Sulle tracce di Ombre rosse di Gianni Rondolino

Viaggio nei western di John Ford Viaggio nei western di John Ford Sulle tracce di Ombre rosse UTTI conoscono Ombre rosse, il capolavoro di John T Ford del 1939, il film western per eccellenza. Un'o—JU pera che consacrò non soltanto il suo autore come uno dei migliori registi di Hollywood, ma anche il western come uno dei generi cinematografici di più alto valore artistico e culturale. E attraverso Ombre rosse tutti conoscono la Monument Valley, il grandioso scenario naturale che fa da sfondo a una delle più affascinanti sequenze del film. Ma pochi, o forse nessuno, conoscono il signor Harry Goulding, a cui si deve la «scoperta» di quel luogo, divenuto poi famosissimo non soltanto grazie al film di Ford, ma grazie anche a molti altri western altrettanto noti, dai fordiani Sfida infernale, II massacro di Fort Apache, Sentieri selvaggi, Il grande sentiero, a C'era una volta il West di Sergio Leone. Monument Valley grandi immagini Stando a quanto riferisce Carlo Gaberscek in un originale e illustratissimo libro dedicato alla Monument Valley e agli altri luoghi naturali che compaiono nei film western di Ford (// West di John Ford, ed. Arti Grafiche Friulane), «nel 1921 il giovane Goulding, proveniente dal Colorado, attraversando questa regione a cavallo, era capitato per caso a Monument Valley e se ne era subito innamorato. Ma non era possibile stabilirvisi, perché la valle era allora inclusa nella riserva degli indiani Piute. Un anno dopo lo Stato dell'Utah offrì ai Piute una terra più fertile a Nord; così quella parte dell'estremo Sud dell'Utah diventò terreno demaniale assegnabile ai coloni. Harry Goulding ottenne 640 acri di terra ai piedi di Big Rock Door Mesa, a mezzo dollaro all'acro. Decise di stabilirsi proprio alla base delle pareti a strapiombo di Big Rock Door Mesa, in un punto ben riparato dal vento, con una magnifica vista a Nord verso i "monumenti": Train Mesa, F.agle Mesa, Brigham's Tomb on His Trone, Stagecoach, Bear and Rabbit, Castle Butte, Big Chief, Sentinel Mesa, Mitchell Mesa». Fu qui che Goulding costruì la sua casa, e fu di qui che egli si mosse, nel 1938, verso Hollywood, quando venne a sapere che la United Artists stava preparando un film western. Quale luogo migliore per ambientarvi la storia? quali sfondi più belli per le scorrerie indiane o l'assalto della diligenza? E a Hollywood Goulding portò con sé un albo di splendide immagini scattate da Joseph Muench: queste fotografie caddero sotto gli occhi di John Ford, che se ne innamorò. «Pochi giorni dopo, alla fine di ottobre - scrive Gaberscek - undici camion e circa cento persone (attori, tecnici, operai) erano già a Monument Valley». In realtà in quel film la Monument Valley si vede soltanto in due occasioni: quando la diligenza è avvistata dagli Apache, e quando esce dalla città di Tonto. Ma bastarono quelle poche immagini, cadenzate sapientemente da riprese cinematografiche e montaggi, per fare di quei luoghi i tópoi canonici del cinema western. E lo stesso Ford, a più riprese e con maggiore attenzione ai diversi aspetti topografici e ambientali, tornò nella Monument Valley, dandoci alcune delle sue più suggestive sequenze, per intensità drammatica o lirismo paesaggistico, nel Massacro di Fort Apache e nei Cavalieri del Nord-Ovest, in Sfida infernale e soprattutto in Sentieri selvaggi, il suo western più intenso. Ma il West di Ford non fu soltanto la Monument Valley. Con grande precisione e puntuali riscontri sul posto Gaberscek ripercorre nel suo libro - frutto di lunghi soggiorni negli Stati Uniti - i vari cammini dei film western di Ford: Moab e Cedar Mountains nell'Utah, e poi la California, il Texas, il Nevada, il Wyoming, il Colorado. Per ognuno di questi luoghi, di cui il libro ci fornisce abbondante e suggestivo materiale fotografico, sia tratto dai film, sia realizzato dallo stesso autore in loco (con interessanti confronti fra la «finzione» cinematografica e la realtà), la descrizione si arricchisce di continuo con i dati e le informazioni che riguardano la lavorazione dei vari film. La potenza del paesaggio Così, grazie anche alle cartine topografiche e alle precise filmografie, è possibile compiere un vero e proprio viaggio all'interno del cinema di John Ford, cogliendo sui luoghi dell'azione quegli elementi naturali che, trasferiti sullo schermo, sono diventati poi le immagini pregnanti di una situazione drammaturgica precisa. Come se il nostro sguardo su quella realtà, con l'aiuto delle fotografie di Gaberscek, fosse di fatto una sorta di immedesimazione filmica, un'esperienza personale che ci consente di rivedere i grandi western di Ford sotto una luce più intima, quasi familiare. Una luce che ci mostra la grandezza «pittorica» di un regista capace di usare il paesaggio come uno degli elementi di forza del cinema western classico. Gianni Rondolino