La giunta di Algeri si arrende all'Islam di Francesco Fornari

L'ala dura integralista invita gli «uomini sinceri» di esercito e gendarmeria a disertare MAGHREB L'ala dura integralista invita gli «uomini sinceri» di esercito e gendarmeria a disertare La giunta di Algeri si arrende all'Islam Scarcerati i leader delFis, ma agli ultra non basta ALGERI. All'indomani della liberazione dei due massimi leader del Fronte islamico di salvezza (Fis), lo sheikh Abassi Madani e l'imam Ali Benhadj, e di altri tre dirigenti del movimento integralista, l'Algeria si interroga su quali saranno le conseguenze di questo atto certamente audace del presidente Zeroual e, soprattutto, che cosa è stato concesso al Fis da parte del potere ufficiale. La scarcerazione dei due esponenti del Fis (messo fuorilegge nel gennaio 1992 per impedirgli di assumere il potere dopo la vittoria elettorale) nel tentativo di avviare dei negoziati, può essere considerata un primo passo concreto per porre fine alla guerra civile che ha provocato oltre 15 mila morti in due anni e che miete circa 300 nuove vittime la settimana, ma è fin troppo evidente che questa iniziativa non trova d'accordo i falchi del movimento integralista, il famigerato Gruppo armato islamico (Già), responsabile del maggior numero di attentati e omicidi, e neppure l'ala più dura dell'Armata nazionale popolare (Anp), capeggiata dal capo di Stato Maggiore dell'esercito, il generale berbero Mohamed Iamari, contrario ad ogni concessione a favore degli integralisti. A riprova del fatto che all'interno del movimento integralista ci sono delle spaccature e che Madani e gli altri leader non possono parlare a nome di tutti gli aderenti, proprio mentre fra i dirigenti imprigionati nel carcere militare di Blida e il governo si avviavano i primi contatti, altri esponenti del Fis e del suo braccio armato, l'Esercito islamico di salvezza (Ais), indirizzavano un messaggio a gendarmi e soldati invitandoli a «scegliere se stare con l'Algeria musulmana oppure con i criminali e i traditori della nazione». Nel comunicato gli integralisti sollecitavano «tutti gli uomini sinceri» in seno all'esercito e alla gendarmeria a intervenire «in difesa dei valori della nazione che sono calpestati sotto i loro occhi». Un'esortazione esplicita a di- sertare e unirsi a loro nella lotta contro il governo che contrasta con l'impegno preso dallo sheikh Madani, in una lettera inviata pochi giorni fa al presidente Zeroual, di operare «per fermare lo spargimento di sangue» e contribuire «con mezzi pacifici alla messa a punto di una soluzione definitiva della crisi che attraversa il Paese». Proprio questa lettera avrebbe convinto il presidente algerino della volontà del Fis di trovare un accordo e della possibilità di avviare un dialogo. Ma le trattative si erano subito affossate, perché i dirigenti del disciolto partito politico si erano rifiutati di parlare di negoziati dall'in¬ terno della prigione. Di qui la decisione di concedere gli arresti domiciliari a Madani e Benhadj, e, aderendo a una successiva richiesta, di concedere loro la possibilità di avere contatti con gli altri responsabili dell'organizzazione, e della scarcerazione degli altri 3 dirigenti. Ma altre ancora sono le concessioni «segrete» che il governo ha dovuto fare ai leader del movimento integralista: una tregua d'armi, la liberazione di altri prigionieri politici, la riabilitazione politica del Fis, la formazione di un governo tecnico fino alle nuove elezioni, che dovranno tenersi a dicembre o, al massimo, entro il mese di febbraio dell'anno prossimo. Omar Belouchet, direttore del quotidiano «El Watan», uscito miracolosamente indenne l'anno scorso da un attentato terroristico, si dichiara «estremamente inquieto per la liberazione dei responsabili del Fis, perché realizzata senza alcuna contropartita politica». Per l'autorevole giornalista, è motivo di grande apprensione «questa alleanza fra il potere attuale e il Fis che prelude, a mio avviso, all'instaurazione di un modello politico che si ispira al sistema sudanese. E' chiaro che con un simile passo le libertà fondamentali saranno beffate». Il 20 settembre ad Algeri riprenderà la conferenza per il dialogo nazionale: per la prima volta saranno presenti anche i rappresentanti del Fis, sarà la prima, vera occasione per cercare di trovare una soluzione comune alla crisi che travaglia il Paese. Ma c'è il pericolo di dover fare i conti con i falchi delle due parti, i miliziani del Già e gli squadroni della morte dell'Ojal (Organizzazione dei giovani algerini liberi), contrari a ogni soluzione pacifica che possa favorire in qualche modo gli avversari. Francesco Fornari Nel Paese si profila l'instaurazione del modello politico sudanese: l'alleanza tra potere civile e potere religioso Lo sheikh Abassi Madani e l'imam Ali Benhadj, leader del Fronte integralista algerino, scarcerati e posti agli arresti domiciliari

Persone citate: Abassi Madani, Ali Benhadj, Benhadj, Madani, Zeroual

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Maghreb