Giallo sulla lettera del pm Borrelli: io non l'ho diffusa
Giallo sulla lettera del pm Borrelli: io non l'ho diffusa Giallo sulla lettera del pm Borrelli: io non l'ho diffusa MILANO. Interviste, dichiarazioni, precisazioni sulle dichiarazioni: dalla procura di Milano continua ad arrivare un profluvio di parole. E le indagini? «Vanno avanti», si assicura. Ma intanto si ha l'impressione che tutto continui a restare bloccato attorno alla «proposta» per Tangentopoli. Mentre, ad agitare le acque, è venuta anche la lettera-fantasma che Di Pietro pare volesse spedire (e se è così, perchè non lo fatto?) a Berlusconi. Succede che la lettera in questione, di cui si vociferava da alcuni giorni ma che era rimasta un mero progetto, venga pubblicata dal Corriere della Sera. Succede poi che alcuni giornalisti vadano a chiedere al procuratore capo Borrelli un commento sull'episodio e che lui si dimostri sorpreso e piuttosto drastico: «Non ho niente da dire su questa lettera. Si tratta di una lettera che non è mai stata spedita e non capisco questa usanza di pubblicare semplici bozze: è come andare a raccogliere carta nei cestini». Borrelli ammette di aver avuto in visione la lettera, ma in una versione differente: «Il testo che avevo sul mio tavolo - dice infatti è diverso da quello pubblicato che, probabilmente, era una prima bozza». E come mai la lettera-fantasma è finita al giornale? «Sicuramente quel testo non è uscito dal mio ufficio. Cosa volete che vi dica? Andate a chiedere a Vasto (la località che figura nell'intestazione della lettera, ndr) o negli uffici di Di Pietro». Passano quasi tre ore; poi il procuratore chiede all'agenzia Ansa di «precisare» alcune cose. E cioè di «essere sicuro che la diffusione di quel testo non risale al collega Di Pietro» e che il riferimento a Vasto «va inteso che, se in quel luogo era stata concepita la prima stesura della lettera, qualcuno potrebbe essersene surrettiziamente impossessato». Insomma, secondo il pro¬ curatore capo, a rendere pubblica la lettera non è stato lui (che quel testo - assicura - non aveva visto), non è stato l'autore (cioè Di Pietro). E dunque qualcuno (e chi mai?) che l'avrebbe fatta volare dagli Abruzzi a Milano. Al di là del (piccolo) giallo resta da dire che il testo della letterafantasma poco aggiunge alla discussione di questi giorni. Di Pietro infatti non fa altro che rivendicare il diritto, come cittadino, ad elaborare proposte. Come sostengono, e continuano a sostenere, i suoi colleghi. Anche Borrelli, intervistato da Mondo Economico, afferma che non si è trattato di «un travalicamento» dei limiti costituzionali. E aggiunge che per «uscire definitivamente da Tangentopoli... bisogna operare per l'efficienza della pubblica amministrazione». Ma mentre continuano a parlare, i magistrati milanesi sembrano ottenere più critiche che consensi. E' di ieri, ad esempio, la presa di posizione dell'ordine degli avvocati di Milano, che contesta la proposta sia nel metodo che nel merito. Si vedrà mercoledì, al convegno dell'Università Statale, se quel progetto avrà qualche avallo in più. [s. m.] Il procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli critica la pubblicazione della lettera di Di Pietro
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