«Medici avete ucciso mio figlio» di Fabio Albanese

Catania: bimbo di venti giorni curato per un'otite muore sull'ambulanza Catania: bimbo di venti giorni curato per un'otite muore sull'ambulanza «Medici, avete ucciso mio figlio» Denuncia del padre al magistrato: indagate su due ospedali «Lo hanno sballottato in più posti senza sapere cosa avesse» CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Davanti all'ingresso della sala mortuaria c'è una piccola folla di persone. Alfio Parisi, 28 anni, muratore, è seduto su un muretto e aspetta che gli venga consegnato il corpo di Antonino, suo figlio, nato appena 20 giorni fa e adesso sottoposto ad autopsia su un tavolo di marmo: «Voglio giustizia, non tanto per me. Antonino ormai non c'è più, ma è importante che la gente sappia come è facile morire in un ospedale». Antonino è morto sabato pomeriggio, su una vecchia ambulanza dell'ospedale «Garibaldi» che lo stava trasportando dal pronto soccorso pediatrico al reparto di Rianimazione. Centocinquanta, duecento metri al massimo, diventati fatali per il neonato. Per 24 ore i medici di due ospedali della città gli avevano diagnosticato una banale otite, da curare con qualche goccia da mettere nelle orecchie. Ma Antonino è morto. Forse non era un'otite, forse c'è stata lentezza nei soccorsi, leggerezza da parte di qualche medico, o forse incompetenza e negligenza. Sarà un'inchiesta della magistratura a stabilirlo. L'autopsia sul piccolo cadavere di Antonino è il primo atto che ha ordinato il sostituto procuratore presso la pretura Salvatore Trovato dopo avere nominato due consulenti. Solo dopo potranno essere interrogati i medici di pronto soccorso e quelli di Pediatria degli ospedali «Vittorio Emanuele» e «Garibaldi» di Catania. Venerdì, nella tarda mattinata, Alfio Parisi aveva portato il bimbo al Vittorio Emanuele perché piangeva. Lì al neonato avevano diagnosticato l'otite; qualche ora dopo, anche i medici dell'altro ospedale, a cui Parisi si era rivolto «per maggiore tranquillità», come racconta, avevano detto la stessa cosa e consigliato la stessa cura. «La sera abbiamo messo le gocce e aspettato - dice Alfio Parisi - ma l'indomani mattina mio figlio stava peggio, il viso aveva cambiato colorito, aveva la febbre alta». Dal quartiere Pigno, periferia Sud di Catania, dove abitano, Alfio Parisi e la moglie Agata Bion¬ di tornano al «Garibaldi», con il bimbo in braccio. Si presentano al pronto soccorso pediatrico dove, dopo una ventina di minuti d'attesa, una dottoressa ordina di mettere il neonato in incubatrice per poi, qualche minuto dopo, disporre l'immediato trasferimento al reparto di Rianimazione. «Hanno messo il bambino sulle braccia di mia moglie - racconta ancora Alfio Parisi - dicendole di scendere e di aspettare che sarebbe passata l'ambulanza, arrivata dopo una decina di minuti. A bordo non c'era l'ossigeno; l'autista ha detto che non ce n'era bisogno perché il tragitto era breve. Quando siamo arrivati alla Rianimazione, ci hanno detto che mio figlio era già morto». Era sabato pomeriggio. Disperato, Antonino Parisi è andato al più vicino commissariato di polizia a sporgere denuncia. Negli uffici della «Centrale» di largo Paisiello lo hanno consolato, hanno raccolto l'espostosfogo; poi hanno trasmesso il rapporto alla magistratura. «Assurdo. Tutto questo è assurdo - continuava a ripetere ieri Salvatore Biondi, il nonno di Antonino, in attesa davanti all'obitorio -. Mio nipote è stato sballottato da una parte all'altra, senza che nessuno capisse che cosa aveva». Per tutta la giornata di ieri, al pronto soccorso pediatrico del «Garibaldi» c'è stata una impenetrabile consegna del silenzio. Non c'era il primario, il professor D'Asero, solo da poche settimane alla guida del reparto. A quanto pare non c'era nemmeno la dottoressa che ha accolto sabato pomeriggio il piccolo Antonino e ne ha poi disposto il trasferimento in Rianimazione: «Non c'è nessuno e non sappiamo nulla di questa storia», è stata l'unica risposta da parte del medico di turno ieri. La sala mortuaria si trova poco più in là, a metà di una leggera discesa, a qualche decina di metri dal pronto soccorso pediatrico. Tra un gruppo di parenti in lacrime, per tutto il pomeriggio di ieri Alfio Parisi è rimasto seduto su quel muretto, ad aspettare: che gli fosse riconsegnato il corpo del figlio. E che qualcuno faccia giustizia. Fabio Albanese A Catania Alfio Parisi mette sotto accusa i soccorsi prestati al figlio

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