L'Emanuelli di Arbasino tra brillantina e malinconie

L'Emanuelli di Arbasino tra brillantina e malinconie L'Emanuelli di Arbasino tra brillantina e malinconie bastoncino da passeggio: l'avvocato Achille Battaglia, l'avvocato Mario Ferrara... E come pendant milanese, naturalmente, l'avvocato Mario Paggi. Ma in Emanuelli soprattutto il distacco, la melanconia, un apparente accasciamento che celava una passione letteraria fortissima, componevano un'immagine molto autentica di quello che una volta si definiva un vero signore o un gran signore. Non ha mai parlato una sola volta dei suoi libri e articoli. Ci conoscevamo pochissimo (stavo a Roma), ma fu lui a invitarmi al Corriere della Sera, fra il '66 e il '67. Un paio di colazioni al Savini, col direttore Alfio Russo, e affare fatto, con molta finezza e molta parsimonia. Russo teneva molto ai due piccoli «contornati» quotidiani che allora si usavano su parecchi giornali: polemica politica in prima pagina, costume culturale nella seconda. Vi si alternavano le cosiddette «grandi firme» (ma Spadolini li abolì subito al suo arrivo, trovandoli frivoli e leggeri). Avrei dovuto scrivere elzeviri, e il debutto fu a proposito di un Almanacco Bompiani sulle Muse e le Mode: il progetto di Emanuelli era di rinnovare e rivoltare quel vetusto «genere», come avevamo già fatto sul Giorno nelle pagine letterarie di Paolo Murialdi. Sulla «sua» pagina letteraria al Corriere appariva ogni tanto la misteriosa sigla «IR». Così per modestia Emanuelli firmava i suoi interventi: «IR» voleva semplicemente dire «Il Redattore». Alberto Arbasino

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