Ma quello è il diavolo!

MOLOCH AUSTRALIANO MOLOCH AUSTRALIANO Ma quello è il diavolo! Aspetto orrido, indole innocua dopo l'accoppiamento, da sei a otto uova che cova per una quindicina di giorni. I piccoli, appena sgusciano fuori, sono repliche in miniatura degli adulti, moloch lillipuziani lunghi circa cinque centimetri. E sono completamente abbandonati a se stessi. Né il padre, né la madre si occupano minimamente di loro. Il moloch australiano ha molti caratteri in comune con le lucertole cornute del Nuovo Mondo appartenenti al genere Phrynosoma. Entrambi hanno il corpo ricoperto di spine, colorazione mimetica e andatura lenta. Ma fra di loro non c'è nessuna parentela. Il moloch è un agamide, i frinosomi sono iguanidi. Si tratta di un caso di «convergenza evolutiva», il fenomeno per cui specie che vivono in habitat simili, geograficamente lontani, hanno sviluppato nel corso dell'evoluzione analoghi adattamenti all'ambiente. Strano davvero è anche il frinosoma, famoso per la sua singolare tecnica difensiva. Se viene molestato, contrae le palpebre, lanciando dagli occhi un sottile getto di sangue che arriva a un metro di distanza, scindendosi in minuscole goccioline. Nulla di simile nel moloch. Gli erpetologi Eric e Helen Pianka hanno dimostrato che, malgrado le apparenze, vi sono tra moloch e frinosomi differenze notevoli. f M tutta questione di dimensioni. Si è parlato Li tante volte dell'effetto che ci farebbero gli insetti se, per qualche causa misteriosa, aumentassero di grandezza fino a diventare veri e propri mostri giganteschi. Lo stesso discorso, ancora più a proposito, si potrebbe fare per il moloch australiano (Moloch horridus), un rettile lungo soltanto dodici centimetri, ma di aspetto davvero orripilante. Se lo chiamano «diavolo del deserto», una ragione ci deve pur essere. E infatti c'è. La sua pelle scagliosa è ricoperta da dozzine di spine acuminate e taglienti. Inoltre, al di sopra degli occhi gli spuntano due spine particolarmente sviluppate simili a corna che giustificano in pieno il riferimento che se ne fa a Lucifero. Per quanto sia piuttosto comune e abbia un'ampia area di diffusione, vederlo non è tanto facile perché, con la sua colorazione che varia dal rosso arancio al giallo bruno e le chiazze sparse qua e là sulla pelle, risulta perfettamente mimetizzato con l'ambiente desertico. Come il cugino camaleonte, anche il moloch ha la sorprendente capacità di cambiare colore. L'animale, quando è freddo e inattivo, è grigio olivastro, mentre quando è in attività, e la sua temperatura aumenta, acquista una colorazione brillante. Nonostante l'aspetto impressionante, il piccolo moloch, che sta comodamente sul palmo di una mano, è assolutamente inoffensivo. Questo timido abitante dei deserti e delle steppe dell'Australia centromeridionale è pericoloso soltanto per le formiche. Le sue preferenze alimentari vanno soprattutto alle piccole formiche nere del genere Iridomirmex. Le cattura con una rapidità insospettata. Servendosi della lingua vi- schiosa ne ingoia venti-trenta al minuto, complessivamente circa milleottocento per ciascun pasto. Pigro e lento come una lumaca, il moloch assume una bizzarra andatura quando attraversa uno spazio aperto. Tenendo la coda eretta, cammina a passi traballanti. E se un pericolo lo minaccia, si blocca e fa il morto, un sistema passivo di difesa abbastanza diffuso nel mondo animale. Purtroppo questa tecnica difensiva risulta del tutto controproducente nei riguardi delle automobili. Quando i moloch attraversano, come spesso fanno, le strade asfaltate, molti di loro muoiono investiti dalle macchine. Con tutte le sue spine taglienti, il moloch non è un boccone facile per i predatori, che rischiano di procurarsi ferite dolorose quando lo prendono in bocca. C'è però chi riesce ad aggirare l'ostacolo, come alcuni uccelli rapaci che capovolgono il rettile e lo addentano alla pancia, l'unica zona indifesa del corpo. Il diavolo del deserto è noto alla scienza solo dal 1840, da quando l'ornitologo australiano John Gould ne portò un esemplare alla Società Zoologica di Londra. E da allora gli studiosi hanno voluto indagare quale sia il misterioso meccanismo che consente a questo piccolo rettile di sopravvivere in un ambiente arido come il deserto. L'acqua è essenziale per tutti gli esseri viventi. Come se la procura il moloch in un ambiente dove le piogge sono minime e non esistono pozze d'acqua permanenti? Gli studiosi hanno scoperto che, non appena l'animale viene in qualche modo a contatto con l'acqua (che può essere anche la rugiada mattutina), quest'acqua fluisce dalle spine in una rete di sottili canali che corrono tra le squame. Lo stretto diametro dei canalicoli e le loro complesse ramificazioni permettono all'acqua di diffondersi in tutto il corpo per azione capillare. In questo modo l'acqua può circolare fino alla testa, dove raggiunge la bocca e viene bevuta. Ma c'è dell'altro. Il moloch presenta una strana gobbetta sulla nuca. La mette in evidenza quando vuole minacciare un nemico. In quel caso spinge in basso la testa vera stringendola tra le zampe anteriori, mentre espone la gobba che simula un secondo capo. Quella gobbetta, secondo alcuni studiosi, sarebbe anche una provvidenziale riserva di grassi. Bruciandoli, il rettile produce acqua nei casi di emergenza, quando più forte è la siccità. Il moloch diventa sessualmente maturo all'età di tre anni. E' la femmina che scava una tana sotterranea a una trentina di centimetri di profondità e vi depone, h, che ceno sole preoprat nere e catpettaa vi- Con le difese naturali che si ritrova, il diavolo del deserto non dovrebbe correre nessun pericolo. E invece una notevole decimazione della specie la operano proprio gli uomini, che hanno sempre giudicato la sua carne particolarmente saporita e continuano a dargli la caccia. I. Lattes Coifmann Il moloch australiano è un rettile lungo appena dodici centimetri, con la pelle scagliosa ricoperta da dozzine di spine acuminate e taglienti. Come il camaleonte, cambia colore: freddo e inattivo, è grigio oliva; in attività, con la temperatura che sale, diventa giallo-rosso

Persone citate: Helen Pianka, John Gould, Lattes Coifmann

Luoghi citati: Australia, Londra