«L'Eliseo ordinò di farmi fuori»

«L'Eliseo ordinò di formi fuori» L'avvocato di Carlos accusa «L'Eliseo ordinò di formi fuori» PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «I servizi segreti francesi mi volevano uccidere. Il mio nome figurava in un elenco di personaggi scomodi "da eliminare" che gli 007 sottoposero nei primi Anni 80 a Francois Mitterrand. Lo so con certezza. Me lo confidò, tempo dopo, quello che doveva essere il mio killer: il capitano Paul Barrii, ex co-responsabile della Sicurezza per l'Eliseo. Sfido il Presidente a smentirmi». Jacques Vergès, l'avvocato più celebre di Francia, risponde alle accuse che lo vogliono «fiancheggiatore», «complice» e «intermediario» fra il terrorista e Parigi nello spinoso dossier Carlos e come sua abitudine - contrattacca. Rivelazioni autentiche o polverone difensivo? Barrii, le cui recenti disavventure giudiziarie - nascose armi in un alloggio a Versailles per incastrarne gli inquilini, irlandesi, quali membri Ira - non testimoniano comunque in suo favore, tace. Ma una cosa, perlomeno, è sicura: il caso Carlos si accinge a divenire il feuilleton dell'estate '94. In prima pagina da quasi una settimana, con i suoi ormai quotidiani scoop e retroscena fa impallidire la tangentopoli pallonara di Bernard Tapie, telenovela ufficiosa per il '93. E alle già numerose capitali in gioco - Parigi, Khartoum, Bonn - si è aggiunta ieri, inattesa, Teheran. Scrive l'autorevole quotidiano cairota «Al-Ahram» che dietro la misteriosa cattura del venezuelano Ilic Ramirez Sanchez alias Carlos in Sudan vi sono gli iraniani. I quali avrebbero ingiunto al Paese amico di estradare in Francia il ricercatissimo ma ormai seminnocuo ultraquarantenne per farsi restituire, senza fastidiosi processi, due preziosi agenti su cui Parigi aveva messo le mani. Insomma, un classico «scambio di spie». Pioveranno le smentite, ma il dubbio è più tenace che qualsiasi versione ufficiale. Tanto più che «Al-Ahram» infarcisce la notizia con succosi dettagli. A suo dire, prima che esigenze diplomatiche superiori lo facessero scaricare da Khartoum, Carlos trovò nella leadership sudanese un ospite premuroso e magnanimo. Il «nemico n° 1» teneva corsi regolari di «strategia» nelle accademie militari, girava la capitale con un gorilla affibbiatogli dal regime, cenando - addirittura - da Hassan el-Turabi, l'uomo ombra dell'establishment. Altro che «ingresso clandestino» e falsa identità, come pretende il governo. Ma le sorprese non finiscono qui. Ereditati gli archivi Ddr, la Germania Federale informò sin dal '92 Parigi sulle responsabilità di Carlos in alcuni fra i numerosi attentati che insanguinarono la Francia dall'80, ma la polizia non ne informò il giudice Jean-Louis Bruguière. Il quale doveva ritrovare mesi dopo a Budapest e Berlino quelle medesime fiches negategli dai suoi compatrioti. Omissione? Depistaggio? E' l'ennesimo interrogativo in una storia che già ne conosce a decine. Ma uno, in particolare, appassiona il pubblico francese. Jacques Vergès, l'enigmatico difensore di Klaus Barbie che non si lascia tuttora sfuggire un solo imputato celebre, era davvero l'uomo cui Carlos affidò trattative top secret con Gaston Defferre, allora ministro dell'Interno ps, per ottenere clemenza processuale verso Magdalena Kopp e Bruno Bréguet, suoi complici? Le annotazioni della Stasi lo confermerebbero. Ma per Vergès sono «merda». E nega con vigore di avere negoziato una qualunque contropartita. Era semmai il Potere, osserva, che voleva trattare. La polemica divampa. «Le Monde» ha reso nota una lettera dell'autunno '93 in cui Louis Janet oggi consigliere presso l'Eliseo ma all'epoca (l'82) segretario del premier Mauroy - riferisce le pressioni fattegli da Vergès. «Mi lasciò capire che era indispensabile scarcerare i due. E al mio diniego, si accomiatò preconizzando conseguenze "di estrema gravità"». Carlos potrebbe forse chiarire il mistero. Ma finché avrà Vergès per legale è legittimo dubitarne. Enrico Benedetto Jacques Vergès l'avvocato del super terrorista Carlos accusa Francois Mitterrand «I servizi segreti francesi volevano uccidermi»