La lobby cubana ricatta Bill

La lobby cubana ricatta Bi La lobby cubana ricatta Bi La politica interna dietro la linea dura LA STRATEGIA WASHINGTON ESSUN giornale americano - si tratti del New York Times, del Washington Post o del Wall Street Journal - sembra nutrire dubbi sul fatto che, nell'impostare la sua strategia per far fronte all'«emergenza Cuba», Bill Clinton si sia fatto guidare da preoccupazioni di politica interna. In particolare, avrebbero pesato su di lui le pressioni dei parlamentari democratici della Florida e del governatore uscente, molto preoccupati per quello che potrebbe succedere nelle elezioni del prossimo novembre. Ma Clinton, politico tradizionale molto attento alla «bassa cucina», può aver aggiunto a un errore di calcolo in politica estera (l'emergenza Cuba che invece di rientrare si aggrava) anche un errore di politica interna. La lobby dei cubano-americani, che Fidel Castro chiama «la mafia fascista di Miami», è sicuramente molto potente. I cubano-americani sono un milione e mezzo circa e sono molto concentrati, soprattutto nella Dade County della Florida, oltre che in un paio di città del New Jersey. La concentrazione ne aumenta il peso elettorale. Infatti, nella Ca¬ mera dei Rappresentanti siedono tre deputati di origine cubana, per non parlare del peso della comunità in elezioni locali, come appunto quella del governatore. Ma Clinton, che non ebbe la Florida nelle elezioni del '92, ha scarse possibilità di conquistarla nel '96. Potrebbe farlo solo se portasse dalla sua parecchi elettori di Ross Perot, prospettiva che appare molto remota. In ogni caso, poco aiuto potrebbe venirgli dalla comunità dei cubani-americani e non solo perché una buona parte di loro non ha approvato la svolta in base alla quale Clinton ha ordinato di rispedire indietro gli esuli. I cubano-americani sono in grandissima maggioranza repubblicani da oltre 30 anni, dall'incidente della Baia dei Porci in cui un presidente democratico, John Fitzgerald Kennedy, andò completamente allo sbaraglio. Clinton può pensare che la sua politica aiuti la rielezione dei governatore Lawton Chiles e che questi poi lo ripaghi, ma è come spendere un milione per un gelato. Clinton probabilmente ha anche pensato che prendere di petto un problema molto sentito come quello dell'immigrazione illegale gli gio¬ verà sul piano nazionale. L'immigrazione illegale non riguarda soltanto la Florida e non soltanto i cubani. Ci sono anche, per citare solo due categorie, i messicani e gli haitiani e anche California, Texas, Arizona, Nevada e New Mexico sono investiti dal problema. Ma per ottenere credito da un indurimento della politica dell'immigrazione - come Clinton ha fatto prima con gli haitiani, rovesciando una promessa elettorale, e poi con i cubani, rovesciando una politica tradizionale - bisogna che l'indurimento funzioni. Il flusso degli haitiani è rallentato, ma la politica di Clinton verso Haiti è sotto accusa. Adesso è sotto accusa anche la sua politica verso Cuba, mentre il flusso, invece di arrestarsi, si intensifica. Chi è molto sensibile al problema dell'immigrazione illegale terrà conto del saldo finale quando si tratterà di votare. [p. p.l Manifestazione anticastrista a Miami. In alto, Fidel e Bill Clinton [foto ansa-epa]