Quei dadi con il trucco

GIOCHI D'ESTATE GIOCHI D'ESTATE Quei dadi con il trucco Tra azzardo e calcolo delle probabilità Persino il grande Leibniz fu tratto in inganno nel prevedere le combinazioni possibili tra le facce di due dadi Come un giocatore contribuì allo sviluppo di un importante settore degli studi matematici Indovinate i numeri Ecco come spacciarvi per maghi IL dado è tratto» e il destino non si può più cambiare, annunciò Giulio Cesare ai suoi soldati, che ben conoscevano il gioco dei dadi, per sottolineare l'importanza della decisione di passare il Rubicone. I dadi, rappresentazione anche ludica del fato e della sorte, hanno origini antiche. Esemplari simili a quelli moderni sono stati ritrovati in tombe egizie di cinquemila anni fa. Era il gioco più diffuso al tempo dei greci e dei romani, quando Nerone si giocava immense fortune ai dadi e l'imperatore Claudio scriveva un libro, andato purtroppo perduto, dedicato ai dadi. Nel Medioevo si tentò inutilmente, con pene severe (tratti di fune, colpi di verga e confisca dei beni) di scoraggiare i giocatori d'azzardo. Il gioco dei dadi contagiò anche il clero e sorsero addirittura le corporazioni dei fabbricanti di dadi e le scuole per giocatori, le Scholae Decioinm, la più famosa delle quali si trovava a Parigi. Girolamo Cardano, grande matematico del Cinquecento, accanito giocatore d'azzardo, dichiarò di non aver lasciato passare giorno della sua vita senza il gioco. E furono naturalmente i matematici ad approfondire lo studio dei dadi, scoprendo che la teoria delle probabilità era ben più complessa di quanto non si potesse immaginare ad una prima analisi superficiale. Leibniz cadde in un errore clamoroso nel tentativo di calcolare le probabilità dei lanci dei dadi. Egli affermò infatti che, con il lancio di due dadi, 11 e 12 avevano la stessa probabilità di uscita, poiché si potevano ottenere entrambi con un'unica combinazione: rispettivamente 5 + 6 e 6 + 6. Ma, rifletta il lettore, aveva trascurato il l'atto che per fare 11 si può avere 5 e 6 indifferentemente su un dado oppure sull'altro, quindi la probabilità di fare 11 è il doppio della probabilità di fare 12. Nel 1654 il Cavalier de Mère, gran giocatore, sottopose al suo amico Blaise Pascal un problema riguardante il gioco dei dadi. La soluzione di questo problema, noto comeprobìàme despmtis, il problema della «divisione della posta», trovata dallo stesso Pascal e da Pierre de Fermat, avviò una serie di studi che segnarono l'inizio della moderna teoria del calcolo delle probabilità. De Mère sollecitava L'aiuto del grande matematico per capire la seguente situazione: «Se voglio fare 6 con il lancio di un dado devo chiedere almeno 4 lanci per avere più probabilità di vincere che di perdere. Se invece voglio fare un dóppio 6 con il lancio di due dadi, non è più sufficiente che chieda 24 lanci, come sembrerebbe logico, ma ho verificato che devo farne di più per essere sicuro di vincere». Le considerazioni di de Mère si basavano semplicemente sulla sua grande esperienza di gioco, ma anche un certo ragionamento può trarre in inganno: un dado può cadere in 6 modi diversi e 4 lanci corrispondono ai 4/6, cioè ai 2/3, dei lanci possibili. Due dadi possono cadere in 36 modi diversi e 24 corrisponde proprio ai 2/3 di 36. La risposta dovrebbe quindi essere 24, Pascal e Fermat dimostrarono invece che sono necessari 25 lanci perché sia più facile vincere che perdere. I bari aumentano le probabilità a loro favore, con l'uso di dadi truccati. Si tenga presente, a questo proposito, che nei dadi moderni la somma dei numeri sulle facce opposte è sempre uguale a sette e che i dadi sono costruiti in modo che le facce 1, 2 e 3, se le teniamo rivolte verso di noi, siano sistemate in senso antiorario. 1 - Le regole che abbiamo appena visto sul modo di disporre i numeri sulle facce dei dadi, ci possono consentire una prova di grande effetto: qualcuno sistema una pila di tre o più dadi e noi indoviniamo il numero nascosto sulla faccia superiore di ogni dado. Ad esempio, provi il lettore a scoprire il numero nascosto sulla faccia superiore dei tre dadi di figura. Il dado può essere ruotato di un quarto di giro verso l'alto, verso il basso, a destra oppure a sinistra, ma non in diagonale. Si tratta di ruotare il dado in modo che finisca sulla casella 7, con il 6 in alto e con il minor numero possibile di mosse. 3 IL GIOCO MONTENEGRINO E' un gioco proposto da uno dei massimi esperti di giochi matematici, l'americano Henry E. Dudeney (1847 - 1930), il quale afferma che era un tempo molto popolare fra gli abitanti del Montenegro. Si gioca in 2 con 3 dadi. I giocatori, prima di lanciare i tre dadi, devono dichiarare una coppia di numeri dispari (maggiori di 3). Vince il giocatore che ottiene, con i tre dadi, un punteggio corrispondente a uno dei due numeri dichiarati in precedenza. Se entrambi ottengono un punteggio vincente si ripete la prova. Immaginiamo, ad esempio, che un giocatore abbia scelto i numeri 7 e 15 e l'altro 5 e 13. Il primo giocatore lancia i tre dadi e vince se fa 7 oppure 15, a meno che il secondo giocatore riesca a fare 5 oppure 13. Domanda: quali coppie diverse di numeri dispari devono scegliere i due giocatori per avere esattamente la stessa probabilità di vincere? G DICI Poiché di un dado si vedono soltanto tre facce per volta, se ne può costruire uno che abbia 10 stesso numero sulle due facce opposte, quindi soltanto tre numeri diversi, ma che sembra regolare quando cade sul tavolo. Un giocatore esperto si accorgerà del trucco poiché, in questo caso, non tutti i numeri girerebbero nel senso giusto, cioè antiorario. Altri trucchi più semplici, usati dai bari, sono l'inserimento di un pezzettino di piombo nel dado, al di fuori del suo centro di gravità. 11 peso del metallo favorisce l'uscita di un determinato numero. Allo stesso scopo possono servire dadi con alcune facce un po' convesse, in modo che restino favorite quelle piatte, oppure con qualche spigolo smussato ed anche dadi con facce leggermente rettangolari. 2 ROLLING DICI Sono necessari un dado e una scacchiera 3x3, disegnata su un foglio di carta. Le caselle devono essere numerate come in figura e le loro dimensioni devono essere identiche a quelle della faccia del dado. Quest'ultimo dev'essere collocato al centro della scacchiera, con 1 in alto. Federico Peiretti un tempo in tutti i porti e proibitissimo, era lo.Zanzibar. Si gioca in 2 o più giocatori, con 3 dadi. Gioca per primo chi ottiene il punteggio più alto nel lancio di un dado. In seguito il vincitore di ogni giro inizierà il giro successivo. Scopo del gioco è fare «Zanzibar», ottenere cioè tre facce uguali, ad esempio tre 1, tre 4 oppure tre 6. Chi gioca per primo può decidere di lanciare i dadi, secondo la sua convenienza, una, due o tre volte, riprendendoli tutti o in parte. Gli altri giocatori dovranno rispettare il numero dei lanci stabilito dal primo giocatore. Se, ad esempio, li ha lanciati due volte, li potranno lanciare soltanto una o due volte al massimo. Vince chi fa Zanzibar oppure, se ci sono più giocatori che fanno Zanzibar, chi ha ottenuto la combinazione migliore, tenendo presente che gli Zanzibar vanno, per importanza, da tre 1 a tre 2: tre 1, tre 6, tre 5, tre 4, tre 3, tre 2. Ad esempio, lo Zanzibar di 1 risulta superiore allo Zanzibar di 6 che, a sua volta, è superiore allo Zanzibar di 5. Se nessun giocatore fa Zanzibar, vince chi ha il punteggio più alto, contando i punti in questo modo: ogni 1 vale 100 punti, ogni 6 vale 60 punti e per gli altri vale il punteggio indicato sulla l'accia: 5, 4, 3 e 2 valgono rispettiva¬

Persone citate: Blaise Pascal, Cavalier, Federico Peiretti, Girolamo Cardano, Henry E. Dudeney, Nerone, Pierre De Fermat, Rubicone

Luoghi citati: Montenegro, Parigi