Dalle fabbriche i primi scioperi di Raffaello Masci

Dalle fabbriche i primi scioperi Dalle fabbriche i primi scioperi Fermate «spontanee» a Milano e Torino Berlusconi LA protesta sulle pensioni rischia di diventare rivolta. Le indicazioni non sempre chiare che in merito alle pensioni sono arrivate da singoli ministri hanno seminato, dopo il punico e l'inquietudine, un clima di ribellione. Cosi, mentre i sindacati si preparano ad un possibile sciopero generale, ieri in molte fàbbriche del Centro Nord ci sono state astensioni spontanee dal lavoro, solo parzialmente controllate dalle rappresentanze ufficiali di categoria. Tra lunedi e martedì della prossima settimana i vertici di Cgil, Cisl e Uil saliranno a Palazzo Chigi pei vedere con Berlusconi se la battàglia della previdenza può trovare un onorevole armistizio (se non un accordo), oppure se bisognerà andare allo sciopero generale e, più ancora, ad una strategia di lotta sindacale protratta nel tempo, fin tanto che il governo non receda dalla sua «furia liquidatoria», come l'ha definita il numero due della Cisl Raffaele Morose. Siamo dunque ai ferri corti. Le tre maggiori confederazioni sindacali, in una nota congiunta, esprimono un malessere forte e diffusoj un senso di incertezza e di precarietà per il futuro dei lavoratori: «I diritti previdenziali e la stabilità del sistema - dice il comunicato non possono essere rimessi in discussione in ogni manovra finanziaria. Ciò ha prodotto e sta producendo forte preoccupazione tra i lavoratori, perdita di credibilità del sistema che può portare alla rottura del patto intergenerazionale che lo sorregge». Si tocca insomma una materia esplosiva, e per questo il sindacato non intende recedere dalla sua battaglia: se il governo «usando il ricatto dell'emergenza economica perseverasse nella politica dei tagli - ha spiegato il leader della Uil Pietro Larizza - il sindacato non potrà limitarsi a uno sciopero generale, ma dovrà pensare a una lotta capace di durare e di far cambiare radicalmente quelle scelte inique e dannose per lo stesso sistema economico». Comunque, ò ancora Larizza che paria, lo sciopero non avrà connotati politici, nel senso che non sarà mirato a far cadere questo esecutivo («un governo diverso non c'ò e se ci fosse sarebbe peggio dell'attuale») ma solo a far cambiare indirizzo alla politica previdenziale. La piazza una sua risposta ieri l'ha già data. I lavoratori metalmeccanici della zona Ovest di Torino hanno scioperato per due ore, circa settemila persone hanno dato vita ad un corteo. Tra le fabbriche interessate c'è stata la Bertone, la Comau, la Pininfarina, la Carello, la Borgonova e la Rambaudi. Altri scioperi sono previsti nella regione del Piemonte per i prossimi giorni: oggi si fermeranno i lavoratori di Moncalieri e Nichelino. E martedì la protesta si estenderà al colosso di Fiat Mirafiori mentre venerdì 16 settembre sciopereranno anche i metalmeccanici di Alessandria e Vercelli. A Pistoia c'è stato un altro sciopero spontaneo; qui i lavoratori della Breda si sono fermati per due ore e hanno manifestato davanti alla prefettura. Nel pomeriggio il ministro Dini, che era a Pistoia per un incontro con la locale associazione industriale, è stato contestato duramente al suo arrivo da alcune decine di lavoratori. A Firenze, cinquanta delega¬ ti sindacali di altrettante aziende toscane hanno lanciato un appello alla mobilitazione generale. Un'esperienza analoga - con fermate di mezz'ora - si è verificata in molte aziende dell'area bolognese (Sabiem, Ducati, Siderpali, Carpigiani, Sasib, solo per fare alcuni nomi). Sempre nell'area bolognese un'altra ventina di aziende hanno proclamato scioperi per oggi. La Camera del Lavoro di Milano ha fatto sapere che agitazioni spontanee - per lo più espresse con un'ora di sciopero - si sono verificate ieri in molte fabbriche dell'hinterland. Si sono fermati - solo per fare alcuni esempi - i lavoratori dell'Italtel, della Zanussi di Solaro, della Marelli, della SGS, dell'Eni risorse, della Pirelli Bicocca. Molti fax sono arrivati sempre alla Camera del lavoro da molti consigli di fabbrica chiedendo lo sciopero generale. Per ora è protesta, dunque, ma potrebbe diventare rivolta. Raffaello Masci Massimo D'Alema e (sotto) Fausto Bertinotti con il leader Uil Larizza