E Gladio annullò Caporetto di Curzio Maltese
Nel '57 duemila volontari comparse nel film «Addio alle armi» Nel '57 duemila volontari comparse nel film «Addio alle armi» E Gladio annullò Caporetto PRIMA di diventare un fortunato genere televisivo, l'anticomunismo era già arte. Nel 1957 oltre duemila patrioti di Gladio parteciparono come comparse all'ultimo kolossal americano girato in Italia, «Addio alle armi», tratto dal romanzo di Hemingway e prodotto da Selznick («Via col vento», «Duello al sole»). Lo hanno rivelato due testimoni al giudice Mastelloni che indaga sulla caduta nel '73 dell'aereo dei servizi segreti Argo 16. Lo stato maggiore dell'esercito, dicono le agenzie, avrebbe fornito uomini e mezzi di Gladio in cambio di alcuni ritocchi alla sceneggiatura, in particolare l'eliminazione dei riferimenti alla disfatta di Caporetto. I «tagli», secondo i testimoni, 40827 9771122176003 «provocarono le proteste dello sceneggiatore, che fu sostituito». La vera storia è un po' diversa. Non fu lo sceneggiatore, Ben Hecht, a essere rimpiazzato ma il regista, il grande John Huston (con King Vidor), disgustato dal veder ridotto il violento romanzo di Hemingway a una caramellosa love story tra Jennifer Jones, moglie del potente Selznick, e il riluttante Rock Hudson, forzato a baciarla ogni tre fotogrammi. Il film fu un successo. Erano notevoli il cast e gli interpreti italiani: De Sica, Sordi, Interlenghi e Leopoldo Trieste, ii quale collaborò ai dialoghi con Pasolini e Zavattini. La critica parlò subito di censura militare. Nell'Italietta degli Anni Cinquanta il vecchio Hem era ancora tabù. Mussolini aveva proibito il romanzo e la prima versione cinematografica di «A Farewell to Arms» del '33, con Gary Cooper, minacciando di espellere la Paramount dal regno. All'annuncio del remake, l'intera classe dirigente de e i vertici dell'esercito drizzarono le antenne. Intervenne perfino il presidente Gronchi chiedendo una copia della sceneggiatura, poi fatta approvare dal generale De Lorenzo, capo del Sifar, futuro aspirante golpista. La lavorazione del film in Friuli durò mesi tra mille ostacoli burocratici. Infine spuntarono le misteriose comparse, «raccolte fra reduci alpini» 0 «fornite dall'esercito», scrissero 1 giornali, In realtà, ora lo sappiamo, eroi della lotta ai rossi imprestati a Hollywood, gladiatori di celluloide. Le cronache dell'epoca li raccontano perdigiorno, petulanti e un po' righetti. Dal Messaggero Veneto del 26 marzo '57: «Le comparse si lamentano d'ogni cosa, dal pagliericcio al rancio, dalla paga alle marce: alcuni minacciano lo sciopero...»; «la stessa scena si ripete 5 volte, ma a ogni ripresa si nota un crescente numero di diserzioni, figuranti che si appiattano lasciando che lavorino gli altri». Erano questi i patrioti che ci avrebbero difeso dalla furia bolscevica. Curzio Maltese
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