Il pilota fa strage per amore

Il pilota fa strage per amore Il comandante dell'Atr-42 ha provocato lo schianto dopo una lite con la sua assistente Il pilota fa strage per amore Un suicidio dietro la tragedia del Marocco PARIDI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Gli 8 italiani e gli altri 36 passeggeri dell'Atr-42 marocchino schiantatosi domenica presso Agadir sono morti per amore in quella che già si configura come la prima sciagura aerea a sfondo sentimentale. Nessuna bomba, ancor meno noie tecniche. Solo la follia erotico-suicida che pervade in volo il com. Younes Khayati, innamoratosi (mormorano) della bella copilota Sofìa Figuigui. «Non mi ami? E allora moriamo insieme». Il dialogo figurerebbe - sostiene una voce diffusa - nella «scatola nera» che i francesi stanno ancora decodificando. Non era una minaccia. Messo in picchiata il velivolo, Khayati sibila nel microfono «Morire... morire...». Sofìa ha solo pochi attimi (10" afferma una ricostruzione ufficiosa) per impedire la tragedia collettiva. L'unico mezzo sarebbe rialzare la cloche abbassata dall'uomo. Ma lui l'impugna con la forza che solo la disperazione sa dare. In altri modelli di jet esistono comandi elettrici per raddrizzarla. Sull'Atr-42 no.. E' solo un atroce braccio di ferro al cui esito sono appesi - come in una tragedia antica - vittime innocenti. E la forza maschile vincerà quella muliebre. Il miracolo non accade. Solo l'impatto verticale con il suolo, l'esplosione, i 44 cadaveri (l'equipaggio contava anche l'hostess Meryem Cherraki e lo Stewart Rachid Idrissi) semi-irriconoscibili. Una fin troppo banale litigio amoroso tra le nubi finisce in strage. E gli ingegneri cui spetta analizzare la banda magnetica dovrebbero forse cedere la strada agli psicologi. Dalla «boite noire» non scaturiscono notizie sul volo, misteriosi scricchiolii da analizzare o scoppi ma un dialogo che agghiaccia più di qualsiasi esplosione. Cattiva letteratura e comunque inverosimile, diremmo se fosse un romanzo. Peccato sia ormai storia. La commissione internazionale che indaga sul (finora) misterioso crash pur fra mille cautele sposa la tesi dello psicodramma. Invocando addirittura «ragioni sentimentali». E spiega che bisogna «cercarne le cause nell'esistenza del pilota». Senz'altro aggiungere. Ma ammesso sia vera - pudicamente tace la love story in cabina. In un Marocco pro-occidentale finché si vuole ma dove l'etica musulmana ha profonde radici, le avances del divorziato trentaduenne Younes (che voleva in ogni caso ritornare con la moglie, dicono) verso la bella Sofia, pulsioni suicidomicide o meno appare un feuilleton troppo hard per la castigatissima informazione nazionale, azzarda un collega del luogo. Riesaminiamo i fotogrammi. Il jet «Royal Air Maroc» è decollato da Agadir neppure un quarto d'ora prima. Altezza, 3.500 metri (altra versione: cinquemila). Condizioni regolari. Malgrado la giovane età, il pilota ha fama da veterano. E' che, qualche anno fa subì un dirottamento uscendone fuori con estrema bravura e sangue freddo. A Kenitra, di cui è originario e ove vivono tuttora i genitori (famiglia modesta) lo si considera l'eroe cittadino. Recentissimo il controllo più fresco sull'idoneità al pilotaggio: poche settimane appena. Lo staff ha grande fiducia in lui. «Un ragazzo ok, nessuna cattiva abitudine, bel carattere, ottime competenze» dichiarano i compagni di lavoro. Eppure qualcosa, a bordo, trasforma in assassino l'intrepido vincitore dei pirati dell'aria. I riscontri sono parziali, ma bastano per illuminare la scena. Khayati staccherà il pilota automatico, una procedura bizzarra cui seguono manovre ancora più inquietanti. La sua vice passa dalla sorpresa al terrore. «Smetti»: «Ma cosa fai?» urla a diverse riprese. Ignaro, il pubblico, lo ritiene un anodino vuoto d'aria. E', invece, l'anticamera per lo psicodramma che gli sarà fatale. Semplici comparse, uomini e donne ignoreranno fino all'ultimo come quel precipitarsi in giù con i motori al massimo non sia un tentativo di salvare l'apparecchio e il suo carico da panne o minacce esterne ma lucida corsa verso la morte. Le trascrizioni - annunciava ieri sera Mohamed Moufìd, che presiede l'indagine-perizia sul caso - «rimarranno confidenziali». Ma la sua reticenza fa apparire ancor più plausibile il passionale quadro di gelosia & rifiuto in carlinga. E le parole attribuite al futuro killer: «Periremo assieme!». Segue una colluttazione. «Allarme, il comandante si è...» grida lei. Ma non terminerà la frase. Arriva lo schianto. E Moufìd la conclude a suo modo affermando con determinazione: «Intendeva suicidarsi». Respirano il governo marocchino - meglio pazzi ai comandi che terrorismo islamico-i tour operator, i costruttori del velivolo (il consorzio Alenia-Aérospatiale). Qualcuno, tuttavia, dubita ancora. Per esempio l'anonimo compagno di Younes che spiega all'agenzia «France Presse»: «No, è incredibile. Aveva un rendez-vous a Casablanca, amici che l'attendevano. Non può essere colpa sua!». La spettacolare sciagura rilancerà, come inevitabile, le polemiche sui controlli psicofisici che dovrebbero accompagnare l'iter professionale di chi pilota un aereo. Sul piano medico, nulla da eccepire. Ma l'e- sempio Agadir (con un precedente giapponese nel quale tuttavia il suicidio non maturò attraverso querelle di coppia) mostra semmai come occorra intensificare i test psichici. Depressioni, problemi in famiglia, sindromi melanconiche possono in fondo avere la medesima se non maggiore rilevanza per un buon pilotaggio che noie a carattere fisico. «Faremo luce con scrupolo sulle circostanze, ma delegando l'incarico su altri commissari, muniti delle necessarie prerogative» - precisa Moufìd. La tecnica aerea si arrende: tocca all'ingegneria dell'anima. Enrico Benedetto E' stata la lettura della scatola nera a dare la svolta all'inchiesta sull'incidente in cui hanno perso la vita 8 turisti italiani e altre 36 persone ALLE ORE 18,53 LE 20,53 IN ITALIA] .'ATR 42 DECOLLA DA AGADIR, DESTINAZIONE CASABLANCA SUBITO DOPO IL DECOLLO IL PILOTA MANIFESTA L'INTENZIONE DI UCCIDERSI, AFFERMANDO DI VOLERE "FARLA FINITA". LA CO-PILOTA PER TRE VOLTE TENTA DI LANCIARE UN "MAYDAY", MA IL COMANDANTE AVEVA GIÀ' DELIBERATAMENTE INTERROTTO LE COMUNICAZIONI Due delle otto vittime italiane: Ilaria De Giovanni e il fidanzato Sergio Pacifici. Vivevano a Tivoli

Persone citate: Enrico Benedetto, Ilaria De Giovanni, Sergio Pacifici, Stewart Rachid Idrissi, Younes Khayati

Luoghi citati: Italia, Kenitra, Marocco, Sofia, Tivoli