Paura nella metropoli

Paura nella metropoli Paura nella metropoli Marco Risi: ora che c'è la tv non possiamo essere espliciti E se l'horror di oggi fosse il racconto minuzioso e raccapricciante della cronaca metropolitana? Se a metter paura allo spettatore le immagini fantastiche non bastassero più essendo quelle reali, documentaristiche o ricostruite in studio, assai più violente, spaventose, orribili di qualunque incubo immaginato da un genio del genere horror? Marco Risi, regista specializzato in film iperrealisti, in questi giorni alle prese con il mixaggio de «Il branco», la storia di uno stupro di gruppo con cui è in concorso al prossimo Festival di Venezia, prova a riflettere ad alta voce. La tesi gli pare insieme stimolante e provocatoria. «Certo Quentin Tarantino quando fa i suoi film sul degrado della nostra civiltà, raggiunge davvero vette d'orrore inaudito. Ma mi hanno raccontato che proprio lui, quando incontrò Michele Soavi l'autore di "Dellamorte Dellamore" gli si gettò ai piedi confessando infinita ammirazione per registi capaci ancora di fare l'horror alla vecchia maniera, gente come Freda, Lamberto Bava, Fulci. Il fatto è che l'horror è un genere con regole precise: meglio lo scricchiolio di una porta che rivoli di sangue, meglio una sospensione di fiato che l'abbondanza di effetti speciali truculenti. Argento prima maniera era perfetto. Poi s'è lasciato prendere la mano e adesso che esagera con i mostri acchiappa con minor vigore lo spettatore. Ma chiedere di fare un film horror a un grande maestro del cinema è un errore. Coppola quando fa Dracula non può abbassarsi agli effettacci: lui propone un esercizio di stile, una dotta citazione, una ricer- Nella foto in altsopra Dario Arg Marco Risi, qui nto ca iconografica e cade nel manierismo che non ha mai messo paura a nessuno. Jack Nicholson diretto da Mike Nichols in "Wolf-Lupo" è estremamente divertente, sofisticato, abile, ma non ha niente a che vedere con quei bei salti sulla sedia che ci riuscivano a far fare quando eravamo ragazzi pellicole dirette da autori senza pretese. Io ricordo di esser rimasto terrorizzato da "La maschera di cera" che vidi quando ero bambino, al punto che poi ne ho sempre voluti vedere pochi, di questi film, per paura di poter ancora provare quel • ' terrore che la sera, nel mio letto, non m'aveva fatto addormentare. Il meglio, per me, resta perciò "L'esorcista", un film di horror e divertimento dove ogni tanto, per fortuna, lo spettatore viene tirato per la giacca affinché capisca che quel che sta vedendo sullo schermo è assolutamente falso. Un espediente che chi come me racconta storie tolte di peso dalle pagine della cronaca dei giornali non può certo inseguire. Anzi. Il pedinamento della realtà è un esercizio duro e ogni giorno più arduo. Il nostro orrore lo vediamo la sera alla televisione nei telegiornali: sono immagini crude, spietate, violente, talmente esplicite che più che paura suscitano raccapriccio, schifo, nausea. E allora per noi che l'orrore quotidiano lo ricreiamo al cinema attraverso una storia, forse è il momento di far veder meno, sottrarre, suggerire e non mostrare. Come col sesso. Erotismo e paura al cinema non si possono più permettere un linguaggio troppo esplicito: la cronaca televisiva non glielo concede». [si. ro.] Nella foto in alto Marco Risi, qui sopra Dario Argento

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