L'incontro a Martha's Vineyard nella casa di un amico Domani i colloqui Washington-L'Avana di Paolo Passarini

Una cena cubana per Bill e Gabo L'incontro a Martha's Vineyard nella casa di un amico. Domani i colloqui Washington-LÀvana Una cena cubana per Bill e Gabo Clinton vede Garcia Màrquez, il mediatore WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Fidel Castro punta apertamente a trasformare i colloqui cubano-americani che inizieranno domani a New York per affrontare ^emergenza immigrazione illegale» in qualcosa di molto più largo. Il governo americano pubblicamente scoraggia questa speranza, ma, attraverso canali diplomatici e vaghi accenni nelle dichiarazioni ufficiali, ha fatto capire che se Castro ha qualcosa di nuovo da dire sul futuro della democrazia a Cuba sarà ascoltato attentamente. Attraverso una singolare esperienza, Bill Clinton può forse avere avuto alcune anticipazioni sulle intenzioni del dittatore cubano. Lunedì sera la famiglia Clinton, in vacanza a Martha's Vineyard, è stata invitata a cena dallo scrittore William Styron, un «insider» dell'isola che durante la vacanza dello scorso anno diventò buon amico di Hillary. Sorpresa: a tavola sedeva anche Gabriel Garcia Màrquez, vecchio amico di Castro e anche di Styron, che l'aveva invitato come ospite d'onore per la cena con i Clinton. Il premio Nobel colombiano è stato di recente a Cuba, dove ha usato la sua influenza su Fidel per far ottenere il visto di espatrio allo scrittore cubano Norberto Fuentes. L'autore di «Cent'anni di solitudine» mantiene stretti rapporti con Castro e solo pochi giorni fa aveva riaffermato la sua convinzione che si tratti di «un uomo molto colto, con alle spalle molte letture e un occhio attento a rilevare le contraddizioni». Non si sa ancora cosa Clinton e Garcia Màrquez si siano detti, ma secondo fonti dell'emigrazione lo scrittore avrebbe trasmesso al presidente americano un messaggio personale di «buona volontà» da parte del leader cubano. Ma si vedrà da domani a New York se ci sono già le condizioni perché tra Stati Uniti e Cuba si possa sviluppare un dialogo che vada al di là di un problema significativo ma contingente come il controllo del flusso degli esuli. Cuba avrebbe desiderato fin dall'inizio un'agenda dei colloqui che includesse la possibilità dell'embargo americano ultratrentennale che la strangola. Ma ha fatto subito buon viso a cattivo gioco, quando gli americani hanno rifiutato e, a dimostrazione dell'impegno con cui si avvicina ai colloqui, ha nominato un capodelegazione di alto profilo. Si tratta del presidente dell'Assemblea Nazionale Ricardo Alarcón, già ministro degli Esteri e per lunghi anni rappresentante cubano all'Onu. Alarcón, oltretutto, ha già trattato in passato con gli Stati Uniti i problemi dell'immigrazione. Si troverà di fronte Michael Skol, viceministro degli Esteri con delega degli Affari Interamericani. Il governo degli Stati Uniti non ha intenzione di offrire molto. In pratica rioffrirà di fare quanto si era già impegnato a fare in passato e non aveva fatto: permettere l'ingresso legale negli Stati Uniti a un numero di cubani vicino al tetto annuale concordato di 27 mila. L'anno scorso, attraverso i canali regolari, sono stati accettati 2700 cubani, il 10 per cento del tetto. In cambio Castro si dovrà impegnare attivamente a bloccare l'emorragia di profughi. «Granma», il settimanale ufficiale del regime cubano, ha salutato i colloqui con queste parole: «E' arrivato il momento di trovare attraverso le turbolente acque dell'oceano il necessario buon senso politico e la flessibilità che consentano a Cuba di coesistere con gli Stati Uniti senza interferenze, pressioni o aggressioni». «Speriamo - continuava «Granma» - che questo segno positivo costituito dall'apertura dei colloqui sull'immigrazione non si fermi lì ma apra la possibilità per affrontare problemi più ampi che riguardano il prossimo futuro, come quello dell'embargo». Mai accenno alle «turbolente acque dell'oceano» era stato più appropriato, visto il numero di cubani che hanno perso la vita nelle acque dello Stretto della Florida. La situazione è tutt'altro che sotto controllo. Il maltempo dei giorni scorsi aveva praticamente bloccato il flusso e gli americani cominciavano a sperare che, maltempo a parte, la minaccia di rispedire indietro gli esuli cominciasse a funzionare. Ma ieri, dal Malecón, il lungomare de L'Avana, si vedevano numerosissime zattere che avevano appena lasciato la spiaggia di Cojimar nella speranza di venir intercettate dalla Guardia Costiera americana prima di essere attaccate dai pescicani. Paolo Passarini Il governo americano offrirà di accettare la quota di immigrati concordata: 27 mila fÌ||P Con la fine del maltempo ricomincia l'esodo da Cuba: zattere fotografate mentre salpano dalla spiaggia di Cojimar, vicino all'Avana