» Da De Gaulle ai «40 mila» Ecco la piazza dei moderati

» » Da De Gaulle ai «40 mila Ecco la piazza dei moderati LA DESTRA IN CORTEO PROPRIO nel giorno di Ferragosto, quando le piazze delle città italiane erano più vuote, deserte e tranquille che in un quadro di De Chirico, il presidente Berlusconi è tornato ad evocare il pericolo di disordini: secondo il dizionario dei sinonimi, caos, bailamme, sommosse, tumulti e, con un eufemismo, piazzate. Questa volta, a scanso di equivoci, non l'abbiamo letto sui giornali, l'abbiamo visto e sentito, dalla sua voce, in tv. Inevitabile ricordare le parole dell'onorevole Fini, al dibattito parlamentare del 2 agosto: «Far ricorso alle manifestazioni popolari non può essere esclusiva soltanto di chi protesta contro il governo; si può fare anche quando si ò al governo, a sostegno del governo». Ma come? Non si era convinti, chi con fede chi con rammarico, che l'unica piazza decisiva fosse ormai la tv? E soprattutto non si pensava a una piazza, per definizione, di sinistra? La piazza teatro di lotta, dai moti contro il carovita repressi dalle cannonate di Bava Beccaris alla protesta contro il governo Tambroni nel luglio '60 soffocata dalla Celere di Sceiba, fino alle manifestazioni studentesche e operaie del '68-69. Eppure storicamente non è proprio così, la piazza ha anche una sua tradizione di destra. E il monito (la minaccia?) di Fini può trovare ad esempio un precedente nelle parole di Alfredo Rocco, nel lontano ottobre 1914, quando ancora non era guardasigilli di Mussolini, solo un acceso nazionalista. Era vivo il ricordo della «Settimana rossa», Rocco deplorava «l'elevamento della piazza ad organo della vita politica italiana», ma ormai era «un dato di fatto» e allora ci si doveva «servire della folla e del tumulto», usare la piazza, «strumento di governo, organo dello Stato», per volgerla alla realizzazione degli interessi urgenti della nazione... per sostenere lo Stato». Per ritrovare la citazione di quell'articolo, «Contro la politica dei dubbi, delle incertezze e della rinuncia vile», basta sfogliare L'Italia in piazza, il saggio di Mario Isnenghi edito lo scorso marzo da Mondadori. Dove lo storico ricostruisce anche, con abbondanza di esempi, la successiva metamoforsi della piazza in «teatro del consenso», le adunate oceaniche del regime, in cui venivano a fondersi «la parata militare e la manifestazione di massa proletaria, il corteo politico e la processione religiosa, il comizio e il congresso eucaristico, ecc.». La piazza dalla ribellione alla sudditanza, scenografia monumentale della simbiosi coatta tra Masse e Potere. Una caratteristica non solo del fascismo, comune a ogni totalitarismo, il nazista e lo stalinista, come hanno documentato, in Germania e in Unione Sovietica, le cineprese di una Riefcnstahl o di un Ejzcnstein. Senza dimenticare le piazze di un Franco o di Perón. Ma si resta fin qui dentro quell'opposizione ideologica, di sinistra e destra, che Berlusconi ha ripetuto più volte di voler rifiutare. Converrà piuttosto richiamare il ricordo di De Gaulle. Quando il Generale, di fronte al chienlit, al bordello, del maggio '68 - «L'immaginazione al potere, Ce n'est qu'un debut» - si appellò ai suoi francesi e seicentomila sfilarono agli Champs Elysées, in testa al corteo Francois Mauriac, gridando «La Francia al lavoro, Mitterrand al palo». Allora De Gaulle si rivolse direttamente alla nazione: «Non mi ritirerò. Ho un mandato del popolo. Lo adempirò». Non poteva cedere alla «intimidazione, intossicazione, tirannia». Quindi: «In ogni caso, dovunque e immediatamente deve essere organizzata l'azione civile. Ciò deve essere fatto in primo luogo per aiutare il governo». Impossibile trovare esempi così alti nella nostra storia repubblicana. Un paragone in piccolo, per motivazioni e psicologie, si può fare con la «maggioranza silenziosa» organizzata nella Milano della contestazione, inizio Anni 70: «Un coagulo reazionario», scrissero in un'inchiesta sul Gior¬ no Giorgio Bocca e Marco Nozza, con il suo «centro di promozione» nel msi di Almirante, capace di «mettere assieme per la prima volta alcune migliaia di moderati e di squadristi... Sfilano assieme ai fascisti i liberali, alcuni socialdemocratici e repubblicani e parecchi cattolici di destra, fra cui fa spicco il dottor De Carolis, capogruppo della de nel Consiglio comunale di Milano». Una piazza «perbene», al contrario di quella, sottoproletaria e violenta, nel luglio '70 a Reggio Calabria, guidata dal sindacalista Cisnal Francesco Franco detto Ciccio. Come «perbene» sarà dieci anni dopo, il 14 ottobre, la «marcia dei quarantamila» che pose fine al blocco operaio della Fiat, il «corteo dei capi» con lo striscione: «La maggioranza silenziosa chiede il ripristino dei diritti civili». Da allora, «piazza» sembrava parola da cancellare, per ragione o per forza, anche dal vocabolario, a destra e sinistra. Da lasciare al karaoke di Fiorello. Non certo per cantare «Ecco s'avanza uno strano soldato» o «Sole che sorgi libero e giocondo». Luciano Gente ..... : 1970, a Milano la marcia della «maggioranza silenziosa» A Reggio Calabria la rivolta al grido: «Boia chi molla» Da sinistra, De Gaulje, i tumulti à Genova anti-Tambroni e la marcia dei 40 mila m

Luoghi citati: Francia, Genova, Germania, Italia, Milano, Mondadori, Reggio Calabria, Unione Sovietica