GLI HIGHLANDER DELLA MEMORIA

GLI HIGHLANDER DELLA MEMORIA GLI HIGHLANDER DELLA MEMORIA Carabba filtra la fantascienza SECONDO romanzo del giovane Carabba (classe 1966) dopo il successo di Jacob Pesciolini (Premio Calvino 1991 ), La regola del silenzio, è un sostenuto ed affascinante collage di moltissimi motivi della letteratura (e non solo...) fantastica, o, più direttamente, fantascientifica. Non mancano, nel medesimo filone, suggestioni cyber punk, o di realtà virtuale, adesso tanto alla moda. Ho detto collage per farmi meglio intendere alla prima, ma si tenga conto che si tratta di un materiale da Carabba perfettamente filtrato e interiorizzato, fino a riproporcelo in veste affatto personale. Raccontare la trama del romanzo sarebbe cosa ardua, considerato che si svolge su più fronti spazio-temporali; i suoi personaggi, sorta di meno tenebrosi highlanders, si spostano ad agio nella dimensione del tempo, con una punta massima di sessantaquattro secoli di «salto». Si parte da una Confraternita, la Confraternita del Silenzio cui allude il titolo, appunto; i membri, oltre ad osservare la regola principale, praticano ciò che viene definito «esercizio sociale della memoria»: «Ogni giorno, la mattina presto, si riunivano e, scrivendo, si raccontavano i propri ricordi. In realtà, dopo qualche anno, nessuno sapeva più quali ricordi fossero suoi e quali dei suoi compagni. Il passato, inavvertitamente, veniva messo in comune. Chi era convinto di aver avuto un tempo due sorelle, mentre era figlio unico; chi ripensava, struggendosi, alla prima ragazza che aveva amato, mentre gli erano sempre piaciuti solo gli uomini; chi pensava al padre di un altro come al proprio; chi, nel dormiveglia, rivedeva sua mamma con tredici facce differenti». Facile immaginare quel che possa derivare da una simile comunione di beni interiori: imbrogli di vario genere, finti o veri ricordi che passano dall'uno all'altro (vi rammentate il film Total Recali?; ma anche un racconto esemplare come Lost memory di Peter Philipps?) e che pongono l'intera Carabba pubblica da Einaudi «ìm regola del silenzio» narrazione sotto il segno di una spesso amara ironia. Non si pensi infatti che il romanzo si svolga all'insegna di un nero e talvolta faticoso divertìssement: direi invece che forte è in esso l'elemento tragicomico, derivante da una visione del mondo tutt'altro che pacificata. Determinante, credo, nell'ispirazione del testo, una ferrea volontà catartica, la tensione verso una supposta purezza originaria, anteriore ad una realtà ormai preda di ogni bruttura. Analizzata in quest'ottica, la narrazione è gremita di elementi simbolici e comunque sommamente significanti: a cominciare dal Vedix, farmaco miracoloso capace di fornire una vista temporanea; sì, ma di che genere? «Elena è un ammasso filamentoso di corpuscoli in movimento, nella pancia ha un groviglio arancione che pulsa lentamente. La verità è che le immagini vive sono le peggiori, fanno più schifo». (La storia del feto assassino, peraltro - «Mi ammazzerà» dichiara la suddetta Elena «questa cosa che ho dentro mi ammazzerà, se non l'ha già fatto» - è tema portante di un bellissimo racconto di Ray Bradbury, Small assassin - «Sto venendo assassinata», esordisce l'infelice madre -, Bradbury che è dichiaratamente uno degli autori a Carabba più affini). E c'è una donna con mano di scheletro (un trapianto riuscito...), una capra a tre gambe (il proprietario se la mangia a pezzi; ma la faccenda della coscia perduta - poi di un uomo ci seguirà per buona parte della vicenda), un gigantesco inceneritore e un mare di rifiuti, in cui nuoterà Serafino Mang in una delle scene finali; c'è un virus debellato grazie a collettiva liberatoria defecazione, e una tortura mediante scrittura «a vivo» sul corpo del torturato: vedi un po' alle volte da dove rispunta Kafka e la sua colonia penale! Idolina Landolf i Enzo Fileno Carabba La regola del silenzio Einaudi pp. 179, L. 22.000