A Venezia lo chiamano amore

16 Fuori concorso al Festival il film italiano e, in gara, «Somebody to love» di Rockwell A Venezia lo chiamano amore «Amarcord» di Avati collocato nel '48 VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Commedie d'amore e di spettacolo, con sfondo sociale. Innamorarsi a quindici anni della ragazza più bella vuol dire soffrire, sognare, ricordare sempre il primo bacio ricevuto per gioco; e ripensare con dolore al destino dell'amata quando non più giovane, incapace d'accettare la perdita di sé, aggrappata per illudersi alla passione d'un ragazzo, muore ammazzata dalla gelosa violenza coniugale. «Dichiarazioni d'amore», l'«Amarcord» di Pupi Avati, è collocato nel 1948, anno di elezioni politiche cruciali in Italia, anno del maggiore conflitto tra la democrazia cristiana e le sinistre unite nel Fronte democratico popolare, anno di nascita della lunga egemonia democristiana: ma di quegli scontri restituisce appena l'eco domestica. E' invece la rievocazione autobiografica sentimentale, divertente e nostalgica d'un inverno dell'adolescenza a Bologna del regista, studente della prima liceo scientifico: la scuola delle paure costanti e dei professori pazzi; la radio sempre accesa, le stanze sempre in ombra, le cameriere spiate nell'atto di spogliarsi, i panni sporchi messi a bollire nelle pentole di cucina; le vaste famiglie (padre remoto, madre provvida) popolate di parenti anziani e di zie zitelle col rimpianto del fidanzato perduto in guerra, dove s'imparava a convivere con le donne, coi bambini, coi vecchi e a conosce- re la morte; le brutte figure alle feste da ballo, le cattive azioni commesse per amore, le confessioni sempre concluse in chiesa dall'assoluzione consolante, l'acqua calda nella vasca utilizzata per due o tre bagni successivi di persone diverse, l'esultanza di poter dire in classe la cosa che gli altri non sanno, le canzoni d'epoca («Il giovanotto matto» di Luttazzi, cantata da Dino Sarti che finge d'essere il dilettante che era nel 1948, è il massimo). Elegiaco, affettuoso e scorato, delicato e buffo, con una costruzione a volte difficile da seguire e una musica invadente, recitato con naturalezza dagli attori, il film di Avati diventa divertente per i giovani, che possono misurarvi la propria distanza dal modo di vivere dei ragazzi d'allora e insieme ritrovarvi le emozioni, le ridicolaggini perenni dell'età; diventa toccante per i meno giovani, che possono riconoscervi l'aria e i costumi dei propri anni di formazione. E' latinoamericana l'atmosfera di «Somebody to Love» (Qualcuno da amare), il film dedicato «alla memoria di Federico e Giulietta» diretto da Alexandre Rockwell, 38 anni, notato a Ci¬ nema Giovani di Torino un decennio fa per il suo film «Hero» e nel 1989 per «Sons», a Venezia l'anno scorso con «In the Soup», marito (adesso ex marito, pare) di Jennifer Beals. Musica, cibo, usi, brutti locali notturni, tatuaggi cattolici (per esempio una schiena interamente occupata da un'immagine della Madonna), tutto nella cultura latinoamericana alla periferia di Los Angeles, per una storia d'amore recitata da un trio infelice. Lei è Rosie Perez, taxi-dancer, ragazza che balla a pagamento coi clienti del locale, con forti ambizioni di diventare attrice, di migliorare la propria esistenza. Lui è Harvey Keitel, ex star di serials televisivi negli Anni Settanta, pateticamente in cerca di rilancio e di nuovi ruoli. L'altro è Michael De Lorenzo, ragazzo messicano bello, povero, scavatore di fosse al cimitero, innamorato pazzo della ballerina e pronto a fare per lei qualsiasi cosa, anche uccidere. Il film fragile, sconnesso, ha almeno due momenti belli. «Ti prego, Dio, vorrei tanto diventare qualcuno», implora Rosie Perez mentre nella sua stanza celebra tutti i rituali d'una bellezza per lei impossibile, maschera di creta sul viso, denti spazzolati con la forza di quando è in gioco la vita, ginnastiche. E il regista Sam Fuller, vecchio e cattivo, capelli bianchi e smoking, siede sul ciglio della strada su cui la sua automobile s'è ribaltata, beve champagne dalla bottiglia, promette alla ragazza che l'ha soccorso provini, film, personaggi, protagoniste, successo, danaro: e mentre parla, di colpo, china la testa, muore. Lietta Tornabuoni DICHIARAZIONI D'AMORE è nei cinema Dona di Torino, Odeon e Pasquirolo di Milano, Barberini di Roma. SOMEBODY TO LOVE QUALCUNO DA AMARE è al Centrale di Torino, Fiamma di Roma. 12,00 panorama italiano SALA GRANDE Portami via di Gianluca Maria Tavarelli 15,00 finestra sulle immagini SALA GRANDE The slream-der bach - 9' di Garry Lane [Germania]; - S.F.W. - 97' di Jefery Levy [Usa] 15,30 premio Bianchi, a Tonino Guerra SALA V0LPI ire net mi He -1971 di Franco Indovina [Italia] 17,30 finestra sulle immagini SALA V0LPI Tsahal [seconda parte] -150' di C. Lanzmann [Francia-Gemiania] 17,30 eventi speciali PALAGALILE0 | pavoni di Luciano Manuzzl [Italia] 18,00 in concorso SALA GRANDE Heavenly creatures (Creature celestial!] di Peter Jackson [Nuova Zelanda] 20,30 retrospettiva King Vidor SALAV0LPI His hour-1924 20,30 Heavenly creatures [rep.]; PALAGALILE0 a seguire La tela y la luna [rep.] 20,45 in concorso SALA GRANDE La tela y la tuna (La tetta e la luna] di Juan Jos<5 Bigas Luna [Spagna] 23,15 notti veneziane SALA GRANDE Woodstock-25th anniversary director's cut di Michael Wadlelgh [Usa] Una scena del film di Pupi Avati, «Dichiarazioni d'amore», la rievocazione autobiografica sentimentale, divertente e nostalgica d'un inverno dell'adolescenza