Genova 1922 Lenin deve morire di Lloyd George

Genova 1922, Lenin deve morire Documenti segreti svelano i retroscena del negoziato sui danni della prima guerra mondiale Genova 1922, Lenin deve morire Scoperto il complotto, disertò la conferenza MOSCA DAL NOSTRO INVIATO La Conferenza di Genova - che iniziò il 10 aprile 1922 - avrebbe dovuto essere il gioiello di Lloyd George. La guerra civile in Russia si era risolta con la vittoria dei bolscevichi. Le speranze di un indennizzo per gl'interessi occidentali confiscati dalla rivoluzione comunista, per un riconoscimento di Mosca dei debiti pubblici e delle obbligazioni contratte dai governi degli zar potevano ormai essere soltanto il frutto di un negoziato tra pari. Ma Lenin aveva un disperato bisogno di regolare in qualche modo i rapporti con il mondo capitalistico, di racimolare investimenti e tecnologia. La Germania, umiliata dal trattato di Versailles, in ginocchio, era incapace di saldare i debiti di una guerra perduta e la Francia non sembrava incline a fare sconti. Così fu Londra la più pronta a porsi il problema - come disse appunto Lloyd George - di «porre rimedio alla paralisi del sistema europeo». Il suo progetto, variamente interpretato dalle potenze vincitrici, era comunque quello di favorire lo sviluppo economico della Russia rivoluzionaria come un «sottoprodotto» di un piano di riparazioni di guerra il cui perno doveva essere la Germania. La Conferenza di Genova avrebbe dovuto mettere vincitori e vinti della Prima guerra mondiale attorno allo stesso tavolo, nell'interesse comune. Ciascuno avrebbe dovuto concedere qualcosa: i russi l'indennizzo ai capitali sequestrati, le potenze vincitrici gl'investimenti in Russia, la Germania avrebbe pagato i debiti utilizzando i guadagni ottenuti dal via libera alla sua cooperazione economica con la Russia. L'Inghilterra era stata, del resto, la prima a siglare un accordo commerciale con la Russia, nel marzo 1921. Lloyd George non faceva che continuare su quella strada. Ma il groviglio d'interessi e di sospetti reciproci era troppo grande per consentire un successo all'ingenuità del premier britannico. Lenin aveva fatto altri calcoli. «Noi ci andiamo (a Genova, ndr) come mercanti - dirà il 6 marzo 1922 - perché il commercio con i Paesi capitalistici (finché essi non siano completamente crollati) è assolutamente necessario per noi». Era una specie di anticipazione della «coesistenza pacifica» kruscioviana. Nello stesso tempo la Russia già aveva intavolato segretamente negoziati di cooperazione industriale e militare con lo stato maggiore tedesco, àuspici il generale Von Hasse e il futuro comandante in capo della Reichswehr, Seeckt. La Francia di Poincaré era sostanzialmente ostile sia a concessioni ai tedeschi che, tanto meno, ai russi. Il ministro degli Esteri tedesco, Rathenau, pencolava piuttosto verso l'Occidente che verso l'Oriente. Questo il contesto politico che portò al fallimento della Conferenza. Mosca ci aveva creduto solo fino a un certo punto. La riunione del Comitato esecutivo centrale panrusso (Vcik) del 27 gennaio 1922 era stata dedicata quasi interamente ai preparativi della Conferenza. Che i leaders bolscevi¬ chi nutrissero speranze o no, fatto sta che venne nominata una delegazione molto numerosa e influente, con Lenin alla sua testa, Cicerin come vice, Krasin, Litvinov, Joffe, Vorovskij e Rakovskij come membri. Edward Carr, nel suo monumentale lavoro, La Rivoluzione Bolscevica, sostenne che, in realtà, Lenin non aveva la minima intenzione di andarci. Carr aveva ragione. Ma probabilmente non solo - o non soltanto - perché non si aspettava alcun risultato politico. In realtà - come rivelano ora documenti dell'archivio della segreteria del presidente del Consiglio dei commissari del popolo - Lenin sapeva che si stava preparando un attentato contro di lui proprio nella città ligure. I servizi segreti russi dimostrarono un'efficienza straordinaria, tenuto conto delle limitazioni tecnologiche dell'epoca. Esiste un fascicolo intero di lettere a illustri leader stranieri, che la Ceka riuscì a intercettare, all'insaputa dei destinatari. Tra queste si possono leggere missive riservate a Edouard Herriot, uno dei promotori del Fronte delle sinistre francesi, poi primo ministro e ministro degli Esteri di Francia, e a Jan Masaryk, figlio del Tomas fondatore della Repubblica cecoslovacca, ministro degli Esteri che si uccise dopo il colpo di Stato del febbraio 1948. Gli agenti segreti russi, poggiandosi sulla miriade di attivisti dell'Internazionale Comunista, evidentemente costituivano già in quegli anni un sistema complesso e funzionante di raccolta d'informazioni che avvolgeva amici, compagni di strada e avversari. Nello stesso fascicolo si trovano le due lettere gli originali, si badi bene, il che significa che esse non giunsero mai a destinazione - che pubblichiamo. Il destinatario avrebbe dovuto essere Vladimir Lvovic Burtsev, direttore del periodico parigino in lingua russa Byloe, fuoruscito della prima ondata, fervente antibolscevico, specializzato - per così dire - nello smascheramento dei «provocatori» comunisti in Francia. Si capisce dunque che l'autore delle lettere, il «colonnello Berezov», alias Vladimir Bek, pensasse di trovare in Burtsev un prezioso alleato e finanziatore. Non è dato sapere come Burtsev avrebbe reagito: appunto perché non ricevette mai le due lettere. Ma il candidato all'azione terroristica dimostra di essere a buon punto nella progettazione dell'attentato e di avere una determinazione da kamikaze. Nel palazzo della Lubianka potevano aver pensato che, in mancanza di Burtsev, egli avrebbe potuto trovare altri appoggi. L'altra circostanza da rilevare è che il fascicolo dell'archivio reca l'intestazione: «Lettere intercettate... inviate dal Commissariato per gli Affari esteri a Lenin il 27 settembre-3 ottobre 1922». Poiché la conferenza di Genova si aprì il 10 aprile di quell'anno - dopo essere stata convocata, in un primo tempo, per marzo - si potrebbe dedurre che l'informazione sulla preparazione dell'attentato giunse nelle mani di Lenin cinque mesi dopo. Ma, con ogni probabilità, la registrazione dell'archivio non fa testo. La prima delle due lettere di Bek risale al 10 gennaio del 1922, quando già - come egli rileva - i giornali parlavano della possibile partecipazione personale di Lenin alla Conferenza. E la riunione citata del Vcik, in cui fu presa la decisione formale sulla composizione della delegazione, risale, come abbiamo indicato, al 27 gennaio. Si può supporre che in quel lasso di tempo la lettera intercettata non fosse ancora giunta a Lenin. Oppure che, pur conoscendola già, Lenin avesse deciso di mantenere il suo nome alla testa della delegazione per non sminuire agli occhi degl'interlocutori occidentali il significato della partecipazione sovietica. Ma è del tutto legittimo supporre che Lenin fosse stato informato tempestivamente del progetto e che una delle ragioni - probabilmente la principale della rinuncia a partire per Genova fosse proprio quella della sua sicurezza personale. Giulietta Chiesa Un colonnello dello zar preparava l'attentato Ma la Ceka intercettò le lettere dei cospiratori Lenin a colloquio con i messaggeri rivoluzionari (quadro del pittore russo Serov). A sinistra, il presidente francese Raymond Poincaré In alto a destra, Edouard Herriot, uno dei promotori del Fronte delle sinistre francesi, poi primo ministro e ministro degli Esteri di Francia, destinatario di missive riservate intercettate dalla Ceka