Nella gabbia del Jeò

Mìa gabbia del Jeò quelli del villaggio. Come resistere ai «Gentili Organizzatori» e vivere felici Mìa gabbia del Jeò CORFU' IPSOS I L Jeò, che non è un geoI metra ma un Gentile OrI ganizzatore del Club AJ Mediterranée, piomba trafelato nella hall della Malpensa. Ha le dita alzate alla maniera di Churchill. Per la comitiva, in attesa da due ore, non sono certo un segno di vittoria. «Scusate il ritardo: due ore di coda fuori Milano». «G.O.» (si legge Jeò), sono gli atletici giovanotti e le floride ragazze che animano le giornate del Club. «Specialisti in felicità», si autodefiniscono. A loro è affidato il benessere e l'allegria dei «G.M.», i Gentili Membri. «Oui, je suis un Gentil Membre», bisbiglia alla moglie un signore stempiato, sulla cinquantina. E via con il classico gesto del braccio a ombrello. Ha il viso largo, gli occhi chiari sono due fessure che ridono. Un sorriso ruspante alla Ugo Tognazzi. Guarda con aria furba la moglie, forse sbotterà nel famoso «elamadonna!». «Arréte toi Alain», dice lei indicando la bambina più in là. C'è chi in vacanza lotta con la mogbe, chi contro un pesce gigantesco, chi con l'amico tennista o con il mangianastri del vicino di tenda. Le vacanze di Alain sono un testa a testa con i Jeò. Niente di personale, per carità. Gli animatori del Med sono tutti giovani, cantano, ballano, fanno acrobazie e spettacoli la sera nell'anfiteatro. Fa piacere guardarli. Nei club più spregiudicati, come quello di Corfù Ipsos che stiamo per raggiungere, qualcuno di loro (maschi compresi), fanno anche lo spogliarello in discoteca. I Jeò ti indicano il posto a tavola, ti arruolano nei gruppi di gioco, ti fanno festa quando arrivi e quando parti. La sera, giunti al Club, davanti ai fari del pullman ne sono sbucati una trentina, in maglietta bianca. Applaudivano. Siamo scesi tra gli osanna, imbarazzati. Avremmo dovuto avere tra le mani una coppa, che so, un trofeo, dei fiori. Queste cose si vedono solo in tv, con le attrici e i campioni sportivi. Alain è sceso lentamente, si è trovato davanti Rashid, simpaticone forzuto dai lunghi capelli neri. Lo fissava raggiante. Ha subito capito da chi doveva girare alla larga. In questo super-campeggio splendidamente attrezzato, arredato, pulito, allegro, immerso nella natura (si dorme nei fare polinesiani, in un bosco di olivi centenari), Alain cerca semplicemente la tranquillità. Figlia, moglie e amici adorano le mille distrazioni del Club. Il primo giorno, ad esempio, alle 9,30 si può fare «risveglio muscolare», «body conditioning» e «step» con Frida; alle 11 rock'n'roll con Arnaud, alle 11,30 ginnastica acquatica, a mezzogiorno sci nautico con Samos, alle 13,30 «giochi-caffè» con Diego, alle 14 lezione di sirtaki; mezz'ora dopo c'è il torneo di ping pong e alle 15,30 ginnastica acquatica. Alle 16 riecco Frida e il body building, alle 16,30 tennis con Bruce e alle 18 concerto di musica New Age e calcio con Franck. Alle 19,15 show di sci nautico. Dopo cena concerto jazz, discoteca e G.O contro G.M. nella finale del torneo di pallavolo. Per non sbagliare, Alain è corso in spiaggia armato di libro, stuoia e materassino. Non che sia cieco di fronte ai piaceri della vita. Davanti a una bella ragazza nota e commenta le belle gambe diritte che arrivano «fino a lì». Ma Alain non sogna di trionfare in un torneo di calcio-tennis-sci d'acqua. Non vuole tirar tardi la sera in discoteca. A Corfù-Ipsos, dove tanti cercano l'anima gemella per una settimana o due, lui arriva «decontracté», attrezzato con walkman per seguire il Tour de France e un libro. E' l'opera più bella, dopo l'Odissea, che sia mai stata scritta su Kerkyra, l'isola dove Omero fece incontrare Ulisse e Nausicaa. Lo leggeva in aereo, è La Grotta di Prospero di Lawrence Durrell, inglese in fuga da una madrepatria di macchine e operai che fra le due guerre trovò il suo Puerto Escondido nelle estati indolenti di Corfù: una casa bianca sulla baia, le rocce, la collina coperta di olivi, lecci e cipressi, il mare greco e i suoi miti, le conversazioni colte all'ombra dei pergolati e ai tavolini del caffè, spiluccando olive e sorseggiando vino aromatico. Con una lettura così si può ben resistere all'assedio dei Jeò e godersi il sole e l'acqua «che sa soltanto di caldi pomeriggi, dell'alito delle cicale, dei venti pigri che increspano l'indolente mare, disteso fino all'Africa, blu come la morte, eterno». Corfù ha respinto i turchi, ha visto i pirati illiri, gli spartani, i vandali e i goti. I Jeò, in fin dei conti, non ti mangiano mica. La mattina, in riva al mare, il colpo d'occhio è portentoso: una giostra di Ken e Barbie abbronzatissimi, i Magalì-Pierre-Sachà si rincorrono festaioli. Un popolo di tutte le nazionalità (francesi, italiani, tedeschi, olandesi, svedesi, belgi, israeliani, spagnoli, greci e inglesi), in «movida» profumata di creme solari e eucalipti, tra le palme e gli oleandri fioriti. Di fronte si vedono le coste albanesi dell'Epiro, dietro il bosco di olivi disseminato di fare. Sul mare sfrecciano motoscafi: un signore sugli sci d'acqua tenta il salto del trampolino, perde l'equilibrio e crolla alzando una nuvola di spruzzi. Dietro ad altri due motoscafi tre Jeò sventolano bandiere con il tridente del club. In cielo altri tre volano appesi ai paracadute trainati da motoscafi, con un fumogeno legato alla caviglia che riempie la spiaggia di fumo rosso. Sta arrivando un caicco con decine di nuovi Genti- li Membri, i Jeò li salutano con uno spettacolo terra-aria-mare degno dei film di James Bond. Alain osserva in disparte. I suoi sport preferiti, fin dal primo giorno, sono due: individuare i sosia (ha già scoperto una Mireille Mathieu, un Walter Matthau, un Vaclav Havel, un albino fotocopia di Rutger Hauer, due Burt Lancaster, un tedesco-Bossi e un belga incrocio tra Mickey Rourke e Johnny Dorelli) e contare le vittime dell'agonismo sportivo che regna nel club. Manager e impiegati, dopo un anno di ufficio, si buttano a corpo morto nelle gare. Il risultato è braccia al collo, collari gessati e stampelle, caviglie e spalle lussate, polsi slogati, cervicali ammaccate. Guglielmo, un signore di Reggio Emilia, racconta di quello che il giorno prima si è lanciato in barca a vela ed è stato ripescato un'ora dopo dal motoscafo, con la barca capovolta. E delle due in regata che per poco non lo decollavano con il catamarano, mentre faceva il bagno a dieci metri dalla riva. Da un altoparlante escono le note di California dreaming (in onore di Gregg, statuario capo villaggio californiano di Santa Cruz: biondissimo, altissimo, un vero beach boy). Alain si alza di scatto e va verso il mare: da lontano è comparsa la sagoma di Rashid. Il Jeò si avvicina a Guglielmo, che legge il giornale: «Mi chiedevo - sorride - se quando hai finito di leggere vuoi fare dei giochi...». Ha già reclutato una ventina di tedeschi e olandesi massicci, che tirano una corda e corrono dietro a palline da tennis e palloncini. Il Jeò-arbitro continua a ripetere: «C'est parti, mais c'est pas fini». «No grazie - risponde Guglielmo - sto per andare a fare il bagno». A 50 metri dalla riva passano due motoscafi stracolmi di gente ululante che si mostra i pugni. Stanno giocando. Al ristorante, davanti a un'esagerazione di spaghetti, cannelloni al forno, pesce, specialità greche, yogurt, souvlakìa, miele, gelato, mandorle e melanzane, scopriamo che Alain è stato in Africa per 15 anni a insegnare francese. Ora insegna italiano nel Midi, ma ricorda bene Costa d'Avorio, Gabon, Mali, Nigeria. In Africa non è mai più tornato: «Sono il tipo di persona - dice citando Durrell che una volta partita evita di ritornare per paura di rimanere deluso. Ma ci mando degli altri, per poi interrogarli avidamente. E' comprensibile, quando in un posto ci si passa la giovinezza». Per esorcizzare la nostalgia racconta di quando un famoso cuoco di Abidjan cacciò dal ristorante un ministro: aveva confuso il suo «foie gras» con un volgare «paté de foie». Poi era stato a sua volta espulso dal Paese. Buon parlatore, come tutti gli insegnanti, Alain descrive i bambini che arrivavano in aula senza scarpe e se le mettevano prima di entrare. O le contùiue processio¬ ni al gabinetto durante il ramadan: poiché non si può inghiottire la saliva, dovevano andarla a sputare. Allora si faceva lezione fuori, sotto la grande acacia. All'uscita il Jeò Diego, quello dei giochi-caffè, tenta di coinvolgere Alain negli scherzi al bar: quiz, trucchetti e piccole burle. Niente da fare. Alain non farebbe mai cose come ballare o partecipare a giochini idioti, che danno, dice, «l'air d'un con», l'aria di uno stupido. Sorseggiando il caffè decidiamo invece che il giorno dopo, 14 luglio (data speciale per il Club, si festeggia la Rivoluzione Francese), si andrà a visitare la capitale Corfù. Anche il Med organizza un'escursione, ma affitteremo un motorino e andremo per conto nostro. Per una mattina si evade dalla prigione dorata del Club. Corfù è dominata da due possenti fortezze veneziane. Isolachiave dell'Adriatico, fu un punto strategico per la difesa della cristianità. La occuparono anche i francesi e gli inglesi: su un lato della Splanada, la piazza principale, corre un porticato costruito dagli ingegneri transalpini. Della cultura inglese, che Durrell descrive «tutta ghette, favoriti, crinoline, copriteiera e guantoni, dignità e incompetenza, dichiarazioni d'amore tra i cipressi e discreti picnic tra gli oliveti, sportsmen con il viso scottato dal sole, pronti a partire per l'Albania», non resta più nulla. Ma sul prato della Splanada, ogni fine settimana i corfioti giocano a cricket. Ancora più inutile cercare i giardini di Alcinoo o il punto in cui naufragò Ulisse: dal promontorio di Kanoni, che domina la baia dei Feaci, l'occhio spazia sulla pista dell'aeroporto, costruita in mezzo al golfo. Proprio sulla Splanada incontriamo Gregg, che svetta su un gruppone di Gentili Membri. Ci saluta, gentile: «Be careful, qui guidano crazy, cose da matti». Si gira e rientra nel gruppo. Alain li osserva con malcelata perplessità. Chissà se andranno a salutare San Spiridione, il patrono dell'isola? Il Venerabile giace nella sua chiesa, fra le icone, in una cassa d'argento. In un'altra basilica c'è anche l'urna d'argento con il corpo mummificato di Santa Teodora, imperatrice bizantina le cui reliquie vennero portate qui perché non cadessero in mani infedeli. Indossa pianelle fastosamente ricamate, un prete dalla lunga barba è sempre lì vicino, in preghiera. Al rientro in spiaggia, ci troviamo in mezzo a un assalto simulato alla Bastiglia. Si festeggia la Rivoluzione, alla moda del Club: Liberté, égalité, frivolité. I Jeò si contendono una fortezza di cartapesta galleggiante, lanciandosi razzetti che lasciano nuvole di borotalco. Hanno parrucche di boccoli bianchi e vestiti d'epoca. Il finale è un gran bagno collettivo, la Marsigliese trionfa da un altoparlante. Dopo la «cerimonia», tutti a brindare in teatro. Da lontano ci appare una gran mischia che onde a avvolta dalla musica. Alain acilla: «Non si ballerà mica? Sono pronto a una ritirata strategica». Niente pericolo, è solo musica di sottofondo. Si possono assaggiare i cocktail patriottici rossobianco-blu, a base di arancio, cocco e curagao. Due signore ridono rumorosamente. Alain sfodera l'aria distinta che assumeva all'ambasciata di Abidjan. C'è anche Rashid, che lo osserva: forse pensa che proprio non è capace a divertirsi. Dopo cena, gran finale del concorso canoro. Partecipa anche Justine, la figlia di Alain. In attesa, la spiaggia offre l'ultima performance dei Jeò. Nel buio assoluto, la baia si illumina di fuochi, mentre ognuno di loro, con fiaccola e perizoma bianco da atleta o peplo da vestale, si immerge nell'acqua e danza in riva al mare. Nell'anfiteatro l'atmosfera è meno sacrale: motivetti estivi e tanta disco-music. Violini e tamburi, i concetti più pregnanti sono Ifyou set me up e What's your nome, what's your number?. Quando tocca a Justine, si sentono le note di una canzone italiana, dei Nomadi. La voce è dolce come quella di Augusto Daolio: «Io un giorno crescerò/ e nel cielo della vita volerò...». Alain sorride e applaude. Si gira e incrocia lo sguardo di Rashid. Anche il Jeò sorride. Alain gli strizza l'occhio, con un'espressione impossibile da descrivere, se non si vuole fare cattiva letteratura. Carlo Grande Testa a testa tra il «GM.» Alain e il «G.O.» Rashid Liberté, égalité,frivolité: basta un libro per fermare la «movida» Profumi, canzoni donne di sogno e miti greci nell'isola di Ulisse e Nausicaa La casa in riva al mare a Corfù dove visse lo scrittore L. Durrell. Sotto, una spiaggia a Ipsos v Nel disegno, i «fare» polinesiani che si trovano in alcuni villaggi turistici