Topolino cade sulle montagne russe di Enrico Benedetto

In due giorni i titoli hanno perso il 15%. Conti in rosso profondo, visitatori in calo In due giorni i titoli hanno perso il 15%. Conti in rosso profondo, visitatori in calo Topolino cade sulle montagne russe Un'ondata di vendite travolge Eurodisney in Borsa UN PARCO PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «A Eurodisney l'unica attrazione che funziona davvero sono le Montagne Russe», scherzano in Borsa. Basta osservare i grafici con le quotazioni del titolo. Impennate, tonfi, brevi requie per non infierire sui cardiopatici e poi giù, nuove discese scavezzacollo da percorrere a occhi chiusi. Il brivido che il grande parco parigino eroga con parsimonia ai sempre meno numerosi piccoli frequentatori lo spande in dovizia fra babbi e nonni azionisti. I quali, dopo una prima dose lunedì, anche ieri trovavano ad attenderli la loro brava razione di avventure. Ma senza il proverbiale lieto fine disneyano. L'azione che al lancio nell'89 - valeva 72 ff (massimo exploit, tre anni più tardi, 165) - ha chiuso su 9,10. Miracolata da un rialzo finale (la mattina era a 7,55). E già l'altro ieri aveva perso il 12,6 %. Minimo storico e capolinea (provvisorio) della corsa agli inferi chez Topolino. L'azienda esige dalla Cob - la Consob transalpina - un'indagine per individuare gli speculatori. Con 10 milioni di titoli che hanno cambiato tasca in neppure ventiquattr'ore, la vigilanza è doverosa. Ma gli uomini dal guadagno facile rimangono nell'ombra, l'istigatore ha già un none: Nigel Reed. Analista presso la Paribas Capital Market londinese, è l'uccellaccio del malaugurio più temibile che Eurodisney si ritrovi dinnanzi. Prima ancora che fosse possibile acquistarli, e malgrado l'ottimismo generale, predicava: «Quei titoli scottano, bisogna disfarsene». Da allora, la sindrome Cassandra ne fa un eurodisneyologo ascoltatissimo. Ebbene, venerdì scorso l'agenzia «Reuter» pubblica un'informazione confidenziale secondo cui il guru affermerebbe a quattr'occhi: «Il valore reale della cedola è franchi 1,60». Va- le a dire men che nullo. Sbruffonata? Per dirlo bisognerebbe attendere le cifre sulle frequentazioni estive '94. Ma il grande complesso turistico-alberghiero non le vuole scucire. Da Marne-la-Vallèe giunge solo un cupo silenzio-stampa. Rendezvous per novembre, non prima. La reticenza (e il rilevamento del direttore finanziario Michael Montgomery appena due settimane fa) lasciano presagire il peggio. I visitatori furono 9,8 milioni nel '93, una cifra già largamente deficitaria per l'immensa macchina Eurodisney la cui velocità di crociera in base alle rosee aspettative iniziali doveva situarsi fra 14 e 17. L'esercizio primaverile registrava un sinistro -6% (con perdite per oltre 400 miliardi già messe in bilancio), che gli sconti tariffari rendono ancor più amaro. Se Reed azzarda quotazioni non lontane dallo Zero - un suo caritatevole collega, Jean-René Bernes, suggerisce 4 ff - vi devono essere ragioni precise. Cioè una fuga di notizie sulle assai deludenti presenze effettive. Philippe Bourguignon poteva smentirlo, ieri pomeriggio. Ma l'amministratore se n'è ben guardato, limitandosi a dire: «Non considerateci alla stregua di un box-office cinematografi- co. Una ristrutturazione strategica come quella messa in cantiere produce risultati sul medio-lungo termine». E per uscire dal rosso, conferma, bisognerà aspettare quantomeno fino al '96. La crisi, insomma, non è ancora dietro le spalle. Le prospettive divengono anzi man mano più nere, a gran scorno degli istituti bancari creditori che sottoscrissero la recapitalizzazione pre-estiva. Unico motivo di sollievo per Eurodisney - si fa per dire - è il non essere più l'unica pecora nera in casa Mickey, macchia indelebile nel successo planetario che incontra la casa madre. Be', monsieur Bourguignon può esultare. In California roghi boschivi, terremoti e disordini sociali (a Los Angeles) tengono lontana la clientela dal primo Disney World. In Florida va ancora peggio. Tra gli autorevoli boicottatori troviamo - suo malgrado - Fidel Castro. Grazie al «lider màximo» la marea di esuli cubani in libera fuga verso Miami rende il litorale, sot- t'accusa anche prima per una massiccia criminalità da immigrazione, terra inaffidabile. O comunque ne compromette l'immagine presso il disneyofilo tipo (famiglie a mezzi, una tipologia che non bazzica invece - tra i francesi - Marne-la-Vallée). E in Virginia il Memorial Park della storia Usa non decolla: gli investimenti necessari sono enormi, ma oltre al imbardino di dollari da sborsare, l'impero Disney teme la guerra che storici e Verdi insieme portano avanti contro l'iniziativa. Aggiungiamoci pure le vicissitudini personali. Il «boss» - Michael Eisner - vittima di infarto, il suo vice Frank Wells muore in elicottero. E il terzo nella linea dinastica, Jeffrey Katzenberg che, forse per scaramanzia, lascia la «grande famiglia». Davvero la congiuntura non sembra propizia. Ci vorrebbe la lampada di Aladino. O altri sceicchi come al-Walid ben-Talal ben-Abdulaziz al-Saudi, che si dice interessato a rilevare Eurodisney acquistandosene il 25%. Ma l'atmosfera oggi è greve. Non rimane che aggiungere il Castello Disincantato alle altre giostre. Enrico Benedetto 18 24 giù.

Luoghi citati: California, Eurodisney, Los Angeles, Miami, Parigi, Usa, Virginia