Via il petrolio tornerà la risaia di Gianfranco Quaglia

NEL NOVARESE INQUINATO NEL NOVARESE INQUINATO Via il petrolio, tornerà la risaia Batteri naturali per bonificare il terreno ACCADE il pomeriggio del 28 febbraio: 15 mila metri cubi di petrolio greggio, dopo l'esplosione di un pozzo di perforazione, si riversarono sulla campagna e le case di Trecate e Romentino, nella risaia novarese. Una catastrofe ecologica che a sei mesi di distanza, dopo interventi massicci, è superata almeno per quanto riguarda i centri abitati. Ma il «blow-out», come è definito in gergo, ha lasciato il segno. Restano da bonificare i terreni, che erano quasi tutti coltivati a risaia e attorno al pozzo T 24 hanno assunto le sembianze di un paesaggio lunare: ancora intrisi di greggio, incoltivabili. L'Agip, che ha la responsabilità delle trivellazioni in questa zona considerata tra le più ricche di idrocarburi in Italia, ha promesso che tutto ritornerà come prima: terreno fertile, adatto alla coltivazione del riso e degli altri cereali. Il piano esecutivo di bonifica presentato dall'Agip alla Regione Piemonte è quello predisposto dalla Compagnia Enserch Environmental Corporation di Lyndhurst (Usa), divisione ambientale della Ebasco Services Incorporated. Il primo progetto è stato rinviato dalla Regione, che, pur condividendo gli interventi per la fascia meno inquinata, non è completamente in sintonia con l'Agip per quanto riguarda il risanamento dell'area dove la concentrazione di idrocarburi è più alta. Fra pochi giorni l'Agip dovrebbe presentare un progetto definitivo e più particolareggiato. Ma sarà mantenuta integra la strategia di bonifica, che si basa innanzitutto su un concetto: il ricorso a metodi naturali e alle risorse insite nel terreno stesso. Come dire che dovrebbe essere il terreno inquinato dal greggio, opportunamente aiutato con nutrienti, ad autopulirsi sino a raggiungere lo stato originale. Procede la bonifica dei terreni inquinati dal greggio in provincia di Novara Ecco le proposte Agip e che cosa dovrebbe accadere nei prossimi mesi attorno al Pozzo T 24, neutralizzato dopo l'incidente. L'area interessata è stata suddivisa in tre fasce, a seconda della concentrazione di idrocarburi depositati. La «zona 1», circa 1000 ettari, è la più grande e lontana dal punto dell'esplosione. Qui, dove il petrolio è presente in quantità minima, sono previsti monitoraggi delle colture di riso o di qualsiasi altra coltivazione. Con una campionatura (25 punti di controllo dati) sarà confrontato il raccolto con le vicine aree non contaminate, per valutare l'effetto della deposizione del petrolio sul prodotto. Nella «zona 2» (500 ettari, concentrazioni di petrolio da 50 a 10.000 mg/Kg) sarà applicato il sistema «Land farming», cioè la coltivazione dei terreni. I tecnici si affideranno, insom¬ ma, alla «biobonifica» del greggio nel suolo. L'operazione apporta ossigenazione al terreno, ne promuove i processi biodegradativi naturali e potenzia l'effetto dell'attività batterica. Si userà una specie di coltura a secco (non il riso) che accelera la biodegradazione. Uniche varianti previste: fertilizzanti in forma di azoto e fosforo. Il terreno che da solo, in modo autonomo, dovrà produrre batteri mangiapetrolio già normalmente presenti nel suolo. Ma la grande sfida dei bonificatori sarà nell'anello di terra attorno al pozzo, dove il paesaggio ha ancora sembianze lunari. E' qui che sono sorte le maggiori divergenze fra enti e Agip. E' il primo caso in Italia di ripristino di terreni agricoli rovinati da petrolio e la Regione vuole le massime garanzie. La «zona 3» copre un'area di 40 ettari con concentrazioni di greggio a oltre 10.000 mg/Kg. Anche un profano comprende che quel nero in superficie non consentirebbe alcuna coltivazione. La «land farming» sarebbe inutile, occorre intervenire con una strategia radicale, ma sempre con un obiettivo: il rispetto della natura. Ed ecco il piano Agip. Prima di tutto un rullo compressore, con l'aiuto di un laser, dovrebbe livellare il terreno che arato in precedenza dagli agricoltori presenta solchi e buche irregolari. Poi entreranno in azione i bulldozer o altre attrezzature per la rimozione, fino a 10 centimetri, di uno strato del suolo più altamente contaminato. Il terreno, trasportato poco lontano, verrebbe ammassato in «biopile», specie di sili in cui la terra non sarà mantenuta inerte ma trattata con un fertilizzante di alta potenza e con tubi perforati per aerazione. Anche in questo caso lo scopo è di distribuire ossigeno ai mi crorganismi indigeni che man geranno gli idrocarburi presen ti. L'aria sarà fornita alla biopila attraverso un compressore. Forse trascorreranno mesi prima che il terreno riacquisti la sua purezza antecedente l'in quinamento. Una volta purifi cato, tutto sarà riportato al luo go d'origine, pronto per essere nuovamente coltivato. In attesa di questa operazione il greggio rimasto nella «zona 3» sarà bonificato tramite coltivazione della terra, sottoposta a frequenti arature che hanno lo scopo di mantenere concentrazioni di ossigeno. Altre tecniche previste e prò poste: il «bioventing», sistema di ventilazione nel terreno che consiste nell'iniezione di aria per stimolare i microbi e stimo lare la degradazione; e il «bioslurping» per recuperare l'è ventuale petrolio che fosse migrato nella falda acquifera. In questo caso sarà realizzato un pozzo di recupero sino a una profondità di 15 metri. Gianfranco Quaglia

Persone citate: Land

Luoghi citati: Italia, Novara, Regione Piemonte, Romentino, Trecate, Usa