«Protestanti, giù le armi»
«Protestanti, giù le armi» «Protestanti, giù le armi» Taylor: ma dai cattolici temo tranelli IL CAPO PLONDRA ERSONALMENTE nutro una grande speranza e personalmente credo che l'azione dell'Ira, questa volta, sia onesta. Ma altri non la pensano come me. Il sospetto, dopo anni di sangue, resta: sono stato fra i miei elettori, ho sentito il polso di centinaia di protestanti. Sono tutti in favore della pace, ma la maggior parte nutre forti dubbi sulla sincerità di Gerry Adams e dei repubblicani. Cerchiamo di favorire il processo di distensione, dicono tutti; ma stiamo in guardia da tutti i possibili tranelli. Il rifiuto dell'Ira di dire che la tregua è "permanente" non può che suscitare apprensione: il governo britannico era stato molto chiaro su quel punto». John Taylor, 57 anni, è una delle voci più vigorose dell'Ulster protestante, che vuole mantenere i legami con Londra e che si oppone ai sogni cattoli- ci di riunificazione irlandese. Sulla breccia politica da 29 anni, cioè da prima che cominciassero i «disordini» nordirlandesi, è segretario del partito unionista e braccio destro di James Molyneux, che guida ai Comuni il più cospicuo drappello di deputati di quella provincia (9 su 17 sono unionisti). Sta vivendo, a Belfast, la svolta storica: il primo giorno da 25 anni senza bombe, senza sparatorie, senza incidenti. Ma vive anche, lui che nel 1972 fu gravemente ferito in un attentato, il conflitto di molti irlandesi fra speranza e scetticismo. Come spiega allora il passo dell'Ira? «Non aveva scelta, ha dovuto affrontare la realtà. Nella sua campagna militare l'Ira non è stata sconfitta, siamo noi i primi ad ammetterlo. Ma ha fallito: il suo obbiettivo, in questi 25 anni di violenza, era di cacciare gli inglesi dal suolo irlandese. Non ci è riuscita. E' ovvio che in questi ultimi anni si sia aperto, fra i simpatizzanti repubblicani e anche negli alti comandi dell'Ira, un profondo dibattito sul perché di quel mancato successo. Alla fine sono giunti alla nostra stessa conclu¬ sione: che non si può vincere con la forza e che, semmai, la comunità unionista era ancor più decisa a resistere. La lotta armata dell'Ira, insomma, si stava rivelando controproducente». Che cosa si aspetta nei prossimi mesi? «Che dopo un periodo di pace il governo awii colloqui esplorativi con le forze che hanno rinunciato alla violenza. E queste potrebbero benissimo comprendere il Sinn Féin, il braccio politico dell'Ira». Come spiega che i repubblicani stiano celebrando la tregua come una vittoria? Ritiene che abbiano ottenuto dietro le quinte particolari concessioni? «Qualcuno deve avere promesso qualcosa. Sicuramente Dublino, che ha sempre mantenuto un dialogo con il Sinn Féin e con l'Sdlp (il partito cattolico moderato che fa capo a John Hume; ndr). Ma è Londra, non Dublino, quella da cui l'Ira dovrà ottenere concessioni». Teme più vicina la prospettiva d'unificazione dell'Ulster con l'Irlanda? «Non se ne parla neppure. Lo stesso Sinn Féin accetta ora che una tale eventualità dipende da tutta la popolazione dell'Irlanda del Nord, sulla base del principio d'autodeterminazione. E la maggioranza è ancora contraria». Ma non c'è un recupero demografico dei cattolici destinato a capovolgere gli equilibri fra 20 o 30 anni? «Vent'anni fa l'Eire aveva il tasso di natalità più alto d'Europa. Nel 2000 avrà quello più basso. Anche i cattolici hanno scoperto la pillola, checché dica il Papa. Lo stesso sta accadendo nell'Ulster: negli ultimi tre anni le nascite cattoliche sono state inferiori al 50%, il recupero demografico si è arrestato». Ritiene che anche gli estremisti protestanti rinunceranno alla violenza? «Sarebbero pazzi se non lo facessero. Per tre motivi. Primo, non avrebbero più una ragione valida per le loro azioni. Secondo, in un Paese che vuole la pace si metterebbero dalla parte del torto. Terzo, entrerebbero in conflitto con le forze di sicurezza e quindi con il Paese per il quale dichiarano di combattere. Piuttosto, qualcuno mi sa dire se anche l'Inla (una propaggine oltranzista dell'Ira; ndr) ha dichiarato la tregua? Quando siederà al tavolo delle trattative con Gerry Adams? «Forse mai. Non so. Certo non muoio dalla voglia d'incontrarlo. Prima si faccia eleggere, si disfi di tutte le armi che ha ancora alle spalle; e solo allora sarò disposto a parlargli. Per un solo motivo: il bene dell'Irlanda del Nord». [f. gal.] Primo giorno di pace a Belfast: un soldato britannico scherza con i civili
Persone citate: Gerry Adams, James Molyneux, John Hume, John Taylor
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