«Macché rivolta Umberto ha preso troppo sole»

Rocchetta: «Mi fa pensare a Ludwig di Baviera nel suo mondo di sogni» Formentini: «Mai avuto sentore di insurrezioni» «Macché rivolta, Umberto ha preso troppo sole» SORPRESA A BERGAMO BERGAMO DAL NOSTRO INVIATO «Ce l'avevo sì, il fucile. A 8 anni, nel '45, sparavo già alle lucertole. Me l'avevano insegnato i tedeschi». Eccolo qui, cacciatori a parte, il leghista bergamasco in armi. Che Bossi pensasse a lui, ad Alessandro Sacristani, quando dalla Sardegna ha lanciato il grido: «Ce n'eran trecentomila pronti all'insurrezione armata»? Ride Sacristani, tuta blu e polo in tinta, avanti e indietro tra gli stands della quinta «Berghem fest», sagra del Carroccio di Alzano Lombardo, qualche chilometro dalla città, giusto un tiro di schioppo. Ride e minimizza, imbarazzato da quelle focose rivelazioni del senatùr, qui Dio in terra da sempre, che hanno spiazzato tutti i leghisti della Val Brembana, Seriana, Cavallina e anche più in là, da dove... Da dove un bel nulla, ripetono per l'ennesima volta dalla Questura di Bergamo, presa d'assalto dai giornalisti alla ricerca di una rivoluzione mancata, un tumulto, fosse anche una sassata. Parla il capo di gabinetto della Questura Tommaso Conte. Ogni due parole, una smentita: «Non risultano né rivo- luzioni, né screzi, né all'epoca dei fatti dichiarati dall'onorevole Bossi né successivamente, né da parte dei leghisti né di altre forze politiche». Possibile che nessuno sappia niente di trecentomila uomini armati? Gli abitanti della Bergamasca sono più o meno 900 mila, togliendo vecchi e bambini, uno su due in quell'86-87 che dice Bossi avrebbe dovuto prendere il fucile. E allora? Allora una parola definitiva la mette l'europarlamentare leghista Luigi Moretti, «io che ho portato la Lega a Bergamo», dice. E spiega, bellicoso: «Se noi decidiamo siamo pronti in 24 ore. Non in 300 mila, ma anche solo in 3 armati, non ci avrebbe fermato nessun leader della provincia di Varese». Non da Varese, ma dalla Sardegna dove ancora si trova, Bossi puntualizza, spiega, aggiusta il tiro, e cerca al telefono l'onorevole Moretti. Non lo trova, l'eurodeputato è a Bruxelles. E da lì lancia il suo veleno: «Bossi ha preso troppo sole, straparla e" offende i bergamaschi». Offesi alla «Berghem fest» proprio no. Increduli, forse. «Ma sarà vero quel che dicono i giornali?», si chiedono tutti tra i tavoloni dove sfrigolano le salamelle, fonde la polenta taragna col formaggio, frizzica il vinello rosso. «I leghisti di Alzano Lombardo salutano la presidente della Camera Irene Pivetti», recita un cartello di augurio alla terza autorità dello Stato. E da qui sarebbe partita la rivolta? Qui, come dice Bossi, sarebbero spuntati i cannoni e gli aerei? «E' che gli aerei sono a Ghedi nella base militare della bassa bresciana. Altre armi? Boh, quelle dei cacciatori», liquida svelto Angelo, barbetta e maglietta blu. Dal bancone della festa indica a tutti che «c'è il giornalista», ma poi si fa avanti e la butta sul pacifista: «Ma va là, va là, che la gente la guerra non la vuole». «Secondo me l'Umberto la sa lunga, la sua è una strategia per mettere tutti sul chi va là. Ma adesso che c'è Maroni all'Interno siamo noi che controlliamo loro», spiega sicuro Daniele Belotti, funzionario leghista. «Loro». E' la parola più usata tra le valli. Indica: lo Stato statalista, i teruni, gli extracomunitari che tornino al «loro» - appunto - paese, i segretari comunali «che qui son troppi quelli di Napoli», e gli altri «che qui noi si lavora e gli altri guadagnano». «E' che i bergamaschi sono un popolo di lottatori. E Bossi vuol dire che la rivolta sarebbe scoppiata da qui, se mai ci fosse stata», analizza il giovane funzionario, polo rossa e giubbotto. Si chiede: «La rivoluzione se no la facevano i milanesi? E con cosa? Con i telefonini?». Poi si risponde: «Mi sa che se non c'era la Lega qui saltava fuori l'Ira, o l'Età». Pace e bene, vuole il popolo leghista delle valli. Anche a Cene, dieci chilometri (o due tiri di schioppo) da qui. Primo comune d'Italia con giunta e sindaco leghista, 3500 abitanti, la sede della Lega di fronte al Municipio, il bar più in là, appena dopo la chiesa. E dietro il bancone c'è Renato Bazana, vice sindaco barista. «Sono diventato leghista per rabbia contro la burocrazia», dice subito. Vuoi vedere che... E invece no. Spiega il vice sindaco: «C'era, c'era la rabbia contro Roma, ma da lì a prendere le armi... Il fatto è che qui tutti pensano al lavoro, si sentono derubati, brontolano brontolano ma stanno buoni. E poi guardi che gli extracomunitari li picchiano a Roma, al Sud, mica da queste parti». Nessuna rivolta di popolo, da questi parti. Lo giura anche monsignor Andrea Spada, da sempre al timone dell'«Eco di Bergamo», im- portante quotidiano cattolico e osservatorio della zona. Dice: «Il mio giornale ha più di 100 anni, possibile che non sia arrivata nemmeno una segnalazione, una piccola voce? Trecentomila vuol dire tutte le valli, non sono noccioline. Bossi dice tante cose, ha detto anche questa, mi sembra ridicola». «Ma sì, Bossi fa per dire», spiega Elvira Bortolotti, impiegato ài comune di Cene, cugino del sindaco, adesso pausa caffè. Spiega: «Voleva solo dire: noi facciamo il nostro lavoro, che lo facciano anche gli altri. Qui non siamo in Alto Adige che mettono le bombe». Poi si ferma, smette di girare il cucchiaino e spara: «Certo che allora qualche bastonata a Craxi e Andreotti...». Fabio Potetti «Nell'87 a Craxi eAndreotti avremmo dato solo qualche bastonata»