«Ragazze scatenate contro il senegalese»

L'aggressione razzista sulla spiaggia di Cagliari: i testimoni accusano le due donne del gruppo L'aggressione razzista sulla spiaggia di Cagliari: i testimoni accusano le due donne del gruppo «Ragazze scatenate contro il senegalese» Uno dei compagni: hanno ferito loro all'occhio l'ambulante Incriminate pure per oltraggio e danneggiamento delle celle ROMA. Ragazze terribili, non c'è che dire, le «dolci» bagnanti romane che hanno scatenato il pestaggio dell'altro giorno, sulla spiaggia di Cagliari, ai danni di un povero senegalese che vendeva bibite. Sono state loro, Fabiola Rasori e Francesca Apolloni, ventenni della periferia romana, a dare il «la». Prima hanno provato a rubare un paio di orecchini a un ambulante e con quello si sono quasi accapigliate. Poi, quando il senegalese s'è allontanato, hanno scatenato i fidanzati nella rappresaglia. E non si sono tirate indietro neppure quando s'è trattato di menare le mani, ben sapendo che stavano prendendosela con uno che non c'entrava niente. Un altro senegalese, che aveva la semplice «colpa» di passare di là. Al termine, sono anche le uniche ad essere state denunciate per oltraggio a pubblico ufficiale e per il danneggiamento della cella. «Materassi e mura risultano imbrattate con feci e urina», scrive asettico il verbale giunto alla magistratura. E si capisce che le due signorine non ci vanno leggere. Ma il carico da novanta, inaspettato, arriva dalla testimonianza di uno dei tre giovanotti. Mauro Aversano, il para in licenza, intervistato dal TG4, ha scaricato buona parte delle colpe proprio sulle ragazze: «La bottigliata sull'occhio gliel'ha data una di loro. E le celle? Sono state le ragazze che si sono fatte prendere da crisi. Una cosa impensabile a rimanere tutta la notte là dentro, a dormire sul cemento, tra coperte che puzzavano di letame». E questo racconto, in fondo, con- corda in buona parte con quello dei testimoni cagliaritani. «Le donne erano ancora più esagitate e violente degli uomini. Hanno continuato a colpire e cercare di ferire il senegalese con i cocci di bottiglia». I bagnanti sono quelli che l'altro giorno si sono presentati in tribunale e che andranno a testimoniare anche al processo, il 5 novembre, quando i cinque picchiatori romani risponderanno di lesioni aggravate, dan- neggiamento di beni dello Stato e oltraggio a un agente di polizia. E se qualcuno si sentisse offeso dai gestacci dell'altro giorno, e li querelasse, potrebbero persino rispondere di nuovi reati. Ma la mamma di Fabiola scusa i ragazzi: «Non sono degli incivili. Quelli sono gesti di chi sta soffrendo per aver passato la sua prima notte in prigione». Il racconto di Mauro Aversano va preso con cautela, perché, dimenti- candosi della galanteria, è già iniziato un grande scaricabarile tra i cinque. Ciascuno accusa l'altro di aver iniziato. E tutti e cinque, compatti, raccontano di un'inverosimile aggressione. Dice Mauro Aversano: «Prima che noi ragazzi arrivassimo sulla spiaggia questo venditore aveva aggredito le nostre fidanzate. Mi ero lanciato con i miei amici al suo inseguimento: non quello che è stato ferito, ma l'altro. In pochi attimi il Poetto si è trasformato in un campo di battaglia. Una rissa in cui tutti menavano tutti». Ma questa versione è contraddetta dai testimoni. E in particolare da diversi agenti di polizia presenti al fatto. Per sfortuna dei 5 picchiatori, l'aggressione s'è svolta a pochi metri dallo stabilimento balneare della Ps. E sull'arenile, in costume, c'erano molti agenti. Ecco il racconto del vicecapo di gabinetto della questura, Cinzia Riccardi: «Sono dei selvaggi che si accanivano con pugni, calci e bottiglie rotte su un povero uomo che badava solo a difendere il suo strumento di lavoro, una borsa frigo. Non dimentico quello coi capelli lunghi che gli ballava sul corpo, urlando: noi i negri a Roma li bruciamo! Sporca razza inferiore!». Ma una scena è rimasta impressa a molti testimoni e verrà rivissuta in tribunale: l'inseguimento. I tre ragazzi, infatti, sono arrivati sulla spiaggia un attimo dopo che il senegalese venditore di orecchini si era allontanato. Hanno visto da lontano un altro nero e si sono avventati. Giorgio Manunza, che si vanta di essere campione di karaté, ha spic¬ cato un bel salto e l'ha colpito dietro il collo con un calcio. Poi ha infierito sull'uomo steso a terra. E anche Mauro Aversano, il para, non è stato da meno. Racconta un bagnino che è tra quelli intervenuti: «Quello con i capelli corti mi ha colpito. Si vantava di essere paracadutista e urlava che ci avrebbe massacrato tutti. Però quando ha visto arrivare i poliziotti è stato il più veloce a scappare». Ieri il gruppetto è rientrato a Roma. I carabinieri li hanno rimessi sul traghetto della sera. Ma a casa ci sono state reazioni diverse. Alcuni hanno trovato comprensione. Altri no. «Mio padre - racconta Aversano - da due giorni non mi parla. Sta a letto e non si alza». Francesco Grignetti é Wt..v,:, **p Il senegalese picchiato, Ndjang Aldhjuma Mauro Aversano uno dei cinque giovani accusati di aver aggredito l'ambulante sulla spiaggia

Luoghi citati: Cagliari, Roma