«Occhetto lunedì il gran rientro» di Fabio Martini

«La sua stanza a Montecitorio è pronta, uno come lui ha il dovere di svolgere un ruolo nello schieramento progressista» «La sua stanza a Montecitorio è pronta, uno come lui ha il dovere di svolgere un ruolo nello schieramento progressista» «Occhetto, lunedì il gran rientro» Luigi Berlinguer avvisa: ilpds non basta più ROMA. Al terzo piano di Montecitorio la stanza per il gran ritorno è già pronta, mancano soltanto i libri e la cera ai mobili. «Sì, ho parlato da poco con Occhetto - racconta Luigi Berlinguer, presidente dei deputati progressisti - e credo che lunedì prossimo, alla ripresa dei lavori parlamentari, sarà qui tra noi, a lavorare...». Sembrava un esilio cupo. Forse definitivo. E invece no: Achille, ferito al tallone, è già guarito. E come tutte le prime donne reduci da una «stecca», Occhetto cambia palcoscenico: non più l'amato «Bottegone» con i suoi fantasmi, ma un ufficio della Camera, a due passi dal Transatlantico. E il primo squillo di tromba del gran ritorno, il segno che a sinistra si prepara una nuova stagione di effervescenza arriva proprio dal presidente dei deputati progressisti. Dice Luigi Berlinguer, cugino dell'ex segretario del pei: «Se i progressisti restano alla sola alleanza elettorale non c'è avvenire. Noi dobbiamo fare un altro passo avanti, creare un soggetto politico diverso, una confederazione dei progressisti. Con una propria organizzazione e propri dirigenti». Quella di Berlinguer - 62 anni, una vita da docente universitario, voto per Veltroni nella sfida con D'Alema - non è una proposta qualsiasi: è la richiesta di una nuova, radicale svolta. E' la prima «picconata» al quartier generale del vecchio partito. Onorevole Berlinguer, dopo la calma piatta di questa estate, a sinistra arrivano i cavalloni? «No, ma quello che abbiamo fatto fino ad ora non basta. Gli unici passi avanti li abbiamo fatti nel gruppo della Camera e con i sindaci delle giunte progressiste, che stanno lavorando bene. Il passo avanti manca nella sede politica, dove si continua a discutere e la forza di attrazione dei partiti è ancora eccessiva». E qual è l'idea nuova, il coniglio dal cilindro? «Finora la politica è stata gestita dai partiti, con le sezioni, le segreterie, i consigli nazionali, i leader. La partecipazione politica deve cambiare. Penso a una confederazione dove ci sia spazio per chi si batte per un solo tema, per le lobbies trasparenti, per i partiti ma anche per soggetti diversi dai partiti». Ma tutte queste realtà satellite esistono già oggi, quale sarebbe la novità? «Che la confederazione dovrebbe avere organi dirigenti centrali e periferici, una struttura stabile, permanente». Onorevole Berlinguer, ma in questo modo il pds per¬ de potere... «Certo, significa perdere parte della propria sovranità. Non significa sciogliersi, ma decidere: il pds deve capire se vuole crescere lui o far vincere l'alternativa». E visto che lei gli ha parlato, Occhetto condivide questo progetto? «Occhetto è stato determinante per la salvezza della parte di pei diventato pds ed è stato altrettanto convinto della necessità dello schieramento progressista. Mi auguro e penso che sia convinto a spingere oltre, a fare l'ulteriore passo avanti». Ma l'appello occhettiano al partito - se mi volete con voi, richiamatemi - è caduto nel vuoto. «Occhetto non ha bisogno di essere chiamato. E' un personaggio insostituibile, non se ne può fare a meno. Lui viene e fa. Naturalmente al suo livello». Come sta Occhetto? «E' molto sofferente». Già, ma pronto a tornare in campo... «Lui è un personaggio della storia italiana, è un uomo vitale, che ha il dovere di giocare un ruolo nello schieramento progressista e credo che una parte del suo lavoro lo svolgerà qui alla Camera». Con i popolari di Buttigliene siete ai «preliminari», non si capisce ancora se sarà amore. «Con loro, per ora, l'alleanza non può che essere tra diversi. Ma tra pds e popolari c'è il rischio di fare un accordo tra potenze, di un patto tra integralismi. I popolari devono stare attenti a non crescere soltanto sul cemento ideologico». Ammetterà che sia D'Alema sia Buttiglione sono portati all'integralismo, all'accordo tra potenze... «No, non penso che D'Alema sia integralista. Nel pds il rischio integralista non è legato ad una persona, ma alla forma organizzata e alla vita interna che non è molto cambiata dal passato». Insomma, tra pds e ppi non sente aria di nuovo compromesso storico, di accordo tra «potenze» dimezzate? «Se non si procede verso uno schieramento progressista, se non si supera l'integralismo, questo rischio è reale». Buttiglione si sta muovendo con cautela, ma è un intellettuale che ha collaborato alla stesura di encicliche papali: pur di accordarsi con i popolari, la sinistra farà proprie battaglie cattoliche? «Una preoccupazione infondata. L'opposizione in questi mesi ha trovato molti punti di accordo sui contenuti: sul lavoro, sulla solidarietà, sulla scuola, persino sulla famiglia». Non le sembra che voi fronteggiate il governo più litigioso della storia della Repubblica con un eccesso di attendismo, attenti soprattutto a non sbagliare? «Non è così. L'insoddisfazione che c'è in parte dell'opinione pubblica si manifesta in critiche come la sua, ma la verità è che da parte nostra c'è un'azione spesso elegante, non strillata, ma dura. Piuttosto la gente si aspetterebbe una proposta alternativa organica, capace oggi di diventare governo». E questo non c'è... «No, questo ancora non c'è». Onorevole Berlinguer, un voto ai primi due mesi di D'Alema segretario? «E' stato molto brillante. Però sono stati due mesi prevalentemente estivi, ora vanno sciolti dei nodi e dovremo lavorare insieme per risolverli». Insomma un voto non glielo dà? «Sì, brillante è un voto». Per capirsi? «Otto...». Non dieci? «Nella scuola tradizionale non lo prende nessuno». Igenii sì... Berlinguer ride: «I genii non esistono». Fabio Martini Luigi Berlinguer, capogruppo dei progressisti alla Camera

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