Da Ugo La Malfa a Vivaldi italiani senza pace nell'aldilà

«Compagni di Gesù» non di Baggio lettere AL GIORNALE Da Ugo La Malfa a Vivaldi, italiani senza pace nell'aldilà Non paragonatelo a Bossi Su La Stampa del 10 agosto ho letto una dichiarazione del capogruppo di Forza Italia, Raffaele Della Valle, a proposito degli atteggiamenti antigovernativi del leader della Lega, Umberto Bossi: «E' come Ugo La Malfa che faceva qualche sparata e poi restava comunque nel governo». Penso che si tratti di un'affermazione non meditata, comunque meritevole di alcune considerazioni: 1) quando Ugo La Malfa criticava il governo dall'interno (senza far «sparate» ma spiegando il dissenso con acuta razionalità) era il leader di un partito che, lui compreso, aveva tre deputati e un senatore e mai tale da condizionare, con i numeri, una maggioranza. Bossi, al contrario, è alla guida del partito di maggioranza relativa, sia alla Camera sia al Senato, e cioè con un peso politico che mai ebbe in passato la pattuglia del pri; 2) malgrado ciò Ugo La Malfa, in alcune circostanze, uscì dal governo ottenendo, in cambio, incomprensione e critiche spesso astiose anche da parte di non pochi commentatori politici per i quali era una «Cassandra» da evitare; 3) nessuno come Ugo La Malfa, malgrado l'inconsistenza del consenso elettorale, sfidò le opposizioni del pei e delle organizzazioni di categoria (sindacati e imprenditori) sui temi della politica dei redditi, dell'economia, della produttività, dell'europeismo. Si tratta di posizioni documentate dai suoi scritti e dai pubblici confronti di piazza stimolando vivacemente Ingrao e Amendola colpevoli, secondo lui, di tenere in frigorifero, inutilizzati, milioni di voti popolari. Allora non andavano ancora di moda i talk-show. Mi rendo conto che oggi si fa politica con altro stile. Ritengo comunque che ciò non autorizzi nessuno a pronunciare deplorevoli superficialità irriguardose verso la memoria di un uomo verso la memoria di un uomo che, come Ugo La Malfa, rappresentò la coscienza critica e democratica del nostro Paese. Romolo Barisonzo Gozzano (Novara) Gli ambasciatori della nostra musica Mi è capitato di parlare in sogno con le ossa di Palestrina, Frescobaldi, Monteverdi, Vivaldi, Cherubini e altri connazionali del tutto ignoti negli ambienti dei nostri mezzi di comunicazione di massa. Sono furibonde e si stanno rivoltando nei sepolcri da quando la Rai ha annunziato che Modugno era ^ambasciatore all'estero della musica italiana». dr. prof. Manlio Guberti Monte d'Arca (Roma) La tortura corre sul filo Diverse testate nazionali hanno riportato la notizia secondo la quale il Royal College of Psychiatrists sarebbe intenzionata, a partire da questo mese, a sottoporre alla pratica dell'elettroshock i bambini. Tale abuso, secondo questo «illustre» College, si renderebbe «necessario» per salvare le vite di piccole anime dalla «grave malattia» (generica e indefinita) chiamata depressione. Mi sembra che, sotto questo profilo, si stia davvero esagerando. Bisogna sapere che tramite l'elettroshock il paziente riceve una scarica elettrica che va da 180 a 460 volt, e che la carica stessa provoca un intensissimo attacco convulsivo, molto più forte degli attacchi più gravi di epilessia, tanto per intenderci, con conseguenze a dir poco preoccupanti per il paziente. Basti solo pensare che lo shock danneggia lo strato protettivo che impedisce a molte sostanze nocive, che si possono trovare nel corpo, di arrivare al cervello, e che in seguito all'elettroshock appare un alto livello di acido che può danneggiare i vasi sanguigni del cervello stesso. Mi chiedo quindi come si possa sottoporre un bambino, il cui cervello si sta ancora sviluppando, a una pratica tanto brutale e distruttiva. Sebbene questa «terapia» sia ormai in auge da più di 50 anni, i dati che vengono riportati dalle riviste psichiatriche specialistiche sul suo utilizzo sono a dir poco sconcertanti: in almeno l'80% delle «cavie» che vi sono state sottoposte, sono state riscontrate pesanti ricadute che confermano l'assoluta inefficacia di tale trattamento. Ora, quale membro del Comitato dei Cittadini per i Diritti dell'Uomo, mi chiedo come sia possibile che una pratica tanto brutale e inefficace possa essere applicata su dei bambini innocenti. Ma la cosa che più mi sconcerta è l'abuso che viene fatto di questa «terapia» in nome della salute mentale. Un de¬ 8ente dell'ospedale psichiatrico gente dell'ospedale psichiatrico di Collegno ha asserito che il medico, per punire i malati, dava loro delle scariche elettriche ai genitali. Tale tortura è stata eseguita anche sui bambini alloggiati nel reparto 10 allo scopo di far dir loro chi aveva rubato un orologio. Mi chiedo chi, tra le due parti, era veramente l'insano di mente. Mi auguro che il neo ministro della Sanità valuti correttamente i dati circa l'indiscriminato utilizzo dell'elettroshock e che metta al bando una volta per sempre uno strumento che non fa altro che ledere l'integrità fisica e psichica di fragili persone. Marco Natale, Milano Comitato dei Cittadini peri Diritti dell'Uomo Venti forcaioli per gli inquinatori Rilevo senza stupore il senso d'indignazione e «dannazione» vissuto dal sig. Alberto Migliore da S. Rocco Castagnaretta (Cuneo) trasmesso a codesta Rubrica (La'Stampa 3 agosto), causa il decreto legge che depenalizza i reati d'inquinamento ambientale. Ciò conferma la stagione dei venti forcaioli che, con potenza, soffiano oggi in Italia anche e soprattutto per la turbolenza creata dai cicloni giudiziari ormai noti. Non che io stia con chi avvelena l'ambiente, ma in un contesto di efficacia delle norme (est modus in rebus) che dovrebbero perseguire gli autori di tali violazioni, credo sia più appropriata una pesante sanzione pecuniaria, per la cui definizione basta poco tempo, invece delle lungaggini processuali delle quali raramente si registra una tempestiva conclusione. D'altronde le cronache giudiziarie non pare abbiano mai commentato sentenze, passate in giudicato, su reati per danni all'ambiente, i cui responsabili siano poi stati assicurati alle patrie gi galere in espiazione della pena inflitta. Pino Sarchielli Villafalletto (Cuneo) Cartelloni stradali e contributi elettorali Leggo a pagina 30 (Cronaca di Torino) della Stampa del 14 agosto e ritrovo un articolo «Fondi neri sui cartelloni stradali» a firma al. ga. completato da una mia piccola foto. All'interno dell'articolo vi sono inesattezze e affermazioni prive di fondamento per quanto mi riguarda e quindi desidero dare informazioni esatte che servono a rettificare. Nel momento in cui, come scrive al. ga., il pm Marini chiede il rinvio a giudizio dei due titolati dell'Ipas, dichiaro: - di non conoscere assolutamente i signori in questione né di aver avuto rapporti con l'azienda Ipas; - di non aver notizie e conoscenza dell'esistenza di questa azienda tantomeno a Vicenza, città ove risiedo e ove ero eletta; - di non aver mai ricevuto 50 milioni come contributo elettorale. Per quanto riguarda quella parte dell'inchiesta che, secondo l'articolista, sarebbe stata inviata a Vicenza per competenze territoriali, dichiaro che non risulta nessuna indagine su di me. Invece corrisponde a verità che da tanti anni rientra nella sfera delle mie amicizie personali una persona presente nell'inchiesta (per sue ragioni professionali in quanto in rapporti per altro finora a me sconosciuti - con l'Ipas), persona da cui comunque non ho ricevuto alcun finanziamento elettorale. Laura Fincato, Bergen A noi risulta che la procura di Torino, nell'ambito dell'inchiesta Ipas, abbia inviato a quella di Vicenza gli atti su un contributo di 50 milioni ricevuto dall'allora on. Fincato.