Odissea sulla strada per Plitvice

Inutili gli appelli di Sarajevo a tornare, tra la folla la moglie e la figlia del leader secessionista Abdic Inutili gli appelli di Sarajevo a tornare, tra la folla la moglie e la figlia del leader secessionista Abdic Odissea sulla strada per PHtvke In fuga nella Krajina serba 44 mila musulmani ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Migliaia di automobili, autobus, camion e perfino carri trainati da cavalli. Il drammatico esodo dei profughi musulmani della Bosnia occidentale è finito in una colonna di autoveicoli bloccati sulla strada dei laghi di Plitvice, il parco nazionale della Croazia rimasto nei territori occupati dalle forze serbe. Uomini, donne, vecchi e bambini, stravolti dal caldo, lo sguardo disperato di chi ha perso tutto, rimangono lì, in attesa, senza sapere dove cercare la salvezza. Secondo l'Unprofor e l'alto commissariato per i profughi, sono 44 mila quelli che hanno attraversato il confine croato. Ma d'accordo con le autorità di Zagabria e di Sarajevo le forze dell'Onu stanno cercando di convincerli a tornare alle loro case. Dalla capitale bosniaca continuano infatti a giungere appelli ai profughi musulmani affinché rientrino in Bosnia. Lo stesso comandante del quinto corpo dell'esercito bosniaco che ha preso il controllo di Velika Kladusa, la roccaforte del leader musulmano secessionista Fikret Abdic, ha lanciato un messaggio ai fuggitivi. «Le unità dell'esercito bosniaco hanno ristabilito il potere legale a Velika Kladusa. Sono quelle stesse persone per le quali avete votato alle elezioni. A Velika Kladusa è ritornata la calma. La polizia proteggerà le vostre proprietà fino al vostro ritorno. La vostra sicurezza personale è garantita dai nostri soldati, nonché dalle forze dell'Onu. Affinché il vostro inutile viaggio nell'ignoto termini al più presto e cessino le vostre sofferenze vi invitiamo a tornare a casa», ha detto Dudakovic. Ma per il momento né il suo invito, né le promesse di amnistia del governo di Sarajevo ai «secessionisti» hanno avuto effetto. I profughi continuano a sperare di poter passare nelle zone libere della Croazia. Ma il governo di Zagabria che ospita già quasi mezzo milione di profughi non può accogliere una nuova ondata di rifugiati. «Abbiamo preparato un piano di emergenza per ospitarli nei territori delle zone controllate dai Caschi blu. Abbiamo assicurato 10 tonnellate di cibo e l'assistenza sanitaria», ha dichiarato il vice primo ministro croato Kastovic. «Ma questa gente deve avere fiducia nel governo di Sarajevo e accogliere l'invito di tornare a casa. Solo così si potrà evitare un nuovo dramma umano». A detta del portavoce dell'Unprofor Eric Chaperon, a Velika Kladusa regna la calma. «I combattimenti tra l'esercito bosmaco e le milizie di Abdic sono continuati nella notte nella regione a Ovest della città. Non sappiamo inoltre che cosa succede nella parte nordorientale, ma dal comando dell'esercito bosniaco ci assicurano che non ci sono più scontri)'. Non si sa nulla delle vittime cadute in città. L'unica notizia certa è il ferimento di tre bambini trasportati dai Caschi blu a Bihac. Rimane tuttora sconosciuta la sorte di «Babo», il pa- dre, nome con cui la gente di Velika Kladusa chiama Abdic. «Il nostro leader e la sua famiglia si trovano nei territori della regione autonoma della Bosnia occidentale controllati dalle nostre forze. E' pronto a negoziare, ma non riconosce a Sarajevo il diritto di occuparsi dei profughi. Sono circa 100 mila le persone fuggite dalla Bosnia occidentale. La prima condizione per il loro ritorno è la ritirata dei soldati dell'esercito bosniaco». In una conferenza stampa convocata a Zagabria i più stretti collaboratori di Abdic hanno smentito la sconfitta delle loro milizie secessioniste e la fu¬ ga del capo nei territori della Croazia occupati dai serbi. Ma si fa sempre più insistente la voce che «Babo» si sarebbe rifugiato a Knin, roccaforte dei ribelli serbi della Krajina suoi alleati dall'inizio della ribellione a Sarajevo, mentre la moglie e la figlia sarebbero tra i profughi. «Fikret Abdic verrà processato per alto tradimento». Il presidente bosniaco Izetbegovic ha confermato ieri che per «Babo» non ci sarà nessuna amnistia e che dovrà rispondere dei crimini commessi. Intanto, da Belgrado l'inviato speciale del Segretario generale dell'Onu Akashi ha dichiarato di non vedere nessun segnale positivo per una pace vicina in Bosnia. Nell'incontro durato più di tre ore con Akashi, il presidente serbo Milosevic ha infatti rifiutato ancora una volta la presenza degli osservatori internazionali sulla frontiera tra la Federazione jugoslava e la Bosnia per controllare se i serbi di Belgrado hanno veramente interrotto le relazioni con i «fratelli» bosniaci. Da parte sua, il leader serbobosniaco Karadzic sta tenendo una serie di comizi nei territori della Bosnia occupati dalle sue truppe per convincere la gente a votare «no» al referendum di domenica sul piano di pace del «Gruppo di contatto». Dalla Bosnia centrale è giunta la notizia che sul colle Rasce, presso Fqjnica, le forze di pace dell'Onu hanno innalzato una nuova croce al posto di quella abbattuta e bruciata dai Caschi blu malesiani 10 giorni fa. La nuova croce è stata consacrata dai sacerdoti del contingente danese e canadese, mentre un gruppo di soldati malesiani di religione cattolica ha chiesto scusa ai rappresentanti croati. Ingrid Badurìna Il generale Rose, comandante dei Caschi blu in Bosnia, su un tram a Sarajevo

Persone citate: Abdic, Fikret Abdic, Ingrid Badurìna, Izetbegovic, Karadzic, Milosevic