Priapismo il grande male di Paganini

Priapismo, il grande male di Paganini La verità nei documenti ritrovati a Parigi: si curò con l'omeopatia ma sedusse anche la moglie del medico Priapismo, il grande male di Paganini Bastava uno sguardo femminile a provocarlo BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quando, nell'ottobre del 1837, fu costretto a cancellare una prima molto attesa dagli ammiratori parigini, Nicolò Paganini era allo stremo: grave infiammazione alla trachea, annunciarono gli organizzatori del concerto. In realtà, il violinista italiano stava consegnando la sua genialità estroversa a una malattia multiforme, esuberante: un male di mediocri proporzioni, forse, ma dall'intensità bruciante e dalle vaste mutazioni lo tormentava fin dalla giovinezza, e non l'avrebbe più lasciato. Tosse dolorosa e furente, certo, come la sera della «prima» parigina. Ma non solo: gli accessi, strazianti, si accompagnavano a febbri fortissime e improvvise, all'enuresi notturna e a una incresciosa e dolorosa forma di priapismo. «Bastava uno sguardo femminile a provocarlo», rivelano documenti ritrovati di recente in un archivio parigino, che la rivista Damals rende ora noti. Acciacchi riconducibili, tutti, alla personalità eccentrica e nervosa del musicista genovese? Malanni esasperati dal timore stesso d'ammalarsi che, soprattutto in età matura, parve tormentarlo? Anche dopo l'esame dei documenti parigini i dubbi restano, e una cosa soltanto pare certa: dei grandi ammalati della storia, Paganini è fra i più tenaci nella sovrapposizione quasi geniale di indisposizioni, malesseri, malori. Il più abile a confondere farmacisti e medici, a seminare dubbi fra le decine di esperti che l'ebbero in cura. Fino all'incontro con l'omeopatia. Esercitava a Parigi, in quegli anni, il fondatore stesso della disciplina: il medico tedesco Samuel Hahnemann, che nel 1790 aveva formulato il cosiddetto «principio di somiglianza» sul quale si fonda la terapia, e che vent'ànni dopo aveva pubblicato il suo capolavoro, L'organo della terapia razionale, considerato ancora oggi in Germania «la Bibbia dell'omeopatia». Hahnemann, già ottantenne, aveva molti estimatori e clienti nell'ambiente artistico francese. Il romanziere Eugène Sue, lo scultore David d'Angers, cantanti e musicisti dell'Opera frequentavano regolarmente il suo studio al numero 1 di Rue de Milan. Qualcuno di loro, forse, accompagnò Paganini, un eiorno d'autunno del 1837. La prima relazione di Hahnemann e di sua moglie Mélanie, che l'assisteva, parla di un uomo provato dalla vita: tutto gli era diventato faticoso, difficile, frustrante. Suonare il violino lo affaticava e lo snervava. Nel sonno non trovava riposo, i sogni lo terrorizzavano, il priapismo lo tormentava: da qualche tempo anche la diarrea lo affliggeva, e nell'urina c'era del sangue. Al termine della prima visita, Hahnemann gli prescrisse una terapia a base di zolfo: una soluzione molto diluita, «una goccia in 30 bicchieri d'acqua» da agitare senza fretta. Le dosi erano rigorose: un cucchiaio da caffè ogni sera e per quattro giorni, stando sempre attenti che la quantità fosse quella indicata. Al quinto giorno il dottor Hahnemann lo aspettava in rue de Milan per una nuova consultazione, ma nel frattempo il paziente avrebbe dovuto seguire una dieta nella quale caffè e tè erano vietati, e si poteva bere soltanto vino annacquato molto bene. Alla seconda visita, Paganini non mostrò miglioramenti ma neppure parve peggiorato, come capita talvolta all'avvio di una terapia omeopatica. Hahnemann gli aumentò lo zolfo giornaliero. Una settimana dopo Paganini tornò in rue de Milan: per l'ultima volta. La tosse non se n'era andata, l'enuresi continuava a guastargli il risveglio, la diarrea non s'arrestava, il priapismo si faceva sempre più rovente. A rovinare i rapporti fra medico e paziente, tuttavia, non fu lo stato di salute dell'eminente violinista, pessimo e lontano dalla guarigione. Fu una scoperta del dottore: una lettera di tenerezze a Mélanie, alla quale Paganini confessava il suo immenso amore. Emanuele Novazio Lo costrinse anche a cancellare concerti. La scusa fu: tracheite sa Murat. Non ho mezzi, solo problemi. Ecco ciò di cui ho bisogno: 1) Appoggio per ottenere un visto per l'Italia. 2) Mezzi finanziari. 3) Che la mia famiglia, moglie eM un figlio di otto anni, sia garantita, poiché dal mo¬ Nizza, '? P.S. A Parigi pstesso un autistatrovare uno speceventuale di un'aper pallottole velenche erti. heite provocarlo», rivelano documenti ritrovati di recente in un archivio parigino, che la rivista Damals rende ora noti. Acciacchi riconducibili, tutti, alla personalità eccentrica e nervosa del musicista genovese? Malanni esasperati dal timore stesso d'ammalarsi che, soprattutto in età matura, parve tormentarlo? Anche dopo l'esame dei documenti parigini i dubbi restano, e una cosa soltanto pare certa: dei grandi ammalati della storia, Paganini è fra i più tenaci nella sovrapposizione quasi geniale di indipiù abile a confosti e medici, a sfra le decine di ebero in cura. Ficon l'omeopatia.Esercitava a Panni, il fondatodisciplina: il mSamuel Hahnem1790 aveva formdetto «principioza» sul quale si foe che vent'ànn li padre della omeopatia Samuel Hahnemann. Nel disegno Nicolò Paganini

Luoghi citati: Germania, Italia, Nizza, Parigi