«In cella ho lottalo solo per le mie pecore»

«In cella ho lottalo solo per le mie pecore» Il pastore condannato per pascolo abusivo «In cella ho lottalo solo per le mie pecore» Imperia, concessi 3 giorni di libertà perché possa accudire il bestiame IMPERIA. Quando varca il portone del carcere, alle 15 in punto, si guarda intorno con fare un po' incerto. Tranne i cronisti e le telecamere, non c'è nessuno, neppure l'avvocato difensore, ad attendere Franco Argiolas, il pastore sardo finito dietro le sbarre per pascolo abusivo. Il suo gregge di 300 capi, tra pecore e capre, è rimasto abbandonato, lassù sul Monte Faudo, senza assistenza e con il pericolo degli incendi frequenti. E così, ad Argiolas sono stati concessi tre giorni di permesso dal giudice di sorveglianza di Genova, dottor Viarengo. Al bar, davanti a una tazzina di caffè, e con la sigaretta tra le dita, il pastore con- _ versa volentieri: «Sono contento di essere uscito, sia pure temporaneamente, però ritengo che non avrei dovuto finirci, in quella cella. I miei guai giudiziari sono iniziati tre anni fa. Me lo ricordo bene. Una signora grida che le mie pecore hanno invaso la sua proprietà. Le chiedo quali sono i confini, e lei ribatte: "Con te non voglio parlare"». Parlerà con i carabinieri, però, ai quali anzi sporgerà una denuncia. Comincia così una trafila lunga, che si conclude il 18 agosto, allorché, confermata dalla Corte d'Appello di Genova la condanna a tre mesi, inflitta dal pretore di Imperia, e sfumata, per un ritardo procedurale, la speranza in un ricorso in Cassazione, scatta la sentenza definitiva, e la polizia si presenta a casa di Argiolas. La convivente olandese del pastore lavora in un pub a Isolabona, non può occuparsi degli anima- Franco Argiolas li. Il gregge rimane solo, e i detenuti, compagni di Argiolas, segnalano l'episodio su «Oltre il muro», il giornalino del carcere. I giornali lo riprendono, e la storia fa rapidamente il giro d'Italia. «Se non fosse stalo per tutta la pubblicità che ho avuto, probabilmente adesso non sarei qui», sospira Argiolas. E prosegue: «Il carcere mi pesa, cerio. Ma ancor più mi spiace stare lontano dalle mie bestie. Ho sempre pensato soltanto a lavorare. E' una vita di sacrifici. Però mi piace. L'ho scelta io, sono venuto qui in Liguria dalla Sardegna proprio per questo: laggiù non ci sono buoni pascoli. Il mio tempo? Lo passo con le pecore. Non sono da lana, ma da latte, per fare le formaggette: con cento litri, ne ricavo una ventina. Il guadagno? Non è molto, ma per vivere mi basta. Mi accontento». ADolcedo, in casa, lo aspettano il fratello Dino e un paio di amici. Un saluto rapido e un bicchiere di birra, attorno al tavolo della cucina, per festeggiare il ritorno. In questo paese alle spalle di Imperia, malgrado tutto si trova bene: «Nessuno mi ha mai detto che la mia presenza non è gradita. Soltanto con un pugno di persone (tre, forse quattro), ho avuto qualche screzio. Perché dovrei andarmene? Lo farei solo se mi prendessero a fucilate. Resterò qui, è ovvio». Ma venerdì alle 15, se nel frattempo non sarà presentata (e accolta dal Capo dello Stato) la domanda di grazia, dovrà tornare in carcere. Stefano Delfino _ Franco Argiolas

Persone citate: Argiolas, Franco Argiolas, Stefano Delfino, Viarengo

Luoghi citati: Genova, Imperia, Isolabona, Italia, Liguria, Sardegna