Ostaggi nella città dell'odio di Mario Ciriello

Un quartiere si chiamava «triangolo della morte» Ogni giorno i soldati dovevano conquistarlo Ostaggi nella città delPodio A colpi di stragi, divisi dalla fede IL LUNGO DELL'ULSTER LA pace arriva a gocce piccole e lente». Si è udito spesso, negli ultimi mesi, questo verso del poeta irlandese Yeats, premio Nobel 1923 per la letteratura, morto nel 1939. Lo ripetevano tutti coloro che continuavano a sperare nel «dialogo» avviato, nell'autunno '93, tra Londra, Dublino e Sinn Fein, il braccio politico dell'Ira: e ieri la loro tenacia, il loro coraggio e la loro fiducia hanno ricevuto uno splendido premio. Sì, la colomba della pace è forse scesa sull'Irlanda del Nord, la stessa candida colomba che, meno di un anno fa, aveva aleggiato su due «miracoli», l'incredibile trasformazione in Sud Africa e la trattativa fra Israele e palestinesi. Dopo 25 anni, un quarto di secolo, l'Ulster cesserà forse d'essere una ferita sanguinante alla periferia dell'Europa. Bisogna dire «forse», questa pace nordirlandese è ancora fragile, ci vorranno mesi, anni, perché metta radici robuste e durature. Ma finalmente si può sperare. Il domani fa meno paura: l'Ira sembra aver rinunciato all'uso della violenza e il conflitto è destinato ad evolversi, a «politicizzarsi», con risultati per ora imprevedibili, ma certamente positivi. Perché l'Ira ha abbandonato la lotta armata? La domanda si impone, in quanto né Londra né Dublino hanno fatto visibili «concessioni» agli irredentisti cattolici. Il futuro dell'Irlanda del Nord continuerà ad essere determinato, democraticamente, dalla maggioranza dei suoi abitanti, maggioranza che è adesso protestante e che tale resterà per parecchi anni, fino a quando non sarà forse scheggiata dalla maggior prolificità dei cattolici. L'Ira ha deposto le armi, perché ha finalmente capito che non avrebbe mai piegato gli inglesi. Non è stato facile per i suoi «falchi» accettare questa realtà, ma i fatti sono fatti. Dopo 25 anni, i soldati di Sua Maestà sono ancora lì, nell'Ulster, irremovibili: e i feroci attentati contro Londra e altre città inglesi non hanno incrinato mai la fermezza dei civili. Non meno infruttuose, le campagne del Sinn Fein per accrescere la propria presenza. In tutte le elezioni nordirlandesi, il Sinn Fein non ha mai ricevuto più del 10 per cento dei suffragi (quindi lo 0,2 nell'intero Regno Unito) e nell'Eire, la sua terra, soltanto il 3 per cento degli elettori gli tende ancora la mano. Sospinti anche dal governo di Washington, Ira e Sinn Fein hanno pertanto deciso di scendere nell'arena politica. E' una svolta storica. I protestanti sono furibondi. Si sentono d'improvviso più vulnerabili. Non fisicamente, ma politicamente. La lettura di queste notizie ha agitato la memoria di chi ben conosce il dramma nordirlandese. Anche questo cronista, come molti altri, ha passato lunghi periodi nell'Ulster, nei giorni più truci, nelle contrade più minacciose. Ed oggi mille ricordi affollano la mente. Ricordi tremendi, come i luoghi dei massacri, dove sovente il cronista arrivava, quando chiazze di sangue ancora coprivano il pavimento o le pareti. Non sempre i terroristi erano cattolici, talvolta erano protestanti, i due estremismi gareggiavano in ferocia. Lo si è visto negli ultimi due anni. Il 17 gennaio '92, una bomba dell'Ira uccide a Trebane otto operai protestanti; il 5 febbraio '92, un commando protestante ammazza, a Belfast, cinque cattolici; il 23 ottobre '93, pure a Belfast, l'Ira massacra dieci persone, in un rione protestante; il 30 ottobre 1993, gunmen protestanti mietono sette cattolici a Greystell e, nel giugno di quest'anno, ne uccidono altri sei, in un bar a Loughinisland. I giornalisti, a Belfast, alloggiavano all'Hotel Europa, trasformato, durante gli Anni Settanta, in una specie di fortilizio: ma anche lì non mancava¬ no i rischi. Varie esplosioni danneggiavano l'albergo e le finestre, con i loro vetri, rappresentavano una minaccia permanente per il giornalista, mentre scriveva o telefonava. Altri ricordi, soprattutto durante gli anni più bui, gli Anni Settanta. Le bombe dell'Ira nel centro di Belfast; le lacrime e le grida dei sopravvissuti; il Victoria Hospital, dove equipe mirabili tentavano di salvare corpi straziati; due ricordi in particolare affiorano nella memoria. Un avventuroso viaggio nel «triangolo della morte», sotto Armagh, dove l'Ira e l'e¬ sercito britannico si sfidavano incessantemente, per il controllo del territorio. E, nell'81, gli scioperi della fame, un'angosciosa saga. Dieci prigionieri morirono tra maggio e ottobre, dieci uomini dell'Ira rinchiusi nella Maze Prison, vicino a Belfast. Margareth Thatcher fu allora accusata di non aver fatto nulla per impedire il sacrificio dei dieci giovani, di averlo anzi voluto: ma in realtà non aveva molte scelte. Con richieste fittizie e ingannevoli, l'Ira voleva che i carcerati facessero parte di una special category; in altre parole, che fossero considerati prigionieri politici, una tesi inaccettabile per Londra. E così il 5 maggio, morì di fame il primo, Bobby Sand, e Belfast esplose, come un vulcano. (Andai a vedere la salma di Bobby Sand. Giaceva in un'angusta bara, aperta, deposta nel piccolo salotto della sua modesta abitazione. Un parente mi disse: «Non perdoneremo mai gli inglesi»). Soltanto il 3 ottobre, dopo il decimo morto, quando l'undicesimo prigioniero già agonizzava, l'Ira, sotto la pressione delle famiglie, revocò lo sciopero. Nel ripercorrere questi venticinque anni di storia, con i loro 3168 morti e le migliaia di persone che ancora portano i postumi di crudelissime ferite fisiche e psicologiche, qualsiasi osservatore si pone subito una domanda: di chi è la colpa? Di tutti, purtroppo. E' un crimine senza innocenti. La prima, primissima responsabilità risale ai protestanti, agli unionisti, che uno scrittore chiamò gli afrikaaner irlandesi. Fin dalla nascita dell'Ulster nel 1921, i protestanti, con l'appoggio di Londra, si valsero della loro maggioranza (sono ora il 57%) per imporre ai cattolici una pesante supremazia. Soltanto nel '69, i cattolici, stanchi di essere cittadini di seconda classe, iniziavano le loro coraggiose battaglie per i «diritti civili». Nell'agosto del '69, nel tentativo di mantenere l'ordine e di proteggere i cattolici dalle brutalità protestanti, Londra inviò nell'Ulster l'esercito. Accolti festosamente da ambedue le comunità, i militari inglesi si trovavano due anni più tardi sotto il micidiale fuoco di una risorta ira. Fu il risultato di un errore e di un dramma: dell'«internamento», frettolosamente deciso da Londra, e che colpì soprattutto i repubblica-. ni cattolici, nonché di Bloody Sunday a Derry, nel gennaio '72, quando paracadutisti inglesi ammazzarono tredici civili inermi. Cominciò così l'ascesa dell'Ira che, presto, stregata dal sogno di «liberare» l'Ulster dagli inglesi, si trasformò in un formidabile e spietato strumento di terrorismo. L'Inghilterra, sfidata, reagì alla forza con la forza, trascurò per anni ogni tentativo di dirigere il conflitto sul terreno politico. Ora tutti hanno forse imparato la lezione e così la colomba della pace ha potuto posarsi su Belfast. I pessimisti affermano che l'estremismo protestante non accetterà mai nessuna intesa. Ma stasera, per la prima volta, l'odio secolare che avvelena l'Ulster sembra esposto al vento della ragione. Mario Ciriello Un quartiere si chiamava «triangolo della morte» Ogni giorno i soldati dovevano conquistarlo In alto bambini in festa a Belfast A fianco un ironico manifesto di qualche anno fa con la Thatcher «ricercata per omicidio» [FOTO REUTERJ

Persone citate: Bobby Sand, Margareth Thatcher, Maze, Thatcher, Yeats