Caserio omicida pentito di Enrico Benedetto

Caserio, omicida pentito IL CASO. Cent'anni fa veniva ghigliottinato l'uccisore del presidente Cam Caserio, omicida pentito Scoperte le confessioni dell'anarchico PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il giorno prima di salire al patibolo - era il 15 agosto 1894 - per aver ucciso il presidente francese Sadi Carnot, l'anarchico lombardo Sante Caserio si lascerà sfuggire con un anonimo carceriere lionese quel rimorso la cui ombra aveva cercato di allontanare, spavaldo, lungo il processo dichiarando a varie riprese: «Lo rifarei». «Quando gli conficcai il pugnale in petto, mi fissò con i suoi occhi dolci, indifesi. A vederli anche solo un attimo prima, l'arma mi sarebbe caduta di mano», disse. Una confessione inattesa, la cui sincerità è palmare. Quel Ferragosto di 100 anni fa, Caserio non aveva più giudici da impietosire. Nelle frettolose Assise - undici giorni - dopo un'istruttoria che non superò il mese (l'assassinio risaliva al 24 giugno) l'anarchico aveva assunto in pieno la propria responsabilità. Unico scrupolo, non coinvolgere altri «compagni»: «Vostro onore, faccio il fornaio e non la spia», rispose alla domanda su frequentazioni ed eventuali complicità. E non volle presentare domanda di grazia. Né cercò possibili scappatoie o attenuanti (seminfermità da lue) per evitare la ghigliottina. Vi salì, anzi, con determinazione. «Attendo una sola cosa, il boia», ripeteva. E come l'ebbe davanti, lanciò quello stesso grido che due mesi prima gli aveva dato la forza per ammazzare: «Viva l'anarchia!». E' un autorevole procuratore generale di Cassazione, Pierre Truche, l'uomo che ha scovato i verbali stesi dal suo predecessore Cyr Benoist interrogando l'uccisore. E li pubblica presso «Fayard» {L'anarchiste et son jugeì tradendo una qualche comprensione verso l'uomo se non il killer Caserio. Il quale a differenza dei suoi contemporanei Bresci (Umberto I) e Luccheni (l'imperatrice Sissi), non praticò il regicidio giacché in Francia l'avevano preceduto i giacobini che sul «terrorismo» a voler essere maligni edificarono la futura «legalità repubblicana», ma volle egualmente per sé il ruolo subii • me e tragico del tirannicida. «Ignoro se Carnot fosse ricco o meno», replica a Benoist che gli imputava di avere soppresso un filantropo, in politica per ragioni esclusivamente umanitarie, non affaristiche (lo scandalo «Panama» testimonia il contrario presso numerosi suoi colleghi). «Però rappresenta la giustizia borghese», prosegue. Per concludere: «Se faceva la carità ai poveri, beh era inevitabile che il denaro provenisse dalle tasche dei lavoratori. Il mio gesto aveva un solo obiettivo: colpire la società iniqua e affamatrice». Ma la moglie e i suoi bambini non avevano colpe: come non pensarci, ferendolo a morte? «E le migliaia di anarchici che ha messo in carcere, non avevano forse i loro cari? Almeno la vedova Carnot non dovrà mendicare». Nell'appassionata autodifesa in aula, che sgomenterà la giuria, Caserio va oltre: «Contro di noi i governi impiegano fucili, catene, prigioni. Dovremmo forse sconfessare il nostro ideale, cioè la verità? Giammai. Rispondiamo al contrario con la dinamite, il ferro e il fuoco. (...). Signori, volete la mia testa da gettare nel paniere? Prendetela. Ma non illudetevi in tal modo di interrompere la propaganda anarchica. Attenzione, chi semina raccoglie». Parole belle e terribili, come le frasi in cui Caserio spiega: «Crede¬ vo in Dio, ma nel vedere la diseguaglianza regnare tra gli uomini mi dissi che il Creatore era creatura, umana invenzione per mantenere il popolo nell'ignoranza». Oppure: «Sì, amo i miei familiari e il causar loro sofferenza e dolore mi angoscia» - il fratello, maggiordo¬ mo in una nobile casa torinese morirà suicida per la vergogna «ma appartengo a una famiglia più grande, l'umanità, e per quella voglio battermi». «I socialisti? Ve li raccomando. Vivere senza lavorare, ecco il loro obiettivo». (...) Ma il nostro è il Comunismo e l'Anarchia», «l'arivoluzzione» (sic), «non più signori e domestici: ciascuno darà secondo le proprie forze, consumando in base ai bisogni». Una requisitoria fiammeggiante, che già Caserio vedeva tracimare nelle cronache di giornale, in opuscoli e brochures più o meno clandestini da portare oltrefrontiera appiccando il fuoco rivoluzionario. Ma Parigi vietò che quelle pagine uscissero dal tribunale. I contemporanei quasi nulla seppero. Meglio accreditare le tesi lombrosiane sulla fisionomia dei criminali anarchici (lo studioso «esaminò» Caserio attraverso il ritratto fornitogli da un periodico) o quelle xenofobe. «La Penisola scriverà il medico legale Lacassagne, che incontra tra le sbarre il giovine - è terra classica per i cri¬ mini di sangue. Ed esporta fra noi troppo spesso V "omicidio improvviso"». In italiano nel testo. Come non ricordare, allora, che la folla di Lione (il «galantuomo» Sadi Carnot chiudeva in trionfo tra il genuino entusiasmo popolaresco l'incarico settennale, dunque Caserio potè uccidere il Simbolo e nulla più) saccheggiò qualche attimo appena dopo l'attacco caffè e negozi italiani? Mentre il calesse presidenziale si dirigeva con il moribondo verso la prefettura - l'ospedale era meta più logica, ma il protocollo vi si oppose - il pubblico bloccò la fuga del sicario, che per avvicinarsi alla vittima aveva finto (particolare shakespeariano) di volergli inoltrare una supplica. E poi iniziò la «caccia all'italiano». Come nel 1893 ad Aigues Mortes dove una sollevazione contro i lavoratori precari napoletani e piemontesi (ora al loro posto vi sono i magrebini) si trasformò in pogrom. Qualche anno, e l'agitatore Caserio finirà nell'oblio. Non era un Pietro Gori, facondo e istruito. E altri avevano soppresso monarchi più celebri. Il suo pedigree, infine, era banale. Apprendista ramingo tra Svizzera e Francia, ideologo mediocre, «bombarolo» senza celebrità alla Carlos. In ogni caso, troppo giovane, eroe ma per sbaglio. Anche se il magistrato istruttore gli chiederà, trepido: «Ma è vero che lei vuole eliminare anche il Papa e il re d'Italia?». Enrico Benedetto Ora un giudice pubblica i verbali del processo Qui accanto, Sante Caserio dopo l'arresto. In alto a sinistra, il Presidente Carnot fra i dignitari del suo governo; a destra, il momento dell'attentato

Luoghi citati: Francia, Italia, Panama, Parigi, Svizzera