Attenti alla frutta d'importazione

Attenti alla frutta d'importazione Attenti alla frutta d'importazione Che si fa per ridurre i residui di fitofarmaci lari», cioè con residui superiori a quelli massimi ammessi per legge, che per il responsabile di Lega Ambiente costituiscono il 4,4 per cento su un totale di circa 8000 provenienti da tutte le aree produttrici mondiali, per il ministero delle Risorse agricole risultano pari al 2,5 per cento su un totale di circa 16.000 campioni analizzati, prelevati in aziende agricole italiane, sottoposte o no a lotta integrata. A proposito di queste percentuali di campioni irregolari vorrei fare, con intento costruttivo, alcune osservazioni. VORREI intervenire nel dibattito aperto da Tuttoscienze sui residui nei prodotti agricoli di fitofarmaci (preferisco usare questo termine d'origine greca piuttosto che pesticidi, infelice adattamento dall'inglese pesticides, che non ha nessun significato nella lingua italiana). Mi pare che sia il ministro delle Risorse agricole sia Donnhauser della Lega Ambiente abbiano dalla loro parte ragioni nel sostenere posizioni che, in realtà, sono meno contrastanti di quanto il secondo vorrebbe far credere. I campioni «irrego¬ 1) I valori, benché ancora troppo elevati rispetto a quanto tutti noi desidereremmo, sono però allineati con quelli in media riscontrati in tutto il mondo occidentale. 2) Anche se il segretario della Lega Ambiente non fornisce elementi sufficienti per valutare a quale livello si instauri la differenza tra i dati da lui riportati e quelli del ministero, mi pare di estremo interesse che lo stesso autore citi tra i campioni più frequentemente irregolari quelli prelevati da merci provenienti dall'estero. Questo è un elemento di cui sono ben consci tutti gli addetti ai lavori e che dovrebbe consigliare ai responsabili del settore commerciale e ai consumatori di rivolgersi sempre più a prodotti ortofrutticoli nazionali, di solito dotati di una migliore qualità complessiva. Mi pare necessario sottolineare che tra i campioni irregolari sono anche compresi gli impieghi «scorretti», nel senso che si è utilizzato, ad esempio, sull'albicocco un fitofarmaco autorizzato soltanto sul pesco. E' chiaro che l'impiego non autorizzato è da evitare, ma è altrettanto evidente che in questi casi le quantità di residui rinvenuti sono normalmente inferiori a quelle ammesse sulla coltura riportata in etichetta e quindi non possono essere giudicate pericolose per la salute del consumatore, almeno sulla base delle attuali conoscenze tossicologiche. Ancora due considerazioni che ritengo utili per risolvere alla radice l'annoso problema dei residui di fitofarmaci. La prima riguarda la necessità di incrementare la ricerca mirata all'impiego, nella difesa delle colture da parassiti e infestanti, di strategie di lotta alternative rispettose dell'ambiente e del consumatore. Non si può dimenticare quanto il ministero delle Risorse agricole ha fatto in passato in tale settore varando un piano quinquennale di lotta integrata, con l'obiettivo primario di ridurre l'uso di fitofarmaci. Questo piano ha dato risultati interessanti, ma andrà proseguito perché si tratta di ricerche assai complesse e a medio-lungo termine, su cui si impegnano i migliori gruppi di ricerca nel settore a livello nazionale. Non è questa la sede idonea per delineare i risultati più innovativi conseguiti, ma vorrei almeno citare quanto è stato ottenuto da un gruppo di ricercatori della mia facoltà. Partendo dall'obiettivo di eliminare i trattamenti fungicidi in post-raccolta, riducendo uno degli interventi più rischiosi, questi ricercatori hanno messo a punto un trattamento biologico (immersione della frutta in lieviti isolati dalla carposfera della frutta stessa e dotati di notevole attività antagonistica nei confronti degli agenti fungini di marciumi in conservazione), che pare fornire interessanti prospettive per un futuro impiego pratico. L'altra considerazione è legata alla mia funzione di preside della facoltà di Agraria di Torino. Questa facoltà, preoccupata di un impiego più consapevole e ridotto dei fitofarmaci - basta ricordare l'impegno profuso dal compianto professor Carlo Vidano nella lotta biologica ai parassiti animali - ha attivato a partire da questo anno accademico un diploma universitario (laurea breve) in «Difesa integrata delle colture». Si è ritenuto, infatti, che fosse primario l'obiettivo di preparare tecnici intermedi fortemente specializzati, a livello teorico e pratico, nel settore della lotta ai parassiti e perciò in grado di assistere con competenza e assiduità gli agricoltori. Non a caso la sede di tale diploma sarà Saluzzo, città che può a buon titolo essere considerata la «capitale frutticola» del Piemonte. La zanzara tigre, giunta dal Sud-Est asiatico, sta diffondendosi anche in Italia setticidi a bassa nocività, tenendo presente il forte insediamento urbano dell'insetto. Per i contenitori d'acqua dovrebbero bastare pochi cristalli di solfato di rame a rendere l'ambiente tossico per le larve. In stagni e laghetti un forte contributo alla bonifica lo danno pesci ed altri insetti, voraci predatori di larve. Metodo efficace ma più inquinante è quello di mettere un leggero strato di petrolio o nafta nelle pozzanghere. I liquidi oleosi occludono le appendici respiratorie delle larve che salgono per respirare, facendole morire per asfissia. Il ministero della Sanità ha ripetutamente invitato le autorità sanitarie portuali ad un aumento della sorveglianza su merci stoccate che possono raccogliere acqua piovana, specialmente su quelle che provengono da Paesi dove la Dengue è endemica. Va comunque ribadito che, al momento della schiusa, le zanzare tigre non sono infette; se non ci sono uomini o animali ammalati, il rischio sanitario è limitato alle pur fastidiose punture. Mario Valpreda Angelo Garibaldi Università di Torino

Persone citate: Angelo Garibaldi, Carlo Vidano, Donnhauser, Mario Valpreda

Luoghi citati: Italia, Piemonte, Torino