Traditi dagli anni del grande caldo
Traditi dagli anni del grande caldo LA PARETE DELLA MORTE Traditi dagli anni del grande caldo Inesperto: il ghiacciaio si sta sciogliendo ALESSANDRO Gogna l'ha fatta a 23 anni, la «via dei francesi». Era il 1961, e prima di lui lì sopra ci erano passati in pochi: 6 ripetizioni da quel 17 luglio del 1931, data della prima ascensione di Devies e Lagarde. Gogna allora iniziava una carriera piena di successi, con «prime» importanti, al Naso di Z'mutt, al Cervino, la solitaria della via Cassin alle Grandes Jorasses, e tante altre. Anche la «via dei francesi» l'aveva fatta, per primo, in solitaria, e non senza difficoltà. E avverte: «E' quasi necessario partire verso mezzanotte dal rifugio, per poter percorrere i tratti pericolosi del ghiacciaio del Signal a ore opportune». E parla di «una grande parete terminale, tagliata da un ripidissimo couloir battuto dalle scariche di ghiaccio dei seracchi che si affacciano dal Colle Gnifetti». Ecco: Gustavo Peyron e Luigi Sertorio forse sono precipitati proprio in questo punto. Una scarica improvvisa, quando il percorso era quasi ultimato. «Non chiamatela "via" male¬ detta. Quella "dei francesi" è solo una via molto difficile - spiega Claudio Schranz, guida di Macugnaga, 50 spedizioni extraeuropee alle spalle -. Quest'anno io non l'ho fatta, e se anche un cliente me la chiedesse, mi rifiuterei di portarlo lassù. Troppo caldo, troppo pericolo: il ghiaccio non tiene». Gustavo e Luigi invece ci sono saliti, e da soli. Forti del loro entusiasmo, e attrezzati, oltre che di corde e ramponi, anche di quel «bagaglio di sacrificio, e di coraggio, che sono le virtù etiche dell'alpinismo», commenta Pietro Crivellaro, accademico del Cai, storico dell'alpinismo. Ma quella «via», se davvero i due torinesi l'hanno fatta (e la certezza che abbiano seguito proprio quel percorso non c'è), è diventata con il passare degli anni una «via» proibita. Spiegano al Cai di Torino: «In questi ultimi 10-15 anni di scarso innevamento, le vie un tempo classiche sono diventate impraticabili. E' il caso della via Allain al Nord del Petit Dru: da 10 anni le guide di Chamonix la sconsigliano. E poi c'è la Nord del Monviso: aperta intorno al 1870, ma oggi farla sarebbe una follia, perché metà del ghiacciaio Coolidge non esiste più. Se la copertura glaciale si modifica, certe vie spariscono, o diventano proibitive. Nelle nuove edizioni delle nostre guide, Gino Buscaini ha modificato molti percorsi». Lo stesso discorso vale per la Est del Rosa: «E' la più grande parete delle Alpi, ma il ghiaccio è ridotto, e ormai è praticabile solo da gente con immensa esperienza, e chi ha un'immensa esperienza evita questa stagione». «Gustavo mi aveva detto: "O saliamo dalla Signal, oppure da un'altra via, di cui però non ricordo il nome". E a me si era agghiacciato il sangue, perché sapevo che quella era la "via dei francesi"». Questo ricorda Gian Paolo Peyron. Dal punto in cui sono stati ritrovati i corpi dei due alpinisti, non è possibile individuare con certezza la via seguita. Sono morti, e questa è l'unica verità. «Ma per favore, non pensate che siamo matti, che rischiamo la vita così. Se andiamo in montagna, è perché dentro abbiamo una passione grande». Claudio Cattarinuzzi, 27 anni, di Premosello, provincia di Novara, Sertorio se lo ricorda bene: «A Capodanno l'ho tirato fuori da un crepaccio, sul Rosa. Poteva capitare a me, di cadere, e io sarei morto, perché le corde le avevo io, non lui. Mi ha ringraziato, mi ha anche regalato i suoi ramponi. Quindici giorni dopo l'ho ritrovato, sempre lassù. Cercava di recuperare uno sci perso la volta prima. Ho saputo che l'avevano trovato morto, lunedì sono salito a Macugnaga. Lui però non ho voluto vederlo: me lo voglio ricordare così, nella bufera che c'era alla Gnifetti». Brunella Gio vara
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