Il trenino bianconero arriva ancora in ritardo di Marco Ansaldo

Il trenino bianconero arriva ancora in ritardo Il trenino bianconero arriva ancora in ritardo TORINO. Bloccata in casa dal Chievo per 0-0 la Juve dovrà conquistarsi la qualificazione a Verona il 21 settembre. Ma intanto ha fatto i conti con i primi strali degli Agnelli, scettici sulla nuova creatura. «Spero che sia un allenamento per il secondo tempo. Decisamente non mi sono divertito», ha detto il dottor Umberto nell'intervallo. E pensiamo che abbia mantenuto fino in fondo lo stesso parere, nonostante la Signora abbia sfiorato il gol. Non c'è dubbio che il mese di ritardo annunciato sabato da Lippi ci sia tutto. E magari qualcosa in più. Le premesse erano così eccitanti che gli spettatori si contavano come a una assemblea di condominio, compresi gli undici tifosi del Chievo guardati a vista da tre carabinieri, nemmeno fossero la famiglia Riina. Si arrivava a quattro mila persone che la partita era già iniziata, benché nessuno se ne fosse accorto. L'avvio infatti era adeguato alla cornice spenta. Calcio spettacolo? Mah. Il Chievo che al deserto delle tribune ha una consolidata abitudine si sentiva a casa propria: quattro difensori in linea (che in certi frangenti diventavano cinque o sei), cinque centrocampisti e una punta. Alla Juve ci si accosta con reverenza quando si sale dal profondo di categorie paesane. Poi i veneti prendevano coraggio, dopo che al 17', Antognoli colpiva di testa e Peruzzi deviava contro il palo. Rispondeva la Juve al 23' con un'azione che portava Conte solo davanti alla porta, ma il tiro era forzato e sbilenco. A basso ritmo il Chievo, che è di tecnica grezza però ben sistemato da Malesani, controllava lasciando che gli juventini si infilassero in imbuti senza speranza o cadessero nel fuorigioco. Gioco da Prima Repubblica, nonostante i tentativi di allargare sulle fasce con Marocchi e Di Livio, i due mediani esterni. Ma c'è poco da cambiare se non ci si smarca e non si azzeccano tre passaggi di fila. Anche Baggio non si liberava e i suoi lanci non erano precisi, Sousa traccheggiava in tocchi da maestro di fandango, Deschamps (impiegato sulla fascia sinistra) non può essere diventato un creativo in Italia dopo essere stato per anni un buon faticatore di Francia. Insomma una Juvetta fischiata. Lippi, prostrato, immetteva la fantasia di Del Piero, al posto di Marocchi, che non era stato dei peggiori. Il giovanotto cambiava il passo di certe azioni, sulla sinistra la Juve aveva qualcuno che saltava l'avversario per liberarsi al cross. C'era un po' di pressione in più, che cresceva decisamente all'inizio del secondo tempo. Al 1' Ravanelli colpiva di testa, alto, da pochi metri; sfiorava per due volte il gol Conte (con una traversa al 17'), il più pericoloso, l'unico centrocampista che può offrire mia variante all'attacco bianconero, visto che i due stranieri stanno lontani dalla porta come se da un momento all'altro si materializzasse il drago delle favole. Cresceva l'incidenza di Di Livio, Del Piero aggirava la zona dall'altra parte. Sousa recuperava più palloni. Ma di gol neppure l'ombra, complice il portiere Zanin tempestivo sulle conclusioni di Conte e Di Livio e coraggioso nel bloccare Baggio in uscita al 37'. Al 40' respingeva una punizione secca del Codino, che allo scadere sfiorava un'altra prodezza. Marco Ansaldo

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