«E' l'opposto del mio Sciacallo»

«E' l'opposto del mio Sciacallo» «E' l'opposto del mio Sciacallo» Forsyth: macché superterrorista, è un fallito IL MAESTRO DEL TH KELLER ALONDRA dispetto della generale emozione suscitata dalla cattura dello Sciacallo, io sono tra i pochi che è rimasto piuttosto indifferente di fronte alla notizia. Penso di avere dei buoni motivi. Partiamo dal soprannome. Tra il 1973 e il 1975 Ilic Ramirez Sanchez si nascose a Londra e a Parigi sotto il falso nome di Carlos Martinez Torres. Poi, nel luglio del '75, emerse dall'oscurità in seguito al fallito tentativo di catturarlo nel suo appartamento parigino. Alcuni giornalisti in cerca di un titolo facile lo definirono lo «Sciacallo», ispirandosi a un personaggio del «Giorno dello Sciacallo». Il nomignolo attecchì e fu riutilizzato puntualmente, fino a trasformarsi in mito. Ed è proprio questo il punto. Moltissimo di quanto è stato scritto su di lui - spesso con la sua connivenza, perché adora la pubblicità - è soltanto mito. Il personaggio a cui deve il suo soprannome tentò di uccidere il presidente francese Charles de Gaulle. Se negli Anni Sessanta qualcuno ci fosse riuscito davvero, la storia sarebbe stata diversa, certamente la storia della Francia, probabilmente quella del nostro continente e forse quella del mondo. Nella storia, ci sono stati dei guerriglieri - terroristi, secondo i loro nemici - che hanno fatto esattamente questo tipo di azioni. Ma non è il caso di Carlos. Se ha combattuto per il comunismo, in quanto militante marxista-leninista, la sua causa è fallita miseramente. Se invece ha combattuto per uno Stato autonomo palestinese, questo sta vedendo la luce attraverso la via del negoziato, una soluzione che è l'esatta antitesi di ciò in cui credeva. Se poi si è battuto per distruggere Israele, lo Stato ebraico è più forte che mai. E se ha ucciso in nome del proletariato, è stato bruscamente disconosciuto. Di fatto, ha sempre fallito, ritrovandosi sconfitto in tutte le battaglie che ha intrapreso. Persino in Medio Oriente, che è diventata la sua seconda casa, figure come Wadi Haddad, Ahmed Jibril, Abu Nidal e il «principe rosso» Ali Has- san Salameh vengono considerati dagli esperti.molto più pericolosi di lui. Con una sola eccezione, la carriera di Carlos è un'interminabile susseguirsi di attacchi codardi contro obiettivi estremamente vulnerabili. In Medio Oriente, grazie all'aiuto dell'ambasciata cubana, Carlos divenne rapidamente una star dei media europei. Per 15 anni, colpì persone indifese nei caffé, sui treni, nelle stazioni, negli aeroporti: uomini e donne che non avevano nulla che fare con la Palestina o con il Medio Oriente. Per ciò che ne so, non ha mai attaccato soldati o poliziotti, non è mai penetrato in Israele né ha affrontato un uomo armato. Lui è sempre stato uno che sparava a tradimento, un attentatore. Il suo colpo più clamoroso, il rapimento a Vienna di 11 ministri del Petrolio dell'Opec, avvenuto nel '75, non avrebbe mai dovuto tramutarsi in successo. Riuscì grazie alla codardia del governo austriaco di Bruno Kreisky, una delle più illustri «colombe» degli Anni Settanta. Ma se la sparatoria di Parigi riempì le pagine dei giornali, il sequestro di Vienna scatenò i media e il mito di Carlos si ingigantì. Allora, cosa c'è in questo piccolo venezuelano, brutale e sostanzialmente fallito, he ha tanto affascinato l'Occidente? Io penso che ci siano tre ragioni, tutte piuttosto deboli per la verità. Prima ragione. Gli è sempre piaciuta la pubblicità. Ma la pubblicità è come una donna scostante. Le piace essere adulata. E Carlos l'ha sempre fatto con sufficiente arroganza ed egocentrismo per gua¬ dagnarsi colonne e colonne di giornale. Mentre tanti altri terroristi se ne stavano nell'ombra, Carlos rilasciava dichiarazioni e scriveva comunicati. Seconda ragione. Aveva una consolidata reputazione, alimentata con grande astuzia, di latin lover. Senza dubbio, come terrorista di primo piano aveva a disposizione un gran numero di ragazze disponibili, perlopiù ragazze scappate di casa, provenienti dalla media borghesia. Ma molte delle sue conquiste erano cameriere, spesso straniere. Dunque, ancora una volta, si trattava di obiettivi facili. Terza ragione. Era un vero e proprio camaleonte - di questo bisogna dargli atto - capace di muoversi per tutta l'Europa. I suoi documenti, tuttavia, non erano dei veri falsi, ma passaporti consegnatigli da «governi amici». Alla base di tutto resta il fatto che Carlos era un omicida psicopatico. Uccideva perché gli piaceva e tanto più indifesa era la vittima tanto meglio era per lui. Se gliene avessero dato la possibilità avrebbe sparato a un uomo negli occhi, per almeno tre volte. Adesso, nessuno più di lui merita di trascorrere la vita dietro le sbarre per quelle 83 vittime indifese. Frederick Forsyth Copyright Frederick Forsyth e per l'Italia «La Stampa» Moltissimo di ciò che è stato scritto su di lui è niente di più che mito inconsistente La sua carriera è un susseguirsi di attacchi codardi contro obiettivi indifesi Lo scrittore Frederick Forsyth e, a sinistra, l'impresa più clamorosa di Carlos: il rapimento a Vienna di 11 ministri del Petrolio dell'Opec avvenuto nel 1975