Pressioni di Emanuele Giordana

Pressioni Pressioni Così è cambiato il documento Uno spettro si aggira per le strade del Cairo: quello dell'aborto. L'offensiva diplomatica della Santa Sede contro i documenti preparatori dell'ottava conferenza mondiale sulla popolazione e lo sviluppo, il primo effetto lo ha comunque già sortito sul rapporto annuale del Fondo per la popolazione delle Nazioni Unite. La versione resa pubblica ieri, a meno di tre settimane dal vertice del Cairo, non è infatti l'originaria e ciò spiega anche il motivo per il quale il rapporto è stato presentato al pubblico tanto in ritardo. A fare le spese della campagna promossa dal Vaticano con un'enfasi senza precedenti, è stata soprattutto una parola: aborto, appunto. Il termine incriminato è stato cancellato praticamente in tutto il rapporto con l'esclusione di alcuni brevi passaggi dove se ne parla più per sconsigliarlo che per indicarlo come una delle soluzioni per evitare gravidanze indesiderate. Non se ne accenna comunque mai come metodo di pianificazione famigliare. Di aborto, nel testo originale, mandato al macero quando ormai era già stata preparata l'edizione in inglese e si stavano mettendo a punto le varie traduzioni, si parlava in realtà in varie sezioni del rapporto anche se, presumibilmente, la prima stesura doveva già essere stata oggetto di numerose modifiche. Un capoverso della sezione sulla pianificazione famigliare, ad esempio, spiegava che «ridurre la mortalità delle madri resta uno dei problemi più negletti che riguardano le donne. Ciò richiede - continuava l'originale - sforzi nazionali e internazionali per rendere accessibili a tutte le donne qualificati servizi sanitari, incluso l'aborto». Nella terza edizione del documento, «Agenda della sanità e dell'età riproduttiva», un segno dell'autocensura dell'Unfpa è segnalato dallo spazio bianco all'inizio del testo che sembra una svista tipografica. Lo spazio ospitava in realtà un box più ampio di quello presente sul rapporto ed enumerava, tra i servizi che riguardano la maternità sicura, anche quelli «... per l'interruzione della gravidanza», scomparsi nell'edizione attuale. Anche nei riferimenti statistici l'Unfpa ha preferito non utilizzare i suoi dati in materia di aborto. La versione originale avvertiva che, tra le cause di morte materna, le complicazioni ostetriche gravi sono responsabili per il 75% dei decessi e di questi «... le morti per aborti a rischio vanno dal 25 al 50%, ovvero 200 mila morti all'anno». Le è stato preferito un dato più soft: quello fornito dal Rapporto sullo Sviluppo 1993 della Banca Mondiale che parla di «60 mila morti ogni anno dovute ad aborti a rischio», con l'aggiunta che «... alcune stime sono persino più alte». Nella quinta sezione del rapporto però, forse per una svista, il dato ritorna nella stima che «... ogni anno 500 mila donne ... muoiono per cause legate alla gravidanza. Di queste morti, circa 200 mila sono il risultato di aborti a rischio». Il rapporto tratta di scelta e responsabilità della donna in materia di maternità ma da nessuna parte si affronta il problema della scelta dell'interruzione della gravidanza. E di questa non si accennava nemmeno nell'edizione ritirata e mandata al macero. Dall'Unfpa sono state ritirate anche alcune sintesi del rapporto preparate per la stampa, i Populatìon Issues Briefing Kit, che contenevano, proprio in materia di aborto, «un errore dell'editore», come recita una circolare interna che ricorda, tra l'altro, una recente dichiarazione di Nafis Sadik: «Alla prevenzione delle gravidanze indesiderate - chiarisce la responsabile dell'Unfpa deve essere attribuita la più elevata priorità ed ogni sforzo deve essere compiuto per eliminare la necessità di ricorrere all'aborto». Emanuele Giordana

Persone citate: Nafis Sadik