Lo Sciacallo in trappola vent'anni dopo

lo Sciacallo in trappola ventanni dopo L'avvocato: «Il mio cliente è stato rapito, drogato, legato, non c'era un mandato di cattura internazionale» lo Sciacallo in trappola ventanni dopo Nel 1974 il primo assassinio, ha replicato 83 volte to militare di Villacoublay dove c'erano ad attenderlo uomini dei servizi speciali francesi, la Dst. Quattro ore dopo lo sciacallo veniva introdotto a sirene spiegate nel carcere parigino della Sante, sdraiato sul sedile posteriore di un'automobile, nascosto sotto una coperta gialla e circondato da quattro poliziotti con cagoule. Un Ferragosto che ha messo fine alla lunghissima caccia all'uomo intrapresa dai servizi francesi vent'anni fa, il 27 giugno 1975. Già quel giorno Carlos stava per essere arrestato, quella volta a Parigi, nel suo appartamento della rue Toullier. Ma aperta la porta, aveva "parato e ucciso i due poliziotti della Dst venuti a catturarlo con un informatore libanese, Mi¬ chel Moukharbal, a sua volta freddato. Cominciava allora la lunga fuga dello sciacallo, il suo accanimento particolare contro la Francia e l'inseguimento indefesso da parte della Dst. Carlos dietro le sbarre della Sante è anche, forse soprattutto, un trionfo personale per il ministro degli Interni Charles Pasqua, che al conseguimento di questo risultato lavorava da molto tempo. Nella conferenza stampa Pasqua ha affermato che «dall'inizio dell'anno i servizi avevano accertato la presenza di Carlos in Sudan». Le autorità sudanesi avrebbero «a più riprese deluso le speranze della Francia», ovvero che il terrorista venisse consegnato per poter essere giudicato degli attentati commessi in territorio francese. Domenica mattina, la notizia dell'arresto. Identificato con certezza Carlos, non avendo egli chiesto protezione al Sudan ed essendo stati scoperti progetti di attentati che avrebbe dovuto presto eseguire al soldo dell'Iran, Khartum aveva finalmente deciso di dare alla Francia quel che la Francia chiedeva. Questo in sintesi il contenuto del primo discorso di Pasqua, del tutto privo di dettagli quanto alle trattative intercorse e alle modalità precise della cattura. Da qui le polemiche infuriate al Palazzo di giustizia, dove ieri si è svolto il primo interrogatorio di un Carlos strafottente e sicuro di sé. «Come sta signor giudice?», ha detto il terrorista all'ingresso in aula di Jean- Louis Bruguière, e ha continuato: «Io bene, ancora vivo e per molto tempo». Il giudice Bruguière doveva sentirlo in merito all'attentato del 22 aprile '82, della rue Marbeuf a Parigi. Per questo attentato (un morto e 63 feriti) il giudice spiccò il 7 giugno scorso un mandato d'arresto nei confronti di Carlos. Sulla cui testa pende anche una condanna all'ergastolo in contumacia, comminata dalla giustizia francese per l'uccisione dei due agenti della Dst. Per gli altri attentati compiuti in Francia invece - istruttorie già chiuse con dei non luogo a procedere - il giudice Bruguière non può per ora nulla, a meno che nuovi elementi non vengano alla luce, come è stato per l'autobomba della rue Mar- beuf, dagli archivi dei Paesi dell'Est. Ma il difensore di Carlos, l'avvocato Mourad Oussedik, è insorto prima dell'interrogatorio contro l'illegalità del «rapimento» del suo cliente. Che sarebbe stato drogato, legato, imbavagliato, caricato sull'aereo e così consegnato dalle autorità sudanesi a quelle francesi, al di fuori di qualsiasi procedura regolare di estradizione. Nessun mandato d'arresto internazionale è stato infatti spiccato contro Carlos (quello del '76 è scaduto). Si è dunque trattato, a suo avviso, di un «regalo» del Sudan a Parigi. Anzi a Pasqua. Una versione dei fatti che polemicamente anche in Francia è stata evocata: larvate accuse dell'opposizione al ministro de¬ gli Interni, di aver negoziato l'arresto offrendo in cambio al Sudan islamico integralista contropartite interessanti. Carlos, il trasformista che oggi appare con grigi capelli cortissimi e baffi a sbarretta, ha chiesto l'assistenza anche di un altro avvocato: Jacques Vergès. Colui che fu difensore di Klaus Barbie, il boia di Lione. E che difese nell'82 Magdalena Kopp (la terrorista tedesca moglie di Carlos) e Bruno Breguet, arrestati a Parigi per detenzione di armi. I due vennero condannati. Maitre Vergès si autodefinisce «l'avvocato delle cause perse». Ha accettato l'incarico, difendere un uomo che si vanta di aver ucciso 83 persone. Gabriella Bosco 25 AGOSTO 1983. Attentato dinamitardo a Berlino contro la «Maison de France». L'esposione provoca un morto e 23 feriti, il gesto viene rivendicato da una sedicente «Armata segreta armena», l'«Asala», ma la polizia di Berlino Ovest ritiene che l'attentato sia stato compiuto in collaborazione con la Stasi dell'allora Ddr e con il gruppo che fa capo a Carlos. 22 APRILE 1982. Esplode un'autobomba a Parigi davanti alla sede della rivista «Al Watan al Arabi». Rimane ucciso un passante e altre 63 persone sono gravemente ferite. L'attentato avviene in coincidenza con l'apertura del processo nella capitale francese contro i due terroristi Bruno Breguet e Magdalena Kopp. Carlos è ormai impegnato in una guerra personale contro il governo francese: vuole ottenere a tutti i costi e con tutti i mezzi la liberazione dei suoi due compagni. ANNI'80. La leggenda della «primula rossa» del terrorismo internazionale è ormai tale che ogni mossa di Carlos fa notizia, guadagnandosi i titoli cubitali dei principali quotidiani. Dopo la cadura del Muro di Berlino, l'Ungheria ha ammesso che il regime comunista gli diede rifugio, mentre nell'86 un giornale israeliano, sbagliando, lo diede per morto. 29 MARZO 1982. Attentato contro il treno TolosaParigi sul quale avrebbe dovuto trovarsi il sindaco di Parigi Jacques Chirac. Le vittime sono cinque. Un mese prima, Carlos aveva lanciato un ultimatum al governo francese minacciando vendetta per l'arresto di due terroristi del suo gruppo, lo svizzero Bruno Breguet e Magdalena Kopp, che diventerà poi sua moglie. 4 SETTEMBRE 1981. Carlos colpisce a Beirut. L'ambasciatore francese nella capitale libanese, Louis Delamare, viene assassinato in una via della città, mentre è a bordo della sua automobile. Due anni più tardi, nel 1983, le autorità libanesi identificheranno e arresteranno un militante sciita, sospettato di avere partecipato all'attentato. 21 DICEMBRE 1975. Durante una riunione dei vertici dell'Opec in corso a Vienna, un commando di sei terroristi che si definisce «Braccio della rivoluzione araba» prende in ostaggio una settantina di persone, tra le quali 11 ministri del Petrolio. L'attentato provoca tre morti. Al momento di fuggire in Algeria, il capo del misterioso gruppo dichiara di chiamarsi Carlos.