Castro: profughi invadete la Florida

Discorso-fiume in tv: «Guantanamo è un grande lager». Le fughe salgono a 3 mila al giorno Discorso-fiume in tv: «Guantanamo è un grande lager». Le fughe salgono a 3 mila al giorno Castro; profughi, invadete la florida Via libera a chi parte, ma Clinton dice: non tratto WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Patologicamente logorroico, ma lucido, pragmatico e preciso nell'indicare i fatti, Fidel Castro è riapparso ieri notte sugli schermi della televisione cubana e dell'americana «Cnn» per lanciare un messaggio a Clinton: trattiamo, magari anche «attraverso canali diplomatici riservati», ma trattiamo un alleggerimento dell'embargo, altrimenti ci sarà davvero una nuova Mariel. Il messaggio è stato ancora una volta rispedito al mittente. Ma il dittatore cubano, che è certamente in difficoltà, sta riuscendo nel tentativo di scaricare parte dei suoi guai sul governo americano, che si trova alle prese con una crisi senza apparente via d'uscita. Gli esuli cubani continuano ad arrivare a scaglioni di 3 mila al giorno. Guantanamo sarà piena entro la fine della settimana, parecchi Paesi caraibici hanno già rifiutato di ospitare campi di cubani. Anche se venissero trovate altre soluzioni logistiche, come quella già attivata di allargare Guantanamo, «diventerà impossibile difendere politicamente il mantenimento a tempo indeterminato di decine - forse centinaia - di migliaia di persone», come perfino un membro dell'Amministrazione americana ha anonimamente riconosciuto. «La politica cubana dell'Amministrazione Clinton ha scritto ieri il quotidiano Washington Post - è più alla deriva delle zattere degli esuli cubani». Con la solita divisa militare e l'atteggiamento pedagogico, Castro ha detto ai quattro giornalisti cubani sedutigli di fronte che, prima di rispondere alle loro domande, doveva fare una breve dichiarazione. Poi ha parlato per un'ora e 52 minuti. E' stata una puntigliosa, avvocatesca ricostruzione degli awimenti dell'ultimo mese per dimostrare che «gli americani non possono dare la colpa a noi di quello che sta succedendo». Strozzano Cuba con l'em¬ bargo; negano i visti legali ai cubani, pur avendo continuato a incoraggiare le immigrazioni illegali; poi, quando i rifugiati diventano troppi, accusano Cuba di cinismo e irresponsabilità. «Ma noi - ha ripetuto Castro - non siamo tenuti a fare i guardiani dei confini americani». «Ecco perché ho dato ordine - ha detto il Lider Maximo - di non ostacolare più chi vuole partire e di essere gentili con le barche che vengono dalla Florida per imbarcare cubani». Fu esattamente quello che successe nell'80, quando i cubano-americani portarono via centoventicinquemila perso¬ ne in cinque mesi dal porto di Mariel con l'assenso di Castro. Ora, con il cordone della Guardia Costiera e della Marina americana nello stretto della Florida sarebbe difficile ritentare l'operazione. Ma, rivendicando per la prima volta pubblicamente la decisione di facilitare l'esodo, Castro ha sicuramente contribuito a intensificarlo (ieri il quotidiano ufficiale dell'Avana «Granma» scriveva che potrebbero fuggire da Cuba un milione di persone, pur aggiungendo che «ce ne sono altri dieci milioni che resterebbero a difendere questa ter- ra»). Clinton, che credeva di aver trovato un buon punto d'appoggio indurendo la politica americana verso Cuba, adesso deve interrogarsi sulla necessità di un'altra svolta, ma non sa in che direzione. Inoltre, qualunque nuova direzione prendesse, verrebbe accusato come al solito di improvvisazione. D'altra parte, che la messa a punto della politica di Clinton verso Cuba sia stata «casuale» lo ha ammesso, sul Washington Post di ieri, anche un suo collaboratore. La prima riunione sulla crisi cubana alla Casa Bianca si è tenuta il giorno dopo la decisione di Clinton di ribaltare una politica trentennale e rispedire indietro tutti gli esuli cubani. Il Presidente era convinto che il flusso si sarebbe arrestato. Adesso perfino il segretario per la Difesa, William Perry, ha riconosciuto che si è trattato di «un errore di calcolo». El Salvador, Nicaragua, Guatemala e Messico hanno già respinto la richiesta americana di ospitare cubani. Turks e Caicos si sono quotate per 10 mila cubani, ma solo per due mesi. Così il Pentagono ha annunciato l'allargamento della capienza di Guantanamo da ventimila a quarantacinquemila posti con piani per arrivare a sessantacinquemila: una città media di gente mantenuta a vita dal governo americano per non fare niente. Molti, in Congresso e nel Paese, cominciano a dire: se trattiamo con la Corea del Nord e con la Cina, perché non possiamo trattare con Castro? Paolo Passarini -M FIDEL CASTRO ii A Guantanamo Clinton ha creato un campo di concentramento, violando il diritto internazionale e l'accordo sulla base navale 99 ii O la smettete di incitare i cubani alla fuga, o io non controllerò più le mie coste e invaderò gli Stati Uniti di profughi 99 il Vogliono spingerci a una repressione violenta. Ma non casco nella trappola, ho dato ordine alla polizia di non intervenire più 99 ii Le fughe da Mariel sono parte di un complotto per cacciarmi. Ma io non mi dimetto, i rivoluzionari non vanno in pensione 99 BILL CLINTON ii II regime di Castro ha fallito, Cuba è in preda alla disperazione e lui reagisce in modo spregevole dal punto di vista umano 99 ii Non consentiremo a Castro di dettarci la politica sull'immigrazione, minacciando di invaderci con i suoi compatrioti in fuga 99 il II regime marxista dell'Avana non può esportare i suoi problemi in Usa. Perciò ho ordinato di chiudere le porte ai profughi cubani 99 li II problema di Cuba non sono i rifugiati, è Castro. Vogliamo farlo cadere. Per questo potrei decretare il blocco navale dell'isola 99