«lo, profuga autorizzata da Fidel» di Vittorio Zucconi

«lo, profuga autorizzata da Fide.» «lo, profuga autorizzata da Fide.» Maria racconta la sua fuga in America TKEYWEST UTTI qui, anzi - Maria arrossisce - ormai devo dire là, a Cuba, tutti hanno parenti in America, a Miami, a New York, a Chicago. Tutti sanno la verità». E perché non partono tutti, allora, come teme Clinton che ha sprangato il portone? «Perché ci vogliono soldi, soldi veri, non pesos cubani, per fare il salto». La loro zattera fu costruita in una notte da un barquero, da un trafficone di Santa Fe che per la somma di 100 dollari, un capitale, raccattò tre camere d'aria da camion, funi, spranghe di ferro per costruire lo scheletro della barca e una manciata di assi di legno per il «ponte» e i sedili. Non vorrei essere malizioso, ma dove li avevate trovati, Maria, quei 100 dollari? «Ce li avevano mandati i nostri zii da Miami: tutti quelli che scappano adoperano i soldi mandati dall'America». A cavallo di quel che era poco più di un salvagente, Maria e i suoi cinque compagni di viaggio presero il mare la notte del 15 agosto. «Passava un frentepio, una perturbazione fredda, e il cielo era coperto, senza stelle. Mio fratello avviò il motorino, e cominciammo a muoverci verso Nord». Avevate una bussola? «Ma no. La corrente qui spinge sempre verso Nord-Est e poi nessuno pensa di arrivare davvero in Florida. Ci si mette in mare sperando di essere pescati dalla guardia costiera americana». E se i guardacoste non vi avvistano? Maria tira la lampo della giacca fino al collo, come se facesse freddo in questa Key West bollente: «Allora si va in pasto agli squali». Yimuri! Sul trabiccolo galleggiante si erano portati due taniche d'acqua da 5 litri ciascuna, e uno scatolone di plastica pieno di arroz yfiijoles, di riso e fagioli, la dieta esclusiva di ogni cubano oggi. «Avremmo potuto portare anche di più da mangiare, ma non sarebbe servito a niente. La zattera non sta insieme per più di 4, 5 giorni al massimo. Se in 4 o 5 giorni non fossimo sbarcati in Florida o non ci avessero pescato i guardacoste saremmo morti di certo. Sopravvivere per altri tre o quattro giorni sarebbe stata solo un'agonia inutile». Santa Fe è un porto di pescatori fedeli al regime. I pescatori non sognano il «salto», non hanno nessuna intenzione di attraversare gli Stretti della Florida, perché stanno bene dove sono. Mangiano il pesce che pescano, vendono gli scarti allo Stato e il pesce buono al mercato nero. Non collaborano, ma non denunciano chi si butta a mare dal loro porto, e poi oggi non ci sarebbe niente da denunciare. «Lo sapevamo tutti, a Cuba le notizie corrono di bocca in bocca, che i Grìffins - i che cosa? - i Griffins, le barche della guardia costiera cubana avevano ricevuto ordini da Castro di lasciarci partire. Al largo, incontrammo due Griffins. Ci vennero vicino a tutto motore come se volessero speronarci, virarono all'ultimo momento, vicinissimo, sollevando un grande spruzzo d'acqua che per poco non frantumò la nostra zattera, credo che lo facciano apposta, per tormentare, e basta». Nelle acque degli Stretti di Florida i suoi copertoni si solle vavano e si abbassavano dolce mente sulle onde lunghe dell'oceano gentile. «Nessuno di noi parlava, perché parlare stanca e fa venire sete. Io cercavo di non pensare a niente, perché vengono solo pensieri brutti, il naufragio, i tìburones, i pescecani sotto il sedere, i nostri vecchi, i genitori che ci eravamo lasciati dietro perché loro non ce l'avrebbero fatta e ci avevano salutato contenti, dicendo vi aspettiamo presto, qui a Cuba, tornate». Eravate soli, nell'oceano? «No, eravamo scesi in acqua in cinque zattere quella notte da Santa Fe. Ma poi, poco a poco, gli altri si erano allontanati da noi e li avevamo persi di vista. Tutti vanno a velocità diversa, capisce. Una zattera aveva una vela, fatta con camicie cucite insieme, su un'altra remavano, un'altra ancora aveva un motore fuoribordo troppo grosso, che minacciava di rovesciarla a ogni onda». Qualcuno di loro sarà morto, magari quelli della vela fatta con le camicie? «No, mi hanno detto che sono morti quelli del fuoribordo. Hanno trovato la zattera vuota e rovesciata». All'alba del terzo giorno, quando una delle tre camere d'aria si stava già inesorabilmente sgonfiando, la sagoma bianca di un cutter della guardia costiera apparve all'orizzonte. ((Avremmo voluto saltare, gridare, agitare le braccia, ma dovevamo stare fermi sulle assi di legno, per non squilibrare la zattera che stava affon¬ dando. Aspettammo ancora tre ore, prima che il barco yanqui ci avvistasse e si avvicinasse a noi, le tre ore più lunghe della mia vita. Era una barca bellissima, tutta bianca con una fascia rossa sulla prua, credo si chiamasse Vermont. Appena posso vado a visitarlo, questo Vermont. Ci caricarono a bordo, spararono qualche colpo di pistola alle nostre camere d'aria per far affondare la zattera. Un marinaio giovanissimo mi sorrise, fissandomi a lungo, e mi disse welcome to America. Mi sono accorta solo dopo che avevo la camicetta di cotone inzuppata ed era come se fossi nuda dalla vita in su. Sulla barca della guardia costiera trovammo altri 15 cubani che erano già stati ripescati, venivano da Cojmar, da Mariel, da Matanzas». Maria e i suoi fratelli arrivarono a Key West la notte del 18 agosto, ignari di essere stati gli ultimi a farcela. Mentre li asciugavano e li rifocillavano sotto le tende del Centro cubano di soccorso, il ministro della Giustizia americano Janet Reno annunciava alla televisione la nuova politica della porta chiusa. Basterà a fermare l'esodo? «No, solo la morte di Castro può fermarlo». E in America che farai, Maria? Si illumina: «L'ingegnere, in America gli ingegneri guadagnano bene, non è vero?». E' vero, ma purtroppo guadagnano bene anche le prostitute. Vittorio Zucconi

Persone citate: Clinton, Janet Reno