Nelle scuole la sfida finale
Nelle scuole la sfida finale Nelle scuole la sfida finale II Fis vuole dimostrare che ha il potere «STUDENTI STATE A CASA O MORIRETE» ALGERI OPO tre anni di lotta fra regime e opposizione armata in Algeria, bersaglio integrista del momento è la «non riapertura degli istituti d'istruzione». Il Già (Gruppo islamico armato), il braccio più radicale e militarista del disciolto Fis (Fronte islamico di salvezza), ha «ordinato» di non riaprire le scuole, il cui calendario prevede la ripresa delle lezioni il 10 settembre per le elementari e nei giorni successivi per i licei e le università. Per non lasciare dubbi sulla loro minaccia, i fondamentalisti hanno in breve tempo attaccato e dato alle fiamme 440 edifici scolastici. Nei giorni scorsi ne ha fatto le spese il prestigioso liceo Okba, nel popoloso quartiere Bad-el-Oued (Porta del Fiume), in pieno centro della capitale. L'opposizione armata, per molti versi, ricalca i metodi della guerra di Liberazione nazionale del 1954-'62. Così anche per le scuole: il Fronte di liberazione nazionale decretò, durante la cosiddetta Battaglia di Algeri, lo sciopero generale dell'insegnamento pubbli- co. Il generale Massu, comandante della X Divisione paracadutisti, fece rintracciare, casa per casa, gli studenti, per forzarli ad entrare nelle scuole. Comunque l'iniziativa si concluse, in pratica, senza né vinti né vincitori. In risposta alla minaccia integrista, la signora Leila Aslaoui, portavoce del governo, ha esortato genitori e insegnanti a «non cedere ai ricatti, perché, altrimenti, si renderebbero complici dei terroristi». Ma neppure il ministro dell'Istruzione, presentando il bilancio ufficiale delle devastazioni di edifici scolastici, ha saputo dire alla stampa quali misure potranno essere prese per far fronte alle azioni dei gruppi armati. Sull'argomento ecco il parere delle poche persone che hanno accettato di rispondere: due pilastri della Rivoluzione algerina e due insegnanti. Cherif Balkassem - ufficiale superiore durante la guerra di Liberazione, più volte ministro sotto le presidenze di Ben Bella e Boumediène, e capo storico del «Gruppo dei 18» al quale si deve il crollo del'egemonia del partito unico e le dimissioni del presidente della Repubblica Chadli Benjedid - è convinto che i prossimi giorni potranno essere decisivi per l'Algeria: «La questione della sicurezza, per le persone e per i beni, costituisce una precisa responsabilità dello Stato. Se questo non sarà capace di garantire la sicurezza per tutti, dimostrerà di non esistere. Oggi, tra l'altro, riprende il cosiddetto "Dialogo nazionale per il consenso" ; ma l'opinione pubblica attende fatti e non più parole. Oggi non si sta facendo altro che ripetere esperienze non positive, invece di rompere, e definitivamente, con il passato. Non si può rispondere a problemi complessi con dichiarazioni sem¬ plicistiche. Le istituzioni debbono riprendere, e intera, la fiducia del popolo algerino». Il problema della carenza dell'istruzione pubblica è invece affrontato da Bachir Boumaza, già più volte ministro, anche durante il governo provvisorio prima dell'indipendenza, personaggio di primissimo piano, anche se allontanatosi dalla politica ufficiale di regime: «La scuola nell'Algeria di oggi è la conseguenza di scelte fatte già nei primi anni dell'indipendenza e che sono frutto del sistema coloniale, ed eredità della dominazione. Questo sistema va cancellato completamente, con scuole per tutti, quale che sia il sesso e l'origine sociale». S. Salah, professore all'Università di Algeri, va all'origine del problema scolastico: «I gruppi armati che massacrano oggi gli interessi della nazione non fanno differenza fra le varie origini dei cittadini che colpiscono. Altrettanto fanno le autorità. Alla fine è il popolo che paga, mentre altri ne approfittano. La minaccia della non riapertura delle scuole colpisce uno dei pilastri del popolo, poiché ne costituisce la sua preziosissima memoria culturale. Per questo ogni algerino deve lottare contro il fenomeno della distruzione culturale, perché ogni altra perdita può essere rimpiazzata, salvo la cultura di tutto un popolo. Per questo noi docenti chiediamo con forza la ripresa del dialogo nazionale, ma in maniera seria e chiara». Piuttosto ottimista, L. S., insegnante di matematica in un liceo della Casbah e figlio di un «martire della guerra di Liberazione»; «Noi abbiamo un dovere verso la patria e noi siamo decisi a fare il nostro lavoro, perché non dobbiamo fare scelte di parte». Molto abbottonati i genitori, che temono il pericolo di rappresaglie sugli studenti che sceglieranno, costi quel che costi, di ritornare a scuola. Solo un algerino si è opposto agli attacchi dei gruppi armati: Salah Badin, militante progressista catturato ed impiccato per aver voluto impedire la distruzione della «sua» scuola. Antonio Acone
Persone citate: Antonio Acone, Battaglia, Boumaza, Chadli Benjedid, Cherif, L. S., Leila Aslaoui, Massu, Salah, Salah Badin
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