E Bergman disse cambiamo i Vangeli di Mirella Appiotti

14 IL CASO. Su «Panta» una sceneggiatura inedita scritta per la Rai, ma il film non vide mai la luce E Bergman disse: cambiamo i Vangeli Sorpresa a Venezia GESÙ' resta sullo sfondo. In primo piano ci sono Caifa, il sommo sacerdote; Livia, la bellissima moglie di Pilato; Giacomo, il più grande amico di Giovanni. C'è Maria di Magdala; c'è Simon Pietro, il grande rinnegatore. E, sul Golgota, Rufus (nei Vangeli non ha nome), il centurione romano, forse il meno cieco di tutti di fronte alla tragedia cui sta assistendo. Sono i personaggi che Ingmar Bergman aveva sbozzato, tra il '74 e il '75, in una trentina di cartelle mandate alla Rai come prima traccia di un film tv «sulla morte e resurrezione di Gesù e sulle persone che presero parte a questi eventi»: avrebbe dovuto realizzarlo per il primo dei due unici canali allora esistenti. Non se ne fece nulla. Al regista svedese è accaduto un po' come a Dreyer (i due grandi del cinema nordico profondamente coinvolti nel tema religioso). Anche Dreyer scrisse e mai girò il suo film su Gesù la cui sceneggiatura è stata pubblicata da Einaudi e portata in scena, proprio in quel '74, da Aldo Trionfo al Regio di Torino, protagonista un giovanissimo Branciaroli. Il testo dell'autore di Sussurri e grida è rimasto nel cassetto per 20 anni: densissimo, bergmaniano sino al midollo, ora è il pezzo forte di uno straordinario numero di Panta, la rivista della Bompiani pensata nel '90 da Tondelli con Elkann e la Rasy e allevata da Elisabetta Sgarbi: 618 pagine, da domani a Venezia, tutte inedite, in una singolare esplorazione degli intrecci tra cinema e scrittura affidata alla parola di 49 registi, i massimi (da Renoir a Bertolucci, da Godard a Reisz, da Renoir a Browning, da Kaige a De Oliveira e avanti). Ottimi frutti di una «caccia» guidata da Enrico Ghezzi che la presenta in una introduzione destinata a diventare l'ennesimo cult («il cinema come deposito smisurato di parole») e dove, tra molte «scoperte», il bottino più prezioso resta comunque questo Bergman che, pur fedelissimo al Vangelo, «cambia tutto». «E' un cambio di prospettiva - dice Elisabetta Sgarbi -, Bergman qui mi ricorda Saramago del Vangelo secondo Gesù, fa come Caravaggio, ribalta le posizioni, "rivela" i protagonisti attraverso gli "altri", comprimari, testimoni». E' così. Scrive il regista: «Nel racconto dei Vangeli sul dramma degli ultimi giorni e della morte di Gesù c'è un gran numero di personaggi. Durante il mio studio dei testi questi personaggi hanno gradualmente preso vita, trasformandosi da concetti fìssati una volta per tutte (stabiliti già nella mia infanzia) in persone viventi...» e con «un tratto in comune: sono tutti inconsapevoli di stare partecipando ad uno dei più terribili drammi dell'umanità...». Persino Maria che, dopo la morte di Giuseppe, è andata a vivere con un altro dei suoi figli, vicino a Gerusalemme e che, la mattina prima di Pasqua, «è nel pieno delle sue faccende» quando la notizia che Gesù sarà giustiziato «si abbatte su di lei. Stava per andare a fare il bucato...» ora «la cesta con la biancheria sporca giace accanto alle sue ginocchia. [Maria] prende una decisione: andrà a Gerusalemme per vedere con i suoi stessi occhi... Indossa il suo abito migliore...». Il mistero più grande annidato nei gesti quotidiani. Ma perché Bergman non ha fatto questo film per la Rai? Scrive il regista nella sua agenda il 13 aprile '74: «Ho detto addio al film su Gesù: è eccessivamente lungo e per le troppe tuniche e per le troppe citazioni...». Ma forse non è tutto. Gian Luigi Rondi ricorda benissimo la vicenda: «Ero amico di Ingmar e accettai di accompagnare a Stoccolma Emmanuele Milano, stretto collaboratore di Fabiani, direttore all'epoca del primo canale tv. Furono presi accordi precisi, c'era anche il titolo, Le ultime 7 parole di Gesù. Purtroppo poco dopo Fabiani andò via e nel cambiamento di gestione nessuno raccolse il progetto: tra l'altro Bergman non voleva girare in Terra Santa ma da qualche parte in Svezia, costava molto...». Così si è persa una grande occasione. Due anni dopo andava in onda il Gesù di Nazareth di Zeffirelli. Mirella Appiotti Rondi: «Non voleva girare in Terra Santa e la Svezia costava troppo cara»... Ingmar Bergman: un inedito su Gesù del grande regista. Sotto, la celebre «Deposizione» di Raffaello

Luoghi citati: Dreyer, Gerusalemme, Raffaello, Stoccolma, Svezia, Torino, Venezia