Il vulnerabile santuario d'America

u Il vulnerabile santuario d'America La sicurezza del Presidente, un incubo per gli 007 IL TEMPIO DEL DIO USA u N poco reggia e un poco ministero, a mezza strada fra San Pietro, il Cremlino e Buckingham Palace, la villa settecentesca stile «Via col vento» è da 202 anni, da quando la prima pietra fu posata dai muratori, il tempio e il tabernacolo del Dio America, il parafulmine di tutte le speranze e di tutti gli odi di una nazione - e ora di un Mondo. Non c'è terrorista, non c'è folle che non sogni di distruggerla e di lasciare su quelle pareti candide il segno della sua pazzia, come ha fatto ieri notte il «kamikaze» del Cessna 172. E non c'è agente del Servizio Segreto, il corpo che deve proteggerla, che non sappia, come può constatare qualunque viaggiatore in atterraggio, quanto sia vulnerabile, quanto sia indifendibile il bianco Santuario del Dio America. E' poco meno di un miracolo, forse un segno di quella Provvidenza che da due secoli intensamente protegge gli Stati Uniti, se mai prima d'ora un aereo le è caduto sopra e se il simbolo del potere yankee è rimasto intatto dal 1815, quando gli Inglesi, per vendicarsi dei loro ex coloni ribelli, riconquistarono Washington e bruciarono la Casa Bianca. Oggi, il pericolo di un attacco militare è remoto, ma altri rischi abbondano. Due milioni di turisti attraversano ogni anno le stanze dell'ala Est, quella ristrutturata e aperta al pubblico da Jacqueline Kennedy, e ciascuno di loro potrebbe essere un attentatore. Altri milioni di passanti possono sbirciare liberamente dalle cancellate, aspettando che il Presidente, la First Lady, uno dei loro figli o figlie, si mostrino nel giardino, letteralmente a tiro di schioppo. 400 aerei al giorno la sfiorano atterrando. E infinite volte, passando la mattina in auto accanto alla Casa Bianca o attraversandone i cancelli con il «passi» stampa, mi sono sorpreso a osservare quanto sarebbe facile, per un terrorista suicida, entrare e colpire. Le leggende accreditate dal Secret Service raccontano di sofisticatissimi sensori elettronici sulle sbarre della cancellata, di rilevatori di movimento piazzati sui prati e tra le fronde degli alberi e addirittura di missili antiaerei «Stinger» portati a spalla da agenti sui tetti, per abbattere aerei che osino penetrare il quadrilatero di cielo - appena un chilometro per lato - che dovrebbe proteggere la Presidenza. Ma poi basta uno squilibrato ai comandi di un minuscolo aereo, capace di planare a motore spento nel cuore della notte schiantandosi sotto le finestre della camera da letto del Presidente, per sbriciolare il mito della fortezza presidenziale. Quattordici secondi appena sono trascorsi dal momento in cui il «kamikaze» ha puntato il suo Cessna contro l'edificio al momento dell'impatto contro il muro: troppo pochi perché il Servizio Segreto possa prendere la decisione di abbattere con un missile un aereo civile non identificato. Che accadrebbe se uno «Stinger» disintegrasse un innocente aereo in ava¬ ria con una famiglia a bordo? Le «mura» della Casa Bianca sono più immaginarie che reali. Lo Studio Ovale, l'ufficio nel quale il Presidente conduce gli affari di Stato e che si trova a dieci metri dal punto nel quale si è schiantato il «kamikaze», è protetto da finestre antiproiettile al carbonio, in grado di resistere ai colpi di un lanciagranate. L'alto schienale della poltrona foderata di cuoio sulla quale siede il Presidente, dando le spalle alle finestre, è imbottito con una lamina di kevlar, lo stesso materiale con il quale sono fatti i giubbotti antiproiettile. Ma quando il Capo dello Stato americano esce sul prato Sud, lo stesso sul quale è caduto il Ces¬ sna, quando si imbarca sull'elicottero dei marines detto «Marine One» perché trasporta il cittadino numero uno, quando accoglie visitatori stranieri, capi di governo, dignitari, esattamente nel luogo dove si è sfasciato il kamikaze, la sua vulnerabilità è tremenda. I marines fanno sempre volare due elicotteri presidenziali identici, uno dietro l'altro, per dimezzare le probabilità che venga colpito quello che ha a bordo il «boss». Ma basterebbero due «Stinger», anziché uno, per riportare le probabilità al 100 per 100. L'unica soluzione sarebbe quella di trasformare davvero la Casa Bianca in una rocca e di isolare il Presidente dal mondo che lo circonda, alla maniera del Cremlino sovietico o della Città Proibita cinese. Ma è anche l'unica soluzione impossibile e inaccettabile. La vulnerabilità del Presidente, l'indifendibilità della sua Casa non sono accessori «optional», sono la manifestazione visibile, concreta, della natura del potere politico americano. Una Casa Bianca trasformata in fortezza sarebbe la negazione fisica dell'ideologia americana. Il massimo dei sacrilegi contro il Dio America. La Casa Bianca deve restare la Casa del Popolo americano e se in mezzo a quel popolo circolano pazzi e terroristi, il rischio è semplicemente il prezzo da pagare. I Presidenti passano. La Casa resta. Già molte, forse troppe, concessioni alla sicurezza sono state fatte nel corso dei secoli, lamentano i puristi. All'alba della storia americana, la Casa Bianca era davvero aperta a tutti, le sue porte spalancate a chiunque fosse colto dal desiderio di attraversarne la so- glia. Molte First Ladies ottocentesche raccontarono di aver sorpreso intrusi nascosti nelle camere da letto, negli armadi, nei bagni. Migliaia di fidanzati entravano sotto le colonne della White House, a tutte le ore del giorno, rimorchiando pastori e giudici di pace per celebrare il loro matrimonio e poter così raccontare di essersi sposati alla Casa Bianca. Ancora oggi, arrivano circa 200 richieste l'anno di gente che vorrebbe celebrare il matrimonio nella «Casa del Popolo» e devono essere, con estrema delicatezza, respinte. Solo nel 1840 il Congresso approvò, con riluttanza, i fondi per stipendiare quattro agenti di guardia, ma a condizione che fossero definiti «portieri». Franklyn Pierce, nel 1853, fu il primo Capo di Stato ad assumere una guardia del corpo personale, fra accuse di «cesarismo» e di «smanie imperiali» lanciate dal Parlamento. Eppure il miracolo continua. La Provvidenza veglia. Nessun Presidente, fra i tanti uccisi o feriti nella storia americana, «miracolosamente» è stato mai colpito, ferito o ucciso dentro le mura della Casa Bianca, segno evidente di un rispetto superstizioso per l'edificio, che purtroppo non si estende sempre ai suoi inquilini. Il carburante sparso dal Cessna non si è «miracolosamente» incendiato nello schianto. Gli attentati, i gesti di violenza, si contano sulle dita di una mano: nel 1829 una folla di dimostranti entrò a sfasciare i mobili del Presidente Andrew Jackson. Nel 1970 un soldato rubò un elicottero e lo posò sul giardino della Casa Bianca, senza far danni. Nel 1976, un pazzo lanciò il suo camioncino contro la cancellata, sfasciandolo. Ieri, il volo del kamikaze. Niente altro. Troppo alto, troppo formidabile è il muro del rispetto, e solo una manciata di pazzi in due secoli ha osato scalarlo. Dopo ogni attacco, come sta avvenendo oggi, ministri, segretari, agenti, riesaminano le misure di sicurezza, aprono inchieste, fanno installare nuovi lucchetti e nuovi gadgets elettronici, ben sapendo che non serviranno. La vera protezione della Casa Bianca sono i volti di quelle famiglie venute da tutta l'America, dall'Asia, dall'Europa, dall'Africa per scambiarsi foto con lo sfondo della più celebre villotta del mondo, nel frastuono dei jet che le atterrano dietro le spalle. Tutti intimiditi e imprigionati nel fascino di una casa che da due secoli racchiude il segno di una speranza chiamata America. Vittorio Zucconi Ma una Casa Bianca ridotta a fortezza sarebbe la negazione dell'ideologia Usa QUESTA ALA DELLA CASA BIANCA CI SONO GLI APPARTAMENTI PRIVATI DELLA FAMIGLIA DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI IL CESSNA 55 HA PERCORSO TUTTA LA 17a STRADA A BASSA QUOTA. ALL'ALTEZZA DELLA CASA BIANCA HA SPENTO IL MOTORE E HA VIRATO VERSO L'EDIFICIO SCHIANTANDOSI NEL GIARDINO DELLE CERIMONIE Robert Preston, l'uomo che nel '74 pilotò un elicottero sul prato della Casa Bianca: fu abbattuto

Persone citate: Andrew Jackson, Del Dio, Franklyn Pierce, Jacqueline Kennedy, Robert Preston, Secret, Vittorio Zucconi