«Non chiamateci progressisti» di Andrea Di Robilant
Cacciari: simbolo brutto e logoro. Adornato: non ha più senso Cacciari: simbolo brutto e logoro. Adornato: non ha più senso «Non chiamateci progressisti» «La sinistra cancelli il suo marchio» LA «NUOVA» POLITICA PROMA ROGRESSISTA: termine che entrò fugacemente nel lessico della politica italiana alla fine della Prima Repubblica per indicare i partiti di sinistra che persero le elezioni del 1994». L'epitaffio è prematuro? Per molti leader progressisti è più che mai opportuno. A cominciare dal filosofo sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che dichiara l'espressione «brutta, logora da un secolo». Insomma, da dimenticare. Ferdinando Adornato, fondatore e leader di Alleanza democratico, fu tra i primi ad usare l'espressione «progressista» per designare la sinistra moderata. Ora spera che venga abbandonato al più presto. «Ormai è un termine destituito di qualsiasi fondamento. Aveva un senso quando serviva a distinguerci dall'estrema sinistra, ma poi nel cartello progressista è entrata anche Rifondazione comunista e la parola è diventata del tutto inutile». Gli fa eco Ottaviano Del Turco, ex segretario del partito so- cialista: «Occorre far rapidamente sparire dalla testa della gente il ricordo di quello schieramento elettorale». Non perché l'espressione «progressista», come dice Cacciari, sia vecchia e logora. «Anzi - dice Del Turco - il termine ò molto caro alla mia generazione perché raccoglie vari filoni di pensiero della sinistra. Ma non è pensabile continuare ad usare un'espressione che ormai simboleggia una congrega elettorale guidata da Leoluca Orlando che ha regalato la vittoria a Berlusconi». Chi propone di abolire il termine ricorda che in realtà il raggruppamento progressista si è disfatto il giorno dopo le elezioni e non è mai diventato operativo. «Le battaglie politiche non sono state fatte», dice Carlo Ripa di Meana, portavoce dei Verdi. «Non c'è mai stata una riunione, una discussione politica dopo la sconfitta elettorale. Così oggi quel nome è soltanto un logo sulla carta da lettere di qualche gruppo parlamentare. Non è rimasto nulla del raggruppamento progressista e dunque non vedo quale futuro possa avere». Anche perché, ricorda Ripa di Meana inficcando l'ultimo chiodo nella bara, «la nascita dei progressisti è stata sfortunata e l'Italia, si sa, è un Paese con forti tradizioni scaramantiche». All'interno della vecchia coalizione progressista c'è però chi pensa che quel termine possa sopravvivere e prosperare nonostante le vicissitudini iniziali. Come Ersilia Salvato, senatrice di Rifondazione comunista, convinta che «ci può essere un futuro» per i progressisti in Italia. «Quel termine non mi ha mai entusiasmato perché l'ho sempre giudicato troppo generico, ma non lo butterei via così aprioristicamente. Il progetto progressista può ancora essere realizzato a condizione di capire i motivi della sconfitta. C'è chi dice che quella sconfitta sia dovuta alla presenza di Rifondazione comunista nel cartello elettorale, e chi invece, come noi, pensa che quella sconfitta sia dovuta principalmente all'eccessiva continuità con il governo Ciampi». Discutere sui motivi della sconfitta può davvero ridare vita al cartello progressista, magari sotto rinnovate spoglie e con un nuovo nome? Difficile, risponde Adornato. «Oltre al nome nuovo ci deve essere la sostanza nuova. E se dietro al nome nuovo si nasconde la vecchia sinistra, beh, ti fanno subito tana». Andrea di Robilant Del Turco: la gente deve dimenticare quella sconfitta Ma la Salvato «E' un errore» A lato Massimo Cacciari, sindaco progressista di Venezia; sotto a sinistra Ferdinando Adornato, leader di Ad
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