Dunque, un ministero della Gioventù, uno strumento politico in mano ai giovani perché tratti i problemi dei giovani: riforma della scuola, esami di maturità, connessione scuolalavoro, voti o giudizi, servizio militare, disoccupazione, educazione sessuale, discoteche, stragi del sabato sera, prevenzione e recupero dalla droga. Nessuno di questi problemi è nuovo o sconosciuto, tutti hanno una lunga storia di leggi, proposte, decreti e soluzioni; allora perché uno come Fiorello, che vive nelle piazze e tra i giovani, che se va a cantare a Roma il sindaco va a cantare con lui, vien fuori proprio adesso con una richiesta del genere? Perché i giovani «sono stati» al centro della nostra politica e della nostra cultura, ma non lo sono più, e non lo saranno per tanti anni: proposte come quella di Fiorello (se un vecchio vuole andare in pensione anzitempo, accontentiamolo, perché così sgombra un posto ai giovani), ieri suonavano come cosa buona e giusta, perché ieri il problema era «come entrare» nella vita, come dominarla, come viverla in pieno; oggi è «come uscirne» con dignità, come morire. Morire è diventato un problema inafferrabile dall'individuo, dalle Usi, dalla religione, dalla politica, dalla famiglia. La morte è la fine disperata di una lunga disperazione: finire in ospedale è come venir chiuso nel sacchetto delle immondizie, l'unico aiuto te lo danno giovani venuti da altri mondi che non sanno la tua lingua, la religione in cui muori non è più la stessa in cui sei nato, il partito a cui sei rimasto iscritto è cambiato sei volte nel corso della tua vita, votarlo adesso vuol dire votare il contrario di quello che hai sempre votato, i tuoi nipoti sono i nemici dei tuoi figli che erano i tuoi nemici, tua moglie è stata il principale ostacolo della tua vita e della tua carriera, e ha teorizzato questo ruolo come la sua liberazione... Un intero popolo sta invecchiando nel non-senso. Se c'è un ministero che manca, è il ministero della Vecchiaia e della Morte.

Luoghi citati: Roma, Usa, Venezia