«Voglio Marx in borghese» di Enrico Benedetto

il caso. Nel 76, per «impedire la ih guerra mondiale»: il produttore racconta il caso. Nel 76, per «impedire la ih guerra mondiale»: il produttore racconta «Voglio Marx in borghese» Rossellini, storia d'un film mancato PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Bisogna raccontare la vita di Marx per impedire una III Guerra Mondiale» esordì Rossellini. Il presidente Rai Paolo Grassi lo ascoltava perplesso. Nel '76 Karl Marx non era ancora un feticcio storico-culturale. E quel film che il celebre regista stava proponendo con fervido entusiasmo deve essere apparso dinamite pura al suo interlocutore. Perché l'obbiettivo avrebbe colto il Marx borghese, antirivoluzionario, filosofo ma non demagogo e ancor meno profeta rosso. La pellicola non vedrà mai la luce. Ma 18 anni più tardi il produttore Daniel Toscan du Plantier rompe il silenzio narrando sul Magazine Littéraire l'incontro con Grassi (c'era pure Claude Contamine, Numero Uno ad «Antenne 2») al quale fu presente. Ne emerge un Rossellini formidabile peroratore, che invoca una «rivoluzione semantica» sul marxismo e ritiene il cinema possa farsene l'araldo. «Marx sarebbe stupito che si osi uccidere in suo nome» dichiara: «Non gli interessa combattere la borghesia, bensì l'alienazione filosofica. Altro che occupare le fabbriche». Una lettura simile, lontana dal modello bolscevico e ancor più dalle idealizzazioni in chiave guerrigliera o terroristica fiorite negli Anni '60-'70 intendeva «salvare» il pensatore Marx, ma al contempo ridurne il carattere esemplare denunciandone le umane debolezze o ipocrisie. «Ma se rifiutò di concedere la figlia in sposa a un povero!» osserva Rossellini per convincere gli ortodossi irriducibili. La sceneggiatura - incompiuta - che stese nel '77 con Silvia d'Amico Bendicò è illuminante. Vediamo Marx insorgere con veemenza a un meeting dell'Internazionale quando gli oratori annuncia¬ no: «Bisogna prendere il potere». «Ma no!» grida. E in una sequenza zittirà il delegato russo che voleva scendere in piazza e sovvertire il sistema. «Lasciamo tali pratiche a chi aspetterà sempre un Messia...». Un galantuomo e l'Apocalisse Citazione non casuale. Roberto Rossellini realizzò proprio con Daniel Toscan du Plantier II Messia. «Gesù è un uomo che pronunciò davvero le parole attribuitegli dai Vangeli, ma poi la Chiesa ne aggiunse altre facendolo divenire una religione» diceva. Con il filosofo tedesco assistiamo, in fondo, alla stessa mistificazione. Rossellini desiderava spezzarne il meccanismo, mostrando come l'«onest'uomo Marx» avesse ben poco a che spartire con «le apocalit¬ tiche conseguenze della Guerra Fredda». Si proponeva ben altro: per esempio «cambiare la natura umana», impresa cui stimava fossero necessarie «innumerevoli generazioni». Pareri tuttora controversi, che tuttavia oggi nessuno studioso respingerebbe a priori. Ma il clima dell'epoca era assai diverso. «Le parole "marxista" e "antimarxista" - esclamerà in quel memorabile rendez-vous costituiscono l'alibi moderno per sbudellarsi. Eliminiamole, ristabilendo la verità: sono gli uomini a volersi massacrare vicendevolmente». Rossellini propone di sostituirvi un termine unico, imperialismo, ma con due accezioni opposte: la russa e l'americana. «Non c'è nulla da liberare, uccidersi gli uni gli altri rientra nella sessualità del mondo» termina. Anche il Berlinguer più ostile al socialismo reale avrebbe forse eccepito su una concezione «organica» simile, che liquidava i due poli Est-Ovest accomunandoli nella condanna. Rossellini non difende un qualche eurocomunismo, l'evoluzione democratica in seno ai pc nazionali qui parrebbe sembrargli non decisiva. Il falso idolo di cartapesta E' un idolo, semmai, che gli preme abbattere. Il Marx di cartapesta, il Gesù bolscevico su cui l'Urss specula per giustificare obbrobri e violenze. Anzi, a ben vedere sembra credere che per far ruzzolare il «socialismo scientifico» dal piedistallo occorra smitizzarne il fondatore. Mentre la storia opterà per il procedimento inverso. A Praga, Mosca o Berlino, i regimi esploderanno sotto il peso delle contraddizioni interne senza curarsi che Rossellini ne smascheri o meno il falso ideologico con un film rivelatore che invano, peraltro, gli spettatori d'oltrecortina avrebbero atteso sui loro schermi. Ma la sua testimonianza è comunque preziosissima. Lo slancio e perfino le eccessive ambizioni testimoniano una rara coscienza civile. Purtroppo Una vita di Marx - centrata sugli anni fra il 1835 e il '48, giovanili o quasi - rimarrà solo in abbozzo. Geniale, tuttavia. Nella «scena 36» che il Magazine Littéraire pubblica riprendendola dall'italiano Film Critica, Karl fa la conoscenza, salottiera, di Friedrich Engels. E 10 stupirà elogiando con fine ironia le leggi e l'ordine, «a meno che qualcuno pensi che la gravitazione universale sia una misura repressiva contro 11 moto». Enrico Benedetto la tesi del regista: «Non era un profeta della rivoluzione» E lo paragonò a Gesù Qui accanto: Marx e Engels con le famiglie. A destra: il regista Roberto Rossellini

Luoghi citati: Berlino, Mosca, Parigi, Praga, Urss