De Lorenzo resti in cella di Fulvio Milone

// gip che non fece arrestare Dell'Utri I giudici del riesame: l'ex ministro ha «una capacità criminale di eccezionale rilevanza» De Lorenzo resti in cella» « / magistrati: è schiavo del dio denaro NAPOLI. Dieci pagine dattiloscritte, un lungo elenco di accuse roventi per dire che, per ora, Francesco De Lorenzo può togliersi dalla mente la libertà. L'ex ministro dovrà vivere in una cella del carcere di Poggioreale fino a novembre, quando scadranno i termini della custodia cautelare. I giudici del tribunale del riesame, ai quali si erano rivolti i suoi avvocati, non hanno usato mezzi termini: «Sua Sanità», dicono, è troppo pericoloso per tornare in circolazione. L'uomo che sosteneva di aver dato un volto nuovo al partito liberale e di voler rivoluzionare il vecchio e asmatico sistema sanitario italiano viene descritto nell'ordinanza come un bandito della peggiore specie. La carica di ministro, per lui, sarebbe stata solo «un ottimo e comodo viatico per consentirgli di esprimere al meglio le sue qualità criminali». E questo è solo un assaggio dei giudizi espressi nella sentenza. Quelle dieci pagine sono farcite di frasi che suonano come staffilate sul volto di «Sua Sanità», che deve rispondere di novantasette capi di imputazione e di reati gravissimi come l'associazione a delinquere, corruzione e istigazione alla corruzione, violazione della legge sul finanziamento dei partiti, false fatturazioni e altre infrazioni in materia fiscale. A De Lorenzo vengono attribuite di volta in volta «una capacità criminale di eccezionale rilevanza» e una «spicca- tissima inclinazione a delinquere». Tutto in nome, concludono i giudici, «del dio danaro». A nulla sono servite le argomentazioni dell'avvocato Gustavo Pansini, che aveva chiesto per la quarta volta la libertà per il suo cliente. Secondo il tribunale, i presupposti per tenere in carcere l'ex ministro ci sono tutti, o quasi: De Lorenzo, una volta libero, potrebbe ancora inquinare prove e condizionare testimoni e, soprattutto, tornare a commettere gravi reati. Inquinamento delle prove. I giudici ricordano come, nel pieno dell'inchiesta su Tangentopoli, l'ex ministro si fece in quattro per cancellare indizi e prove a suo carico: «Risultano accertati molteplici e significativi episodi di avvicinamento da parte sua e del fratello Renato di imprenditori e professionisti coinvolti nelle indagini, per concordare una versione dei fatti di gradimento dell'indagato. Inoltre lo stesso Renato De Lorenzo ha ammesso di aver aiutato il fratello a distruggere la documentazione compromettente». Come se non bastasse, De Lorenzo ha ammesso poco o niente delle sue responsabilità. Al contrario, «nel corso dell'ultimo interrogatorio ha solo parzialmente e genericamente confermato alcuni fatti storici, negandone i profili penalmente più rilevanti». Ancora: l'ex ministro «ha interesse ad ottenere, proprio in vista dell'esito finale delle indagini, testimonianze a lui favorevoli e conformi alla sua versione dei fatti». I reati. E' il tasto sul quale la difesa ha insistito molto: De Lorenzo può tornare in libertà perché, non ricoprendo più alcun incarico pubblico, non può commettere di nuovo i reati che gli vengono contestati. I giudici, però, sono di tutt'altro avviso. Spiegano che non bisogna essere necessariamente un ministro per rendersi responsabili di as¬ sociazione a delinquere, e proseguono tracciando un ritratto inquietante dell'indagato: «La personalità emerge in tutta la sua negatività dagli atti processuali... Fu proprio l'avvento di De Lorenzo a istituzionalizzare la corruttela nell'ambito del Cip farmaci, trasformando quell'organismo pubblico in una vera e propria consorteria». «Sua Sanità», dunque, avrebbe trasformato il Cip in una sorta di industria della tangente. Ma il tribunale rincara la dose: «La ipotizzata stabilizzazione di un così vergognoso meccanismo, indice di estremo dispregio della cosa pubblica e degli interessi del Paese, la capacità di asservire uomini e imprese, l'arricchimento perseguito con furbizia, la mistificazione e la spregiudicatezza sono tutti elementi che evidenziano una capacità criminale di eccezionale rilevanza e una spiccatissima inclinazione a delinquere». Un'«inclinazione» che, se l'ex ministro tornasse in libertà, potrebbe pregiudicare l'inchiesta ancora in corso. Così dicono i giudici, i quali insistono sull'«esistenza di una rete di rapporti sociali che il De Lorenzo ha in Italia e all'estero». Rapporti che, «seppure indeboliti dalla veste di privato cittadino dell'indagato, non si sottrarrebbero alle regole di una solidarietà tanto più forte quanto più è stata ingaggiata in nome del dio danaro». Fulvio Milone w • L'ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo

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