GALANTERIA E' GRANA LIETA SULL'AMATO TALAMO

GALANTERIA E' GRANA LIETA SULL'AMATO TALAMO GALANTERIA E' GRANA LIETA SULL'AMATO TALAMO cristiano, per il suo «Teatro di memoria» (una costruzione che riassume e mette in gerarchia il sapere, attraverso una combinatoria di immagini che forse possiamo definire allegoriche). A noi interessa che Delminio ogni tanto si distraesse dalla sua ambiziosissima opera per scrivere lettere alle sue amiche. Il 5 maggio del 1535 scrive a tale Lucrezia, parlandole soprattutto del nome di lei: «... far menzione di "guadagno, di cara, di luce, di crea, di rara, di certa, di aita, di cura, di atra, di rete, di arte", ma non voglia Iddio però che né "cura atra" né le ultime parole che sono "irata ci lacera" abbiano mai luogo né in V.S. né in me né nelli scritti miei». La prima parola tra virgolette èguadagno e si riferisce a un'etimologia (probabilmente falsa) del nome della donna, da lucro. Tutte le altre parole sono composte dalle stesse lettere di Lucretia, secondo un procedi¬ de li cunti. Basile fece anagrammi nelle sue Opere poetiche (uscite appunto nel 1613) e poi in un libro di Immagini delle più belle dame napoletane ritratte da' lor propri nomi in tanti anagrammi, uscito a Mantova nel 1624: siamo sempre nella zona dell'anagramma galante. • l'amato talamo. Come omaggio galante, l'anagramma segue altre forme di ossessione nominale nella letteratura italiana. Non scampa nessuno dei poeti maggiori. Ci sono le rime di Dante per Pietra («Così nel mio parlar voglio esser aspro/ com'è ne li atti questa bella petra...»); una boccaccesca Graziosa («veramente in lei è il nome consonante all'effetto»); i giochi di Petrarca («L'aura che'l verde lauro et l'aureo crine...»); quelli di Leopardi {«Silvia, rimembri ancora/ quel tempo.../ ... salivi?))); e poi moltitudini di nomi consegnati al debole se- mento vagamente anagrammatico. (Vagamente: perché le regole del gioco di Delminio non impongono di usare sempre tutte le otto lettere del nome e consentono di ripeterne alcune). • LE BASI: BASILK. L'epistolario di Delminio fu pubblicato nel 1580, e non si sa se sulla fioritura del secolo successivo abbiano influito più i vaghi giochi sul nome di Lucrezia o gli opuscoli come quello di Blanc. Il primo italiano che si sia divertito con gli anagrammi sembra essere stato Domenico Carrega (intorno al 1613) che anagrammava a scopo dedicatorio ed encomiastico, in onore di una certa signora, e anche del marito di lei. Ma in quello stesso 1613 compaiono anche i primi anagrammi di un personaggio che, a differenza dello sconosciuto Carrega, ha ben altri meriti e titoli di fama: Giambattista Basile (1575 ca - 1632), il grande scrittore napoletano di Lo cunto greto dell'acrostico. Il Poeta è traumatizzato dal Nome della Donna: lo pronuncia, lo ripete, lo manipola, lo distrugge, lo ricompone, lo nasconde. • l'koust-stupoh. A Venezia (siamo verso la fine del sesto libro della Ricerca del Tempo perduto), il protagonista riceve un telegramma che parla di matrimonio. La firma lo fa trasalire: è quella di Albertine, l'amata ormai disparue, morta in un incidente. Solo successivamente scoprirà che la lettera non proviene dall'Oltretomba: il mittente è la sua amica d'infanzia, Gilberte. L'equivoco è reso pos¬

Persone citate: Blanc, Carrega, Domenico Carrega, Giambattista Basile, Petrarca

Luoghi citati: Mantova, Venezia