Dalla Serbia per vederlo

Palla Serbia per vederlo Palla Serbia per vederlo «Il primo giorno felice da 4 anni» LA PIAZZA IN DELIRIO SZAGABRIA GHIACCIATA tra la gente, col fazzoletto nero sul capo e il rosario stretto tra le mani, prega silenziosamente, mentre le lacrime rigano il suo volto. Quando nello squarcio di cielo sopra la piazza appaiono gli elicotteri della polizia che annunciano l'arrivo della colonna di automobili a seguito del Papa e la folla si stringe ancora di più ai bordi del marciapiede per vedere da vicino il Santo Padre, rimane un po' indietro, sola e quasi smarrita. E si capisce subito che è un'estranea in questa città. «Sono arrivata questa mattina, in treno da Rijeka, ma prima ho fatto un lungo viaggio in nave, da Spalato dove sono arrivata con la corriera dal mio paese in Bosnia-Erzegovina». Risponde con grande timidezza alle domande. «Sono una povera vecchia che non ha molto da dire. Ma oggi si è realizzato il sogno della mia vita. Adesso che ho visto il Papa posso anche morire». 65 anni, croata di Capljina, nel Sud Est della Bosnia, Marija Rasic ha viaggiato quasi due giorni per venire a Zagabria e incontrare il Papa: malgrado la cattiva salute è partita con il cuore pieno di gioia. «E' il primo momento di felicità da quattro anni a questa parte, da quando la guerra ha cominciato a devastare le nostre vite». La guerra le ha tolto un figlio, morto nei combattimenti contro le milizie serbe. Un'altra figlia col marito e coi nipotini è profuga in Germania. Ma Marija non ha perso la speranza di vedere un giorno la pace ritornare nel suo Paese. «L'unico che ci può aiutare è il Santo Padre. Lui prega ogni giorno per alleviare le nostre sofferenze. Era pronto a rischiare la sua vita per venire a Sarajevo e questo là non lo dimenticheremo mai». Per Marija Rasic il messaggio del Pontefice che chiede la coesistenza di tutti i popoli, nonché il rispetto e la tolleranza reciproca, è l'unica soluzione di pace per la Bosnia. «Noi dobbiamo perdonare i nostri nemici e continuare a vivere tutti insieme, croati, musulmani e serbi». Sono più di mezzo milione i pellegrini arrivati a Zagabria per assistere alla celebrazione della Santa Messa che il Papa terrà stamane all'ippodromo. Sono giunti da tutte le parti della Croazia, ma anche dalla vicina Bosnia e persino dalla Vojvodina, in Serbia. Dalla città di Subotica sono partiti 300 fedeli tra cui il leader della comunità croata Bela Tonkovic. La polizia serba l'ha trattenuto per più di mezz'ora alla frontiera, ma Tonkovic non ha rinunciato al viaggio. ((Andiamo alla Messa di tutti i croati. Per noi cattolici ogni Messa è santa, ma quella celebrata dal Papa è qualcosa di speciale perché oggi tutta la Chiesa cattolica è con noi». Decine di migliaia di persone hanno salutato ieri Giovanni Paolo II lungo tutto il tragitto dall'aeroporto di Zagabria fino alla cattedrale dove il Pontefice ha celebrato la Messa di fronte al clero croato. Donne, bambini, giovani, vecchi sono tutti scesi in strada per applaudire l'uomo che ha levato la voce contro i massacri di Vukovar, Dubrovnik e Sarajevo. Nessuno è mai stato accolto così da Zagabria. «Sono profugo di Derventa. Sono venuto qui il 6 ottobre del 1992 quando le truppe serbe sono entrate nella mia città. Da allora ogni mio pensiero è rivolto al ritorno. Più di ogni altra cosa vorrei rivedere la mia casa, anche se so che è stata distrutta dai bombardamenti». Ivan Sedlic, 67 anni, aveva una delle migliori macellerie in città. A Derventa, in Bosnia settentrionale, vivevano 14 mila abitanti di cui il 65% croati. «Non è rimasto più nes¬ suno. I serbi hanno distrutto tutto. Derventa è peggio di Vukovar. Eppure tutti, loro come noi, dobbiamo capire che in Bosnia non ci potrà mai essere un popolo che avrà il diritto di dire "qui tutto è mio". Per la nostra mentalità, per il passato comune, noi, croati musulmani e serbi siamo legati gli uni con gli altri e la Bosnia non ha altro destino che rimanere unita». Non nasconde la sua commozione Sedlic al passaggio di Giovanni Paolo II. Benché invalido è sceso in strada per salutare il Papa. «Ho ascoltato il suo messaggio e ho capito che col cuore era qui ma anche in Bosnia. Proprio come noi profughi». Ingrid Badurina Il presidente Tudjman giura «La Croazia rispetterà i diritti di tutti, italiani compresi» Il Papa bacia la terra croata In una ciotola Sotto, la cattedrale di S. Stefano [foto reuter-ansa]

Persone citate: Donne, Giovanni Paolo Ii, Ingrid Badurina, Ivan Sedlic, Marija Rasic, Palla Serbia, Tudjman